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La gelosia e l'invidia uccidono: l'inquietante duplice omicidio a Lecce
Duplice omicidio del Salento: la svolta nelle indagini, l'individuazione e l'arresto dell'assassino e l'omelia a Santa Marta di Papa Francesco a gennaio scorso.
“La gelosia e l’invidia uccidono”, ricordava solo qualche mese fa in una delle sue omelie a Santa Marta Papa Francesco, ricordando l’astio del re Saul verso Davide raccontato nel primo Libro di Samuele.
Non si uccide per invidia, almeno così credevamo fino a poche ore fa. Si può arrivare ad uccidere, invece, per gelosia. Ma la tragedia salentina, con Daniele De Santis e Eleonora Manta barbaramente assassinati e straziati da Antonio De Marco, pare voglia smentire clamorosamente ogni ipotesi al riguardo. E alla voragine del dramma segue il baratro della confusione, con la perdita di ogni punto di riferimento: delineando un contesto nebuloso e inquietante, denso di relatività e di smarrimento di qualsiasi appiglio morale.
L’efferatezza del duplice omicidio si stampa nell’incredulità diffusa, per la violenza brutale scaricata sulle vittime, in particolare su Daniele De Santis (alcuni dei 60 colpi di coltello inferti hanno lacerato il suo volto), l’arbitro felice della sua convivenza con Eleonora Manta, che aveva affittato per alcuni mesi una stanza di casa ad Antonio De Marco, e che la deriva degli eventi trasformerà nel loro crudele omicida.
La meticolosità dei preparativi - alla base dell’accusa di duplice omicidio premeditato - accompagnato alla leggerezza della mancata sostituzione della serratura di casa, al termine del periodo di convivenza (magari si ripromettevano di farlo in occasione dei prossimi lavori di ristrutturazione), mettono in evidenza come l’azione criminosa sia stata concepita, probabilmente, ben prima della fine - ad agosto scorso - del contratto di locazione e della saltuaria convivenza, dato che l’assassino aveva conservato copia delle chiavi di casa.
Terrore e furia omicida hanno reso più drammatici i momenti fatali per le due vittime, con i condomini asserragliati in casa per paura della follia omicida, rendendo vana ogni richiesta d’aiuto o implorazione a non infierire, anche se in diversi hanno richiesto telefonicamente l’intervento immediato della Polizia.
Una vicenda che presumibilmente riserverà ancora qualche sorpresa nei prossimi giorni, soprattutto sul movente che - al momento - pare sia fermo sull’invidia: "Ho fatto una cavolata. So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia", ha detto l’omicida al momento del crollo prima della confessione. Troppo divario, però, tra l’accanimento sui corpi e lo stato d’animo denunciato.
"L'azione è stata realizzata con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di pietà verso il prossimo", si legge nel provvedimento di fermo nei confronti di Antonio De Marco, "Nonostante le ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime - è scritto ancora nel provvedimento - l'indagato proseguiva nell'azione meticolosamente programmata inseguendole per casa, raggiungendole all'esterno senza mai fermarsi. La condotta criminosa, estrinsecatasi nell'inflizione di un notevole numero di colpi inferti anche in parti non vitali (il volto di De Santis) e quindi non necessari per la consumazione del reato, appare sintomatico di un'indole particolarmente violenta, insensibile ad ogni richiamo umanitario".
All’ombra di tanta brutalità, le parole di Francesco assumono una forza e un’intensità di luce piuttosto insolita, ma al contempo rivelatrice dei pericoli a cui siamo esposti nella quotidianità di valori smarriti e di incessante corsa agli egoismi d’ogni sorta. Le riportiamo integralmente qui di seguito:
https://www.avvenire.it/papa/pagine/santa-marta-del-24-gennaio-2020 .
(gelormini@gmail.com)