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La Sinistra e il
Cavaliere inesistente
Taranto, l'analisi di Mario Pennuzzi sul futuro della Sinistra, attraverso la narrazione di Italo Calvino
Taranto - Difficilmente mi capita di rileggere un libro, in genere faccio conto della mia buona memoria per farne uso, ovvero per averne una opinione,per citare un concetto ed inserirlo in un ragionamento.
Mi accorgo ora soltanto che così facendo ho peccato di presunzione poiché un libro non è un morto imbalsamato ma un insieme di suggestioni ,una interazione tra te il tuo pensiero, e quello espresso dall'autore.
Ogni volta che rileggo un testo creo una interazione nuova, sviluppo pensieri e suggestioni nuove che possono somigliare a quelle della precedente lettura, o forse no.Senza che in nessun caso tradire il testo. La stessa cosa vale per lo stesso autore di un testo alla fine non è più padrone di quello che ha scritto.
In occasione della presentazione di un libro di poesie mi capitò di fornire una lettura del loro significato molto personale, la cosa lasciò a tutta prima sconcertata l’autrice , che, però, dopo averci pensato un po’mi disse “Si in realtà io stessa ho tentato di lanciare con le parole un messaggio, ma non di tutte le implicazioni ero consapevole”. E così quando uno scritto prende il largo per il mondo non è solo di chi lo ha scritto, lo è di chi leggendolo lo fa rivivere, inserendolo nel proprio pensiero.
Così questa estate mi è capitato di rileggere un libro che molto avevo amato in gioventù “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino. Chi è il cavaliere inesistente? Un epigono del Donchisciotte di Cervantes, il prodotto di una utopia e di una letteratura romanzesca; ma mentre il Donchisciotte è un uomo reale che a seguito dell’eccessivo amore della letteratura si estranea dalla realtà e cerca di applicare la sua visione fantastica al mondo Agilulfo non è altro che l’utopia che agisce sul mondo reale e crea fatti anch’ essi privi di concretezza ma che vengono percepiti come veri.
Il primo non esiste ma vuole esistere, l’altro esiste ma non ne ha consapevolezza. Insieme i due libereranno una castellana da un immane pericolo e saranno premiati da una notte d’amore, ma la castellana ricorderò sempre quella armatura con la quale si distenderà a guardare la luna, le ancelle dimenticheranno presto i ripetuti amplessi del forte scudiero. Quando però il cavaliere scopre di aver (involontariamente) tradito le regole di quella cavalleria che riteneva di dover servire, l’incanto scompare , il cavaliere si dilegua e l’armatura torna ad essere semplice metallo inanimato.
L’ho fatta troppo lunga ma nel mio pensiero questa bella favola sembra la parabola della attuale situazione politica della sinistra - tale o presunta - nel nostro Paese. Forme politiche (partiti) apparentemente immensi e potenti (leggi pure PD) ridotte a vuote armature, che combattono guerre ai più conosciute, fatti epici senza conseguenze (che nascondono ben più povere realtà), ed i loro scudieri ceti sociali privi di coscienza della propria forza che si muovono senza scopo e senza speranza. Lo scudiero Gurdulù è la chiara rappresentazione di ciò che un tempo era definito “masse popolari”, quando queste hanno perso coscienza del proprio essere e sono in balia degli eventi.
La democrazia in questi casi cammina sull'orlo del baratro ed espone una società, che sin ora si è ritenuta civile, al declino permanente se non al crollo improvviso, se gli orpelli di civiltà e di cultura messi in discussione dalle lunghe crisi, dalla perdita dei valori, dalla difficoltà ad affrontare in positivo la sfida della globalizzazione, può portare a nuovi fascismi. Il rischio è reale perchè l’armatura prima o poi si accorgerà di non esistere. L’unica speranza è che nel frattempo Gurdulù abbia preso coscienza di se e della propria forza.