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Luis Sepùlveda, il coraggio di osare per poter volare
Luis Sepùlveda, lo scrittore cileno tra i più letti ed amati al mondo, è morto a Oviedo (Spagna) vittima a 71 anni del Coronavirus.
Luis Sepùlveda, lo scrittore cileno tra i più letti ed amati al mondo, è morto a Oviedo (Spagna) vittima a 71 anni del Coronavirus.
Leggere e rileggere i suoi racconti, sfogliando pagine ricche di suggestioni e di stimoli, è stato a lungo un salutare esercizio formativo e informativo.
Con lui abbiamo imparato ad osare, per poter finalmente volare: le sue ali non erano di cera, ma fatte di parole per spiccare nel cielo e di coraggiosa testimonianza per dominare ogni emozione. Abbiamo imparato ad amare, scoprendo che per farlo, veramente, non possiamo rimanere soli.
“Una breve formazione politica a Mosca, la militanza nel mondo anarchico cileno e poi in quello comunista - ha voluto ricordare lo scrittore Raffaele Nigro - con i disastri della democrazia cilena e il carcere, l’intervento di Amnesty International per ottenerne la liberazione e la decisione di non raggiungere la Svezia - che lo avrebbe ospitato - ma optando per la fuga in Nicaragua, ne hanno forgiato una sorta di ruvidità dolce, che ha accresciuto la concretezza dei suoi racconti e in qualche modo mi ha fatto legare la sua vita a quella di Che Guevara”.
“Nelle sue storie brevi - ha sottolineato l’autore lucano - dove i soggetti erano quasi sempre animali, lumache, balene, cani, gatti e gabbiani carichi di metafora, i racconti nascevano per essere diretti al mondo: perché conoscesse le vicende del suo Paese e il valore della libertà e della democrazia; e ai suoi contadini, perché avessero coscienza della propria storia. A quei contadini, mi aveva detto una volta, si poteva parlare solo con storie semplici, perché i lettori erano semplici e scarsamente acculturati”.
“Questa funzione didattica della scrittura mi convinse molto - ha concluso Nigro - mi conquistò, e ricordo che proposi alla giuria del “Premio Bari” di dare a Luis Lucio Sepulveda un premio alla carriera. Venne a Bari e fu molto contento di conoscere la città, di stare con me a casa a cena, insieme a Prisco, Citeroni, Pedullà e Montesanto. Fu un’esperienza straordinaria, anche perché in quella circostanza Sepulveda accettò di presentare i suoi romanzi in alcune città della Puglia e sottoporsi al bagno di folla, che solitamente lui rifuggiva, e che la regione seppe coralmente tributargli”.
Luis Sepùlveda, el condor pasa e la ricchezza sarà sempre nella diversità!
(gelormini@gmail.com)
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L’uomo che cercava l’orizzonte
Tra gli indios guaranies a El Pantnal, nel territorio umido del Basso Mato Grosso, un uomo viveva ossessionato dal desiderio di sapere cosa ci fosse oltre la linea verde dell’orizzonte della selva. Una sera si avvicinò al falò intorno al quale si riunivano i vecchi saggi della sua tribù. Quando comunicò loro la decisione di camminare verso la linea dell’orizzonte per vedere che cosa ci fosse dall’altro lato, non ricevette i consigli che sperava e fu invece sottoposto ad un’estenuante serie di domande. Non ti bastano i dolci frutti della papaia e della guayaba che crescono vicino al fiume? Forse la manioca non cresce generosa nel tuo orto? Ti sembrano forse insipidi i pesci che si impigliano nelle tue reti? La pelle dello yacaré in cui porti le tue frecce non ti sembra abbastanza resistente?
L’uomo rispose sempre di si, ma aggiunse che tutto questo non gli bastava, che non voleva possedere altre cose, bensì sapere cosa ci fosse dall’altro lato dell’orizzonte. Allora i vecchi saggi si infuriarono, prima di scagliare come un dardo l’ultima delle loro inquisizioni: “Ci consideri forse incapaci di rispondere a tutte le tue domande?”. L’uomo rispose che essi potevano parlare di tutto quello che si trovava da questa parte dell’orizzonte, ma non di quello che c’era dall’altra parte, perché nessuno di loro si era spinto fin laggiù. I vecchi saggi, incolleriti, lo accusarono di voler sapere più di ciò che era consentito e lo espulsero dalla tribù. “Potrai tornare solo se, dall’altro lato dell’orizzonte, troverai qualcosa di meglio che avevi qui” lo condannarono alla fine i vecchi saggi.
L’uomo si mise in marcia verso l’orizzonte. Camminò molti giorni attraversando selve e savane, eppure, via via che avanzava, la verde linea dell’orizzonte restava sempre alla stessa distanza, inalterabile. Una notte, mentre l’uomo meditava vicino al fuoco su quello strano prodigio, fu sorpreso dall’arrivo di uno sconosciuto. Sembrava stanco. Salutò, poi chiese il permesso di riposare vicino al fuoco. L’uomo che cercava l’orizzonte notò che l’altro, sebbene parlasse la sua stessa lingua non lo faceva con il tono delle genti che vivevano vicino al fiume, abituate a parlare in quel modo per far si che il sordo rumore delle acque non portasse via le loro voci. Lo sconosciuto veniva dalla selva profonda e per questo il tono della sua voce era basso.
Lo sconosciuto si strofinò i piedi, doloranti per il lungo cammino e guardò meravigliato l’uomo che cercava l’orizzonte: aveva scostato qualche tizzone e glielo aveva messo sotto i piedi. Quel tepore fu come un balsamo per la sua stanchezza. Allora lo sconosciuto tirò fuori dalla bisaccia due pezzi di manioca e ne offrì uno all’uomo che cercava l’orizzonte. Egli lo accettò, e senza darsi troppo peso cominciò ad arrostire il suo pezzo di manioca sulle fiamme. L’altro invece si incamminò verso il folto della selva e ritornò con due grandi foglie, nelle quali avvolse amorevolmente la sua porzione. Aspettando che si cocesse, osservo l’uomo che cercava l’orizzonte mentre cercava di mangiare la sua razione mezza calcinata. Poi dopo aver tastato la sua parte, la ritirò dal fuoco, aprì l’involucro di foglie, ed ecco la manioca bianca e fragrante. Gliene offrì la metà e l’uomo che cercava l’orizzonte seppe di aver trovato qualcosa di meglio di ciò che già conosceva. Uno mangiava un cibo dal sapore inimmaginabile e l’altro provava una sensazione di sollievo ai piedi che mai prima aveva sperimentato.
All’alba si prepararono a continuare il cammino. All’uomo che cercava l’orizzonte piaceva la compagnia dell’altro, e forse per questo gli chiese dove andasse. “verso l’orizzonte, voglio vedere cosa c'é dall’altro lato”, rispose, e le sue parole rallegrarono l’uomo che veniva dal fiume. “Allora possiamo andare insieme”, gli disse contento. Ma la sua allegria durò poco, perché appena si misero in movimento, l’uomo della selva cominciò a camminare nella direzione dalla quale veniva lui. “No l’orizzonte è di là!”, disse l’uomo del fiume. “Ti sbagli. Io vengo da lì, e l’orizzonte è di fronte ai miei occhi. Perché tu gli dai le spalle?”, chiese l’uomo della selva. Dopo un istante di esitazione, seppero di star cercando la stessa cosa e di aver iniziato finalmente a trovarla.
Luis Sepùlveda