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Moro, Gero Grassi: 'Sapevamo chi fossero i colpevoli, ora abbiamo le prove'

La Camera approva la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro. Il pesidente Giuseppe Fioroni annuncia: "Sarà tutto desecretato, eccetto i documenti che sono oggetto di indagine della procura e quelli provenienti dai servizi segreti esteri". 

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CAMERA DEPUTATI 13 dicembre 2017

PRESIDENTE. 


 

Ha chiesto di parlare l’onorevole Gero Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI.
Presidente, signor sottosegretario, deputati.
Corriere della Sera 14 novembre 1974:
“Io so, io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe.
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna, dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del vertice che ha manovrato.

 


Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima anticomunista e una seconda antifascista.
Io so i nomi delle persone serie e importanti, che stanno dietro ai tragici ragazzi, che hanno scelto le suicide atrocità fasciste, e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.

 

 

moro pasolini
 

Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti, di cui si sono resi colpevoli.

 


Io so, ma non ho le prove, non ho nemmeno indizi”. Pier Paolo Pasolini
(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

 


Cito Pasolini, perché aveva intuito, decenni prima, alcune verità.

 


Cito Pasolini, perché Aldo Moro con Enrico Berlinguer furono gli unici due politici italiani ad andare al funerale di Pier Paolo Pasolini, la cui morte è anch'essa tutta da riscrivere.

 


Cito Pasolini perché quell'intellettuale a mani nude diceva: “Io so. Ma non ho le prove”.

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La Commissione oggi quelle prove le ha trovate: sa i nomi, sa i cognomi, ha riempito gli omissis di tanti anni, riscrivendo un pezzo della storia italiana. Le Brigate Rosse non sono state un fenomeno solo italiano, ma un fenomeno internazionale.

 


Aldo Moro andava protetto e non è stato protetto. Prima del rapimento si sapeva che Moro correva rischi altissimi.

 


Lo stesso Moro, il 15 marzo, ne parla con il Capo dalla Polizia. Oggi, a conclusione di un percorso di dolore, del quale il gruppo del Partito Democratico è stato protagonista in tutte le fasi, possiamo affermare, con molta serenità e con grande speranza, che quella che per anni è stata la verità ufficiale, cioè il memoriale Morucci-Faranda, è una verità frutto di una trattativa tra pezzi dello Stato, alcuni magistrati, alcuni uomini delle forze dell'ordine, la complicità di qualche giornalista e autorevoli vertici di quella Repubblica con Morucci e Faranda.

 

 

 

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È sintomatico che Valerio Morucci la mattina sia imputato in alcuni processi, il pomeriggio parli con Cossiga e Pecchioli, la sera faccia il consulente di alcuni magistrati che lo inducono con l'inganno ad incontrare Tizio e Caio, ingannando lui e ingannando le persone che incontrava.

 


Tutto questo perché Moro doveva morire e perché agli italiani bisognava dare una verità dicibile, una verità che chiudeva il terrorismo, una verità che poneva la parola “fine” a un grande imbroglio, iniziato non il 16 marzo 1978, ma nel 1963, con il Piano Solo. 

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Concludo, signor Presidente, preannunciando il voto favorevole del Partito Democratico, orgoglioso, oggi, di poter dire che Moro rivive nella coscienza, nell'intelligenza e nei cuori degli italiani, che dalla vicenda Moro non vogliono guardare il passato, ma vogliono guardare il futuro di speranza e di pace; contentissimo che il Parlamento oggi, credo quasi all'unanimità, scriva una delle più belle pagine della legislatura
(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

 

 

Il lavoro per la verità sul caso Moro, comunque, non è ancora completato e dovrà proseguire nella prossima legislatura. Sulla possibilità di poter sentire Mario Moretti, altro protagonista centrale della vicenda, che tuttora vive in Italia, il presidente della Commissione Fioroni dichiara: "Abbiamo tentato di ascoltare Moretti, lui ci ha risposto con una lettera autografa con la quale spiega i motivi per i quali non intende rispondere alle nostre domande". Ne consegue che la ricerca della verità è affidata a una eventuale Commissione Moro nella prossima legislatura, che riesca a muovere i più reticenti a testimoniare, nonché a sottoporsi ad esami più moderni, come ad esempio quello del Dna.

(gelormini@affaritaliani.it)


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Pubblicato in precedenza:Caso Moro, Grassi ad Affari:'La trattativa ci fu, ma per ucciderlo!'

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