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‘Morsi d’amore’ di Giusy Frallonardo
Tra rime baciate e motivi alternati

Antonio V. Gelormini

"Morsi d'amore" è la favola in versi e musica di Giusy Frallonardo: un inno all'identità plurale di Puglia

Ritrovare William Shakespeare, Matteo Salvatore e Gianfranco Pazienza che danzano e recitano sul sottofondo delle note ‘pizzicanti’ della Taranta salentina, è una magia concreta e non illusionistica - come quella del cinematografo - che solo le tavole del palcoscenico di un teatro riescono a rendere verosimile.

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“Morsi d’amore”, la favola in versi e musica scritta dall’attrice Giusy Frallonardo, io ho avuto modo di apprezzarla al Teatro Comunale ‘Tommaso Traetta’ di Bitonto. Ma se vi capita di incrociare una sua rappresentazione sullechianche di una piazza” non perdetela, perché a quella magia potrete non solo assistervi, ma parteciparvi da protagonisti e viverla come pubblico che si fonde con l’azione scenica, al ritmo coinvolgente e cadenzato della “pizzica”.

Un inno all’identità plurale pugliese con vocazione allo sguardo e alle contaminazioni d’oltre confine. E la conferma di una convinzione personale di vecchia data: che il futuro della Taranta salentina e della stessa “Notte della Taranta” è nei Cantori di Carpino del Gargano.

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Ma la favola di Giusy Frallonardo va ancora oltre e abbraccia la poesia coi riflessi ‘di-versi’ alla Vittorio Bodini e la tradizione meridiana e trasversale dei cantastorie come Matteo Salvatore e della cartapesta, che dal Carnevale di Putignano e dalle creazioni di Gianfranco Pazienza - passando per i maestri cartapestai partenopei - abbraccia l’animazione teatrale danzata dei Pupi siciliani.

Prodotto dalle Associazioni “AlephTheatre”, “Stultifera Navis”e “Arteinviaggio”, “Morsi d’amore” vanta interpreti d’eccellenza oltre la stessa Giusy Frallonardo, come Veronica Calati, Luigia Bressan, Raffaele Tammorra, Scintilla Porfido e Letizia Cassone.

La storia, a trama shakespeariana, è quella di due giovani contadini: Elvira e Raffaele. Elvira è la più bella della masseria e attira le attenzioni del figlio del padrone che, accortosi della passione che la lega a Raffaele, si libera del rivale spedendolo a combattere al fianco dei piemontesi. La ragazza impazzisce, ma riesce a salvarsi grazie al rito della taranta.

La loro storia scorre al ritmo del cuore e di tanti brani conosciuti che vanno dalla musica tradizionale salentina alle canzoni più note di Domenico Modugno. Le parole, la danza e la musica trasportano lo spettatore nelle campagne pugliesi dei primi del Novecento e la scrittura offre a tutti la possibilità di riconoscersi, emozionarsi, indignarsi, gioire con gli innamorati contrastati dal padrone di turno.

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Le scene e i costumi in cartapesta sono di Luigia Bressan, le coreografie di Veronica Caiati, la cui eleganza fluida fa di Elvira il motore scenico capace di esaltare gi stessi movimenti di Giusy Frallonardo. Mentre le musiche di Sciamaballà con gli arrangiamenti di Raffaele Tammorra, si affidano non al ‘basso’ ma al ‘piano continuo’: fisarmonica (organetto diatonico) con violoncello ritmato dai “pizzichi” o dalla “pizzica” delle corde della “chitarra battuta” e della “tamborra”.

Infine, alla regia di Enrico Romita.va riconosciuto il merito di aver dato al lavoro un taglio “miscellaneo”, che ai nomi citati all’inizio ha aggiunto man mano le pennellate letterarie e mediterranee di Giovanni verga, Rocco Scotellaro e Pedrag Matvejevich.

(gelormini@affaritaliani.it)