PugliaItalia
Petrolio, braccio di ferro
Eni Spa - Regione Puglia
di Nino Sangerardi
Deciderà il Tar di Lecce: è qui che Eni spa ha depositato il ricorso contro la Giunta regionale pugliese. Motivo? Gli avvocati dell’Ente Nazionale Idrocarburi si oppongono alla scelta di Presidente e Assessori della Regione Puglia: chiedere il riesame del decreto ministeriale n.573/2011.
Il decreto firmato dal Ministero dell’Ambiente, che rilascia parere favorevole - con prescrizioni di compatibilità ambientale - al ”Progetto Tempa Rossa, stoccaggio del greggio in raffineria (proprietà dell’Eni, ndr) di Taranto”.
I vertici politici della Puglia auspicano la revisione del provvedimento, a fronte di quanto sottoscritto da Arpab e Servizio rischio industriale regionali: “... osservazioni in merito al rischio di incidenti rilevanti...tenuto conto sia del bacino portuale sia delle interazioni con il trasporto merci pericolose via mare, stante il Piano di emergenza nucleare”. A difendere la Regione sarà verosimilmente l’avvocato interno Anna Bucci.
L’intervento del Gruppo Eni prevede l’aumento della capacità di movimentazione del greggio, la messa in opera di due serbatoi grandi 180.000 metri cubi, l'edificazione di due nuove aree di pompaggio per la spedizione del petrolio proveniente da Tempa Rossa e Val d’Agri (giacimenti situati in Basilicata) al nuovo pontile, la realizzazione infine di un impianto di pre-raffreddamento.
Grazie alla costruzione delle infrastrutture petrolifere è previsto l’incremento, nella Città ionica, di trecento nuovi posti di lavoro e un traffico di 90 navi in più ogni anno.
Tempa Rossa è il Centro Olio dove, a metà anno 2016, si accumulerà innanzittutto petrolio: 50 mila barili al giorno, estratti da 8 pozzi, per convogliarli - tramite 194 km di oleodotto - alla raffineria Eni di Taranto, che si trova a Corleto Perticara, provincia di Potenza. Gestito dalla società J.V.Gorgoglione, i cui proprietari risultano essere le multinazionali Total (50%), Shell(25%) e Mitsui E&P Italia srl (25%).
L’investimento complessivo è pari a 1,6 miliardi di euro. Il giacimento lucano è stimato pieno di 550 milioni di barili petrolio equivalente, di cui 440 milioni recuperabili.