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Petruzzelli, AIDA: 8 repliche da 'sold out' per sancire un nuovo inizio

Tutto esaurito per la prima di Aida di Giuseppe Verdi, a cui seguiranno 7 repliche, nuova produzione e nuovo allestimento della Fondazione Teatro Petruzzelli .

Tutto esaurito per la prima di Aida di Giuseppe Verdi, nuova produzione e nuovo allestimento della Fondazione Teatro Petruzzelli in scena sabato 5 marzo al Teatro Petruzzelli, nell’ambito della Stagione d’Opera e Balletto 2022.

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L’opera per la regia di Mariano Bauduin e la direzione di Renato Palumbo, sul podio dell’Orchestra del Teatro, sarà in programma domenica 6 marzo alle 18.00, martedì 8 marzo alle 20.30, mercoledì 9 marzo alle 18.00, giovedì 10 e venerdì 11 marzo alle 20.30, sabato 12 e domenica 13 marzo alle 18.00.

Le scene sono di Pier Paolo Bisleri, i costumi di Marianna Carbone, il disegno luci di Gianni Pollini, la coreografia di Miki Matsuse van Oecke. Maestro del Coro della Fondazione Petruzzelli Fabrizio Cassi.

Daranno vita all’opera: Leah Crocetto (Aida 5, 9, 11, 13 marzo), Burçin Savigne (Aida 6, 8, 10, 12 marzo), Roberto Aronica (Radamès 5, 9, 11, 13 marzo), Dario Di Vietri (Radamès 6, 8, 10, 12 marzo), Carmen Topciu (Amneris 5, 9, 11, 13 marzo), Rossana Rinaldi (Amneris 6, 8, 10, 12 marzo), Abramo Rosalen (Ramfis 5, 9, 11, 13 marzo), Ramaz Chikviladze (Ramfis 6, 8, 10, 12 marzo), Vladimir Stoyanov (Amonasro , 9, 11, 13 marzo), Elia Fabbian (Amonasro 6, 8, 10, 12 marzo), Romano Dal Zovo (Il Re d’Egitto), Saverio Fiore (Un messaggero), Nikolina Janeska (Una Sacerdotessa).

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I biglietti per tutti gli spettacoli in programma nei mesi di febbraio e marzo 2022 sono disponibili e dal primo marzo saranno in vendita al botteghino del Teatro Petruzzelli e su www.vivaticket.it  anche tutti gli spettacoli in programma fino al mese di giugno 2022.

Per gruppi composti da un minimo di 15 persone è possibile effettuare una prenotazione scrivendo all’indirizzo prenotazionegruppi@fondazionepetruzzelli.it

Per l’accesso a tutti gli spettacoli in programma al Teatro Petruzzelli è necessario esibire il Super Green Pass in corso di validità.

ORARI DI APERTURA BOTTEGHINO: dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 e la domenica dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 19:00. E-mail: botteghino@fondazionepetruzzelli.itTelefono: 080.9752810.

(gelormini@gmail.com)

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AIDA TRA RITUALI ANTICHI E CONFLITTI ETERNI

di Mariano Bauduin

"Compito è narrare come e perché siano nati nella Storia umana certi archetipi,
o immagini, o simboli, che si sono via via depositati nel cosiddetto subconscio"
.

(M. Eliade, Storia delle religioni)

Se si tenta di analizzare l’intera struttura drammaturgica e musicale dell’Aida, risulta evidente quanto Giuseppe Verdi avesse ben chiaro cosa intendesse raccontare, e se ci si sforza di inserire il progetto compositivo dell’Aida all’interno del più generale corpus verdiano, risulta preponderante il rapporto del compositore di Busseto con la “religiosità”. Giuseppe Verdi dimostra di possedere, nel suo subconscio, un rapporto di tipo medianico con il mondo del divino, sia per natura culturale legata alla sua terra e alle sue radici, sia per influenza storica.

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Credo sia emblematica la sua profonda stima nei confronti di Alessandro Manzoni al quale è dedicato il suo maestoso Requiem. Quello che Manzoni ha rappresentato per la grande letteratura italiana, specie nel romanzo di matrice storiografica, ha in Giuseppe Verdi il suo complementare rispetto al melodramma italiano, che per tutto l’Ottocento rappresenterà la nostra letteratura musicale. Sulla base di queste e di molte altre considerazioni ho sviluppato la lettura registica dell’opera.

La narrazione dell’Aida ha nel suo interno un particolare rapporto con la storia dell’antico Egitto, spesse volte manomesso e non sempre storicamente esatto, né antropologicamente; altra cosa è invece la vicenda personale dei tre protagonisti che mantiene una perfetta macchina scenica, avvicinabile talmente ai drammi storici scespiriani tanto cari a Verdi, che spesso si ha addirittura la sensazione di ascoltare l’Antonio e Cleopatra del Bardo. Muovendosi sempre tra introspezione e dramma personale, conflitto politico e Ragion di Stato, il tutto inserito in un linguaggio di altissimo valore poetico. Se si pensa allo svilupparsi dei personaggi, le connotazioni personali sono ascrivibili a caratteri non solo legati ai modelli dell’eroe tardo ottocentesco o a quello romantico, ma essi hanno un aspetto duplice: uno personale, legato alle vicende amorose, l’altro esteriore, legato alla connotazione storica della vicenda.

L’unico personaggio che mantiene una certa coerenza pur attivando un personale processo di evoluzione e da cui ne scaturisce tutta la modernità drammaturgica, è Amneris che comincia in un modo e conclude in modo del tutto diverso. Per dirla alla Peter Brook: è un punto in movimento. Questo rapportarsi dei tre protagonisti ne mette in luce moltissime contraddizioni e gli interessanti aspetti tutti da approfondire: fino a che punto Radamès è spinto dall’amore per Aida rispetto all’ambizione di una personalissima carriera militare? Fin dove Aida è pronta a spingere il suo sacrificio e dove invece si lascia attraversare dai ricordi in nome di un popolo oltraggiato e sterminato? Fin dove Amneris porta la sua posizione “sociale” di privilegiata figlia di potenti, viziata e arrogante, rispetto al dolore e al pentimento? Tutto fa pensare ai personaggi di un dramma Schnitzler, o di Strindberg.

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La regia è quindi articolata su diversi piani teatrali. Il primo riguarda la connotazione storica, per cui assieme allo scenografo e alla costumista, ho pensato di inserire il contesto egizio all’interno di uno stile napoleonico, pur senza prediligere l’uno o l’altro, costituendo così un’ambiguità narrativa in cui non sappiamo se sia l’antico Egitto a vestirsi di “napoleonismo”, o il suo contrario, poiché credo che in teatro il concetto di “tempo” debba oramai sganciarsi da una concezione lineare per ritrovare la sua funzione rituale e ciclica; il Tempo non dovrebbe essere visto dal presente al passato o dal passato al presente, scegliendo ambientazioni chiuse in un unico riferimento; in fondo era abitudine “arredare” le case con oggetti antichi, reperti archeologici, così come oggi uniamo al modernariato anche pezzi di antiquariato. Nella nostra scenografia abbiamo quindi adoperato lo stesso principio, ovvero la contaminazione storica.

Per questo motivo abbiamo elaborato uno spazio scenico apparentemente di stile napoleonico, ma con evidenti segni egiziani ricavati dalle campagne francesi d’Egitto, come quella rappresentata nel grande quadro di Louis-Francois Lejeune Battaglia delle Piramidi avvenuta il 21 luglio 1798, o quella di Watteau del 1794, portando il “Tempo” dell’Aida all’epoca della sua realizzazione e messa in scena, momento storicamente emblematico poiché è noto quanto l’apertura del Canale di Suez abbia causato lo sterminio di millenarie tribù dell’Africa settentrionale, segno tangibile di una Cultura occidentale invadente quanto prepotente che prevale su di una più primitiva. Un aspetto che si può ritrovare in molteplici esempi di cui è costellata la Storia dell’Umanità.

Sullo stesso principio sono stati progettati i costumi, concepiti senza allontanarsi dalla narrazione, mantenendo dunque la connotazione egiziana, seppure influenzata dalle forme neoclassiche. In fondo sappiamo quanto gli abiti del teatro elisabettiano ad esempio, in caso di rappresentazione di drammi storici, elaborassero col linguaggio della propria epoca il passato della rappresentazione.

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Ritornando al tema della religiosità verdiana, ho elaborato nel disegno registico una serie di rituali basati sulle contaminazioni di alcune religioni antiche, che seppure appartenenti ad epoche diverse hanno al loro interno una serie di “archetipi” comuni, proprio come M. Eliade espone nel suo studio, chiarendo così che per comprendere appieno lo sviluppo del senso del “sacro” nella Storia dell’Uomo sia indispensabile conoscere l’evolversi di tutte le religioni. Se consideriamo quella dell’Antico Egitto come l’apoteosi di elementi ancora più arcaici e primitivi, in cui lo stesso mito di Iside e Osiride sintetizza elementi rituali andati perduti, sebbene confluiti nelle religioni orientali, dell’India, della Mesopotamia, dell’Africa nera, fino ad arrivare all’epoca greca, tutti mantengono tuttavia una fortissima chiave di iniziazione e misteriosa trascendenza al divino.

Ho infine chiesto al mio coreografo di elaborare tutti i ballabili per un gruppo di dodici danzatori suddivisi in due gruppi, l’uno rappresentante il Dio Seth, l’altro il Dio Horus, e alla guida due danzatori nelle vesti di Iside e Osiride. A loro ho chiesto di stilizzare il racconto del mito di Osiride così come ci viene narrato da Plutarco, poiché in esso è possibile evidenziare la prima grande storia d’amore dell’Umanità, e si può affidare quell’importantissimo rapporto con la morte che le religioni antiche hanno sempre esorcizzato con l’idea di Morte come “trapasso”, vita al di là del mondo conosciuto e viaggio verso una Terra ignota, ma immaginata. Esattamente ciò che Aida e Radamès esprimono nel loro duetto finale, quel canto di addio che non ha in sé il dramma della fine, ma la gioia di un nuovo inizio insieme, congiunti nell’eternità dell’amore divino, spirituale e non più terreno.