Piero Giannini, ultimo
saluto a un secondo padre
Il ricordo di Piero Giannini a cura di Antonio V. Gelormini
Poterlo annoverare tra gli estimatori e i lettori critici più assidui dei miei lavori, è stato motivo di orgoglio e di stimolo a perseverare nella disciplina della scrittura e a tenere la barra dritta sulla rotta della comprensibilità e della leggerezza ritmica, nel rispetto costante di chi, prima o poi, avesse voglia di coglierne il piacere della lettura.
Anche per questo segno indelebile, seppur tracciato a distanza, Piero Giannini è stato per me un secondo padre. Lo conobbi la prima volta a Rodi Garganico, in occasione di un convegno sul Turismo, in un pomeriggio di un mio compleanno, quando mi si presentò - insieme ad un altro carissimo amico del Promontorio Sacro, Peppino Maratea di Vico del Gargano - dicendomi di essere venuti apposta, per sentire la mia relazione e che da tempo mi leggevano e che apprezzavano gli interventi e la narrazione.
Quante volte avrei voluto fare con lui quello che mi piaceva fare con mio padre Santino, durante la mia adolescenza: spingerlo ad anticipare la fine della ‘maledetta sigaretta’, per avere la soddisfazione di spegnerla, schiacciandone col mio piede il mozzicone ardente e intriso di catrame velenoso.
Eh sì, la sigaretta con la sua avvolgente nuvola di fumo era il contesto da cui emergevano lo sguardo benevolo e la barba - sovente incolta - di un vero e proprio ‘maestro’, che dalle pagine di “Puglia” di Mario Gismondi prima, e da quelle patinate e poi anche virtuali, altrettanto incisive, del suo “Punto di Stella”, ha a lungo accompagnato, con tenacia e generosa gratuità, il percorso formativo di schiere diffuse di lettori e di colleghi giornalisti.
Un faro che intensificava il suo raggio luminoso ad ogni ‘tirata’, dal cuore del centro storico di Peschici, a pochi metri dall’ombra domestica ed episcopale di un amico eccellente come Mons. Mimmo D’Ambrosio. Dove, ricordo, mi convocò in due occasioni: la prima, dopo il varo del Distretto Culturale Daunia Vetus a Troia (Fg).
Attento e appassionato ad ogni fermento culturale del territorio, sapendo anche della mia passione per i Benedettini e i rotoli pergamenacei medievali di loro miniatura, mi volle coinvolgere nella battaglia che con Teresa Maria Rauzino la sua associazione portava avanti, con piglio “epico”, per il recupero al patrimonio comune dei resti dell’Abbazia di Santa Maria di Kalena a Peschici.
La seconda, in occasione della mia esperienza di direzione all’Hotel Gusmay del Gruppo Maritalia - dove avevamo entrambi una sorta di “angelo amico” in Gabriele Draicchio - per organizzare insieme un tentativo di fronte comune garganico, per il sostegno alla richiesta di un Aeroporto del Gargano.
Piero conosceva bene le mie posizioni sul tema e sulle prospettive senza orizzonti del ‘Gino Lisa’ di Foggia, con i tentativi donchisciotteschi di stimolare l’utilizzo temporaneo del presidio militare di Amendola, per dare corpo e numeri a una richiesta rimasta - ancora oggi - priva di traffico consolidato e per questo dalla forza debole e permanentemente evanescente.
L’incontro pubblico, con la regia di Piero Giannini, fu organizzato nella Sala Consigliare del Comune di Peschici, dopo alcuni appuntamenti serali, dal sapore vagamente carbonaro, anche per la cortina fumogena che imperava tra le poltrone e le luci suffuse del salotto di casa. Ma ricordo, ancora oggi, l’espressione rassegnata e beffarda con cui mi sussurrò, sconfortato e mortificato, qualche minuto prima dell’inizio: “Antò, non se ne fa niente. Sono arrivati da Foggia i frenatori!”
Poi i nostri contatti si sono aggrappati, finché possibile alle pagine di ‘Punto di Stella’, che oggi diventano archivio prezioso per tutti.
Piero torna a Peschici da Cremona - nel giorno di nascita di mio padre - ripercorrendo per l’ultima volta la dorsale Adriatica come una ‘meteora’, che completa la traccia del suo ‘graffio’ sulla lavagna siderale di un universo senza confini.
Il suo sguardo e il suo monito continueràanno ad ‘ardere senza bruciare’ nei nostri ricordi, che con affetto contribuiranno a tener viva la fiamma di una presenza. Il destino beffardo ha voluto che solo recentemente prendesse corpo IQOS, il marchingegno che la Piliph Morris propone ai suoi fumatori: la sigaretta che arde e non brucia. Peccato, che sia arrivata troppo tardi per lui.
Che la cenere ti sia lieve, Piero, sotto il sole diomedeo che in eterno continuerà a scaldare le tue ossa!
(gelormini@affaritaliani.it)