Pino Pisicchio:
'Perchè non mi candido'
La lettera di Pino Pisicchio per spiegare le ragioni di una scelta.
La lettera è stata inviata alla Gazzetta del Mezzogiorno e poi diffusa dallo stesso Pino Pisicchio, per illustrare le ragioni di una scelta, che hanno immediatamente provocato una serie interminabile di attestati di stima e di rammarico per lo stesso Parlamento, che "perde una figura autorevole", come la maggior parte delle riflessioni sottolineano.
Caro Direttore,
ti chiedo ospitalità per consentirmi qualche considerazione sulla scelta da me compiuta di non essere candidato in questa competizione elettorale. In questi ultimi giorni ho ricevuto molte attestazioni di stima e insieme domande su cosa mi avesse spinto a chiamarmi fuori.
Comprendo che in politica possa essere considerato un comportamento non usuale quello di rinunciare ad una candidatura al Parlamento, oggetto del desiderio di coorti di aspiranti. Ma talvolta accade. Diventai deputato a 32 anni, con 80.000 voti di preferenza.
Prima ancora avevo accompagnato mio padre nella sua esperienza parlamentare da che ero poco più che un bambino, non ancora quattordicenne. Ho avuto la fortuna di conoscere statisti e parlamentari meno noti ma capaci di rappresentare con altissima dignità e talento il popolo italiano:la fatica del voto di preferenza, la pazienza e l'umiltà del rapporto necessario con il territorio, l'esperienza di partiti politici veri, rappresentavano la cifra di quelle stagioni.
Non tutto ciò che è venuto dopo è stato della stessa qualità, non si discute, e le leggi elettorali fatte con le liste bloccate insieme con la fine dei partiti politici e delle "scuole" di formazione a loro collegate, hanno fatto il resto.
Ma non ho mai smesso di vivere con passione la politica e di credere nel parlamentarismo, nell'autonomia delle assemblee legislative e del parlamentare che svolge, così come dice la Costituzione, la sua alta funzione "senza vincolo di mandato", anche se a voler imporre quel vincolo è il leader che compone le liste.
Oggi, semplicemente, quella passione è diventata più fievole. O forse altre passioni, come la famiglia, lo studio e la scrittura, che pure hanno sempre convissuto con la mia politica, reclamano maggiore spazio nella mia vita.
Sono quel che una volta si definiva un "cattolico-democratico", un riformista, ma, soprattutto un uomo libero che ha tenuto alla sua autonomia e alla sua dignità sopra a tutto. Con questo spirito ho attraversato un trentennio della politica italiana senza mai cambiare l'area politica di militanza, il centro-sinistra e senza dover mai abbassare la testa di fronte ai piccoli e grandi cesari delle nuove stagioni.
Semplicemente adesso mi fermo e mi riprendo un pò di vita. Ringrazio di cuore il Pd e altre forze della coalizione che mi hanno proposto di candidarmi, e ringrazio soprattutto i miei elettori, le amiche e gli amici che mi seguono da sempre.
A tutti dico che la politica non è unidimensionale: non esiste solo l'attività legislativa. Anche questo scritto è politica. Ed è politica formare una nuova dirigenza per le assemblee elettive, oggi affidate alla regola di Stevenson, l'autore de "Lo strano caso del dottor Jekill e mr. Hide", il quale diceva di un giovanotto senza arte nè parte:"non sa far niente. Questo lascia presagire un brillante avvenire politico".
Fino a quando avrò forza e cose da dire continuerò, dunque, a fare politica per ribaltare la regola di Stevenson. Oggi, purtroppo, alquanto in auge.
Pino Pisicchio*
*Presidente del Gruppo Misto alla Camera dei Deputati