PugliaItalia
Referendum confermativo
sul taglio dei Parlamentari
Aurelio Valente,economista ed esperto di organizzazione: “La riduzione del numero dei parlamentari è una riforma giusta e necessaria”
Si avvicinano le date per i Referendum ‘confermativo’ e si moltiplicano gli appelli al SI e al NO per il taglio dei Parlamentari, sia al Senato che alla Camera dei Deputati.
C’è chi rispolvera un editoriale di Sergio Romano sul ‘Corriere della Sera’ di nove anni fa (19/8/2011), in cui si riteneva che per l’Italia: “Il vero problema è quello della totale insensibilità di una larga parte del ceto politico per i sentimenti e gli umori del Paese”, auspicando “Una manovra democratica” e il “Coraggio, di dimezzare deputati e senatori. Perché se la classe politica vuole dare un segno di attenzione per i malumori della società, le circostanze impongono misure più rapide e quindi un progetto di legge sottoscritto dal governo e da tutti quei settori della minoranza pronti ad approvarlo”.
E c’è chi cita l’economista Carlo Cottarelli, che propende più per il taglio di una delle due Camere o per l’intervento di riduzione della spesa per parlamentare, perché: “Tagliare 345 parlamentari e mantenere le due Camere creerà un grosso deficit col rischio di fare solo danni. Finiremmo per avere un numero di parlamentari insufficiente per far funzionare bene le due Camere”. Inquietante a tal proposito l’affermazione del deputato e aspirante costituzionalista dei Movimento Cinque Stelle, Manuel Tuzi: "Un Parlamento ridotto in termini di numeri è anche un Parlamento che può essere controllato meglio".
Sul tema abbiamo sentito Aurelio Valente, economista ed esperto di organizzazione:
Allora dottor Valente, Sergio Romano e Carlo Cottarelli?
Sia pure dopo nove anni il suggerimento di Sergio Romano è stato finalmente seguito visto, che la riduzione dei parlamentari è diventata legge di modifica della Costituzione italiana, dopo che è stata approvata per due volte da Camera e Senato, ossia con quattro approvazioni con larghissima maggioranza. La legge costituzionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019, prevede la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi, consentendo all’Italia di allinearsi al resto d’Europa: l’Italia, infatti, è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945); seguono la Germania (circa 700), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).
Ciononostante è stato indetto un referendum, anche se confermativo
Come previsto dall’art. 138 della Costituzione, la legge - non avendo ottenuto la maggioranza dei 2/3 al Senato - poteva essere sottoposta a referendum popolare, qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ne avesse fatto domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. In effetti un quinto dei senatori (71, di cui 42 del gruppo Forza Italia-Udc) ha richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare, attivando il referendum confermativo che si terrà il 20-21 settembre.
L’obiettivo della riforma approvata è duplice: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una Legislatura, in aggiunta agli altri rilevanti risparmi di spese generali e di oneri pensionistici). La riduzione del numero dei parlamentari entrerà in vigore dall’inizio della prossima Legislatura se viene confermata la riforma con il Si al referendum.
Sarà sufficiente questo passaggio, per dare inizio a un vero e proprio cambiamento?
Indubbiamente la semplice riduzione del numero dei parlamentari non basta, ma il suggerimento va posto in positivo: nel senso che è opportuno che gli elettori, per rendere concreta le riduzione dei parlamentari, votino Si alla conferma della riforma costituzionale della riduzione del numero dei parlamentari, mentre i partiti politici che hanno approvato la riforma devono assolvere all’impegno di completare il quadro delle riforme utili per il miglioramento del Parlamento, ancor più essenziale nell’attuale crisi globale post pandemia.
Assolutamente negativo è invece il suggerimento rivolto agli elettori di votare No alla riforma costituzionale, per realizzare un ritorno al passato, bloccando la riforma già deliberata, per mantenere invariato il numero dei parlamentari di 945 e vanificare lo sforzo ‘miracoloso’ - realizzato dopo decenni di inutili tentativi - di una concreta ed approvata riduzione dei parlamentari. Il No alla riforma della riduzione dei parlamentari produrrebbe un unico risultato, vantaggioso per l’attuale compagine dei parlamentari, che non rischierebbe più il calo di probabilità di rielezione, a causa del più ridotto numero dei parlamentari da eleggere nelle prossime elezioni.
Si stanno moltiplicando anche i ripensamenti - sia su un fronte che nell’altro - a testimonianza che l’intervento di modifica Costituzionale rischia di soddisfare più gli interessi di parte (per il M5S si direbbe una battaglia identitaria), che interessi istituzionalmente comuni. Come la vede?
A prescindere dalle tattiche politiche, che tutti i partiti stanno organizzando per il SI o per il NO al referendum confermativo, c’è da considerare il forte rischio - che correrebbe di sicuro l’Italia - in caso di mancata conferma della riforma, che verrebbe considerata a livello internazionale e nei fatti come una evidente e persistente incapacità dell’Italia di realizzare concretamente le riforme istituzionali, che prevedono la riduzione del costo della politica.
Incapacità che sarebbe ancor più grave, in questo periodo così difficile, per il forte aumento del fabbisogno e del debito pubblico, per gli aiuti alle imprese ed alle famiglie e per finanziare le necessarie riforme strutturali. indispensabili per la crescita del Paese dopo la pandemia.
(gelormini@gmail.com)