Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervenendo a Bari alla tavola rotonda sulla figura di Aldo Moro, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell'Università degli Studi, intitolata al leader democristiano, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha ripetutamente fatto riferimento allo spirito costituente che ha animato a lungo il lavoro dello statista pugliese.
“Mi auguro che non si vanifichi il metodo basato sull'intesa tra Governo e Regioni che ha assicurato all'Italia, negli anni, prosperità e democrazia, consentendo la realizzazione di grandi opere, importanti infrastrutture e profonde rivoluzioni sociali ed organizzative, assicurando alle minoranze e alle popolazioni residenti un ruolo dialettico e costruttivo con le istituzioni di governo”.
“Le parole, insegna la vita politica di Aldo Moro - ha aggiunto il presidente della Regione Puglia - vanno misurate e rese conformi al diritto, anche quando non esista sanzione alle violazioni dei doveri imposti dalla Carta Costituzionale. Innanzitutto quello di leale collaborazione che non consiste nella cieca obbedienza, ma nel dovere di cercare sempre una soluzione conforme alle regole che salvaguardi diritti e prerogative di ogni istituzione”.
Emiliano si è augurato, infine, che “La legittima e forse necessaria modifica” della Costituzione non diventi “occasione di impropria lotta politica tra fazioni. Non era questo il futuro cui pensava il giovane Aldo Moro e i tanti studenti di questa Università che hanno sacrificato la propria vita per costruire un'Italia migliore”. E a tal proposito ha ribadito: "Per rispetto proprio della Costituzione i quesiti referendari per modificarla andrebbero separati", evidenziando che la riforma della Carta non è cosa che si possa fare "a pacchetto".
Una proposta sta raccogliendo consensi tra i costituzionalisti e nello stesso Partito Democratico, perchè come dice lo stesso Emiliano: "Un conto è il sup del bicameralismo altro è tutta una serie di modifiche che si vuole far passare in una sorta di appello unico".
Una precisazione che supporta il lavoro in atto nel partito da parte del gruppo Cuperlo: "Occorre abbassare la temperatura plebiscitaria che Renzi vuole alzare, altrimenti finiamo nel pieno della deriva berlusconiana - avverte il senatore Miguel Gotor - E siccome la Carta è di tutti è incivile imporre un quesito unico. Sì, stiamo valutando con Cuperlo la possibilità di chiedere quesiti separati. Di più: pensiamo che il premier debba consentire anche dentro il Pd la costituzione di comitati per il no".
Secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gaetano Silvestri, intervenuto anche lui a Bari alla tavola rotonda sulla figura di Aldo Moro, bisogna evitare di “Mischiare l'altezza del dettato costituzionale con la miseria di calcoli politici immediati. Il valore 'storico' della Costituzione, esaltato da Moro e da altri grandi protagonisti dell'Assemblea costituente non dovrebbe essere mai dimenticato in favore di concezioni contingenti e congiunturali delle sue norme”.
“I nostri Padri costituenti - ha proseguito Silvestri - non pensarono a vantaggi immediati per le loro parti politiche, come dimostra il fatto che le dimissioni del III governo De Gasperi e la rottura dell'alleanza di governo tra democristiani e sinistre comunista e socialista, avvenute nel maggio 1947, non ebbero quasi eco in quella sede, dove si continuò a lavorare insieme, pensando al futuro. Forse sarebbe, un esempio da seguire”.
Per Gaetano Silvestri “L'immane potenza dello Stato e la sua indifferenza per le sorti le sofferenze delle persone concrete richiamano oggi alla mente l'incombente potenza dei mercati, dominatori altrettanto irresistibili, e per di più anonimi, sottratti non solo a qualsiasi controllo democratico, ma soprattutto a qualsiasi valutazione etica. Le ragioni del costituzionalismo, sostenute da uomini come Aldo Moro nell'Assemblea costituente, devono oggi essere fatte valere nello spazio europeo ed in quello globale. Non dobbiamo farci scoraggiare dall'estrema difficoltà di questo obiettivo, rifugiandoci nel comodo rilievo del suo utopismo”.
“Il voto delle amministrative non riguarda il governo. Invece il voto al referendum riguarda il governo, visto che le riforme sono l'elemento chiave della vita del governo”. Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi a Rtl 102.5. E a proposito del passaggio delle leggi tra Camera e Senato, Renzi ha spiegato che spesso si tratta di “un ping pong estenuante. La gente che lavora dice: ehi ma qui avete tempo da perdere, voi?”. E “dalle prime risposte che ricevo, vedo che ci sono valanghe di gente che dice: 'Non è che hai fatto tutto, bene. Ma capisco che questa cosa è talmente importante che ti do una mano'. E per me questa è la soddisfazione più grande, perché conta vincere al referendum. De Coubertin lo lasciamo per un'altra volta".
“Io - ha aggiunto Renzi - non sono come i vecchi politici, che rimane aggrappato alla poltrona. Mi hanno chiamato per fare le riforme, se le riforme non vanno bene ne prendano un altro. Non sono come quei politici che si mettono il Vinavil o l'Attack sulla poltrona. Abbiamo fatto una proposta al Paese, l'Italia deciderà”.
A dare manforte al Presidente del Consiglio è scesa in campo il ministro delle Riforme istituzionali Maria Elena Boschi, intervenuta alla 39° assemblea nazionale di Confcooperative: “Ci sarà il referendum ad ottobre, tutti noi e tutti voi, come cittadini, sarete chiamati a pronunciarvi, a decidere, e io credo questa sia una scelta importante che il governo e la maggioranza che lo sostiene ha fatto: quella di dire che su una riforma così importante tutti insieme dobbiamo decidere se siamo d'accordo o meno”.
“Io credo - ha aggiunto la ministra Boschi - sia importante che ci sia un senso di partecipazione, l'idea che non riguardi altri ma ciascuno di noi perché riguarda il nostro futuro, il futuro del Paese. E quindi i cittadini saranno chiamati a scegliere tra uno Stato che funziona meglio o rimanere in un sistema che da 30 anni diciamo di voler cambiare”.
Alle Regioni sono stati concessi “poteri troppo ampi”, il che aumenta “il conflitto tra Stato e Regioni”, ha quindi ribadito Maria Elena Boschi, impedendo risposte "a imprese e cittadini nei tempi prestabiliti”. Ciò porta gravi problemi in settori chiave come quello dell'energia, dove serve "una strategia nazionale unica" e "non 20 strategie una per ogni regione. E' importante rispondere a imprese e cittadini nei tempi prestabiliti perché se lo facciamo con dieci anni di ritardo non manteniamo gli impegni in tempi certi - spiega Boschi - e questo passa dai poteri troppo ampi concessi nel 2001 alle Regioni".
Ciò detto, conclude il ministro: "Bisogna che in settori chiave del tessuto economico vi siano le stesse regole, e che venga un po' meno il conflitto tra Stato e Regioni, che lascia in confusione i cittadini che non sanno quale legge si applica".
Più critico Ugo de Siervo, ex presidente della Consulta che al Corriere della Sera ha detto “Al mio ex sindaco faccio i migliori auguri come capo del governo, ma non posso certo incitarlo come riformatore della Costituzione".
De Siervo si ritiene "un riformatore” e pensa “che anche rinnovare la Costituzione sia cosa buona. Ma bisogna rinnovare migliorando. Invece, questo testo è scritto male”. De Siervo ha ricordato che “dal '48 a oggi la Costituzione è stata modificata 35 volte. Tutti i cambiamenti andati a buon fine erano leggeri, compatti, omogenei”, poi è “arrivata la stagione degli interventi pesanti”, quello “disastroso” sul Titolo V e la riforma proposta da Berlusconi e bocciata al referendum: “due interventi fatti a maggioranza come questo proposto ora, eterogeneo, che modifica oltre 40 articoli della Costituzione”.
C’è un timore per un “caos che si cela dietro nove diversi procedimenti legislativi e il fatto che si riporta indietro, a prima degli anni 70, il livello di potestà legislativa delle Regioni”, e “finirà che la Corte dovrà continuare a fare il vigile urbano". Sui toni, dice, Renzi “ha corretto il tiro ma è bene che lo faccia di più. L'impressione che rimane è quella di un plebiscito su se stesso”. E in risposta all'intervista a Giorgio Napolitano, ieri sullo stesso quotidiano, afferma che “non siamo perfezionisti. Siamo realisti. E non possiamo farci prendere in giro da false promesse”.
Secondo Giorgio Napolitano esistono “Tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile, non c’è urgenza né bisogno di rivederla. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria “perfezionista”. Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma questa è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione”.
E comunque secondo il Presidente emerito della Repubblica “Non bisogna fare di ogni erba un fascio tra coloro che esprimono riserve, fanno valutazioni contrarie, fanno campagna per il No. Occorre rispetto per le riserve; per quanto se ne siano espresse in Parlamento con grande abbondanza. Non dimentichiamo quanto tempo è stata discussa dalle Camere la legge di riforma, quante consultazioni sono state fatte con l’esterno, quanti emendamenti sono stati avanzati, sia pure spesso per ostruzionismo. Occorre rispetto per chi obietta che ci sono elementi non ben risolti: del testo approvato si continuerà a discutere. Una volta confermata la legge, bisognerà mettersi al lavoro per costruire davvero questo nuovo Senato, e trarre dall’esperienza ogni possibile conseguenza”.