Salento: C'era
una volta, e c'è ancora...
Salento - C’era una volta, e c’è ancora, S. Maria Maddalena
Come riportato dal calendario, il 22 luglio ricorre la festa di S. Maria Maddalena, detta anche Maria di Magdala, seguace di Gesù, unica donna ad aver avuto il privilegio d’assistere alla sua crocifissione e, di seguito, prima testimone visiva e annunciatrice della sua risurrezione.
Nel Basso Salento, per quanto è a mia conoscenza, tale Santa è venerata e celebrata in un paesino non distante dal mio, ossia a dire a Castiglione d’Otranto, frazione del comune di Andrano.
A voler essere precisi, sotto il suo nome, non si tiene una festa vera e propria, con luminarie, fuochi d’artificio e bande musicali, del genere che, in onore del Patrono o di altri Santi, contrassegnano, nell’arco dell’anno, un po’ tutte le località del territorio, bensì una fiera mercato, che, un tempo, recava, in aggiunta, l’appellativo di “fiera delle cipuddre” (in italiano, cipolle).
Quanto al sito della manifestazione in parola, è rimasto identico lo slargo, contermine al camposanto, nella periferia di Castiglione verso il passaggio a livello delle Sud Est, su un lato del quale insiste anche una piccola chiesa, area che, quand’io ero ragazzo, si soleva utilizzare pure come campo di calcio.
Ritornando alla Santa e all’omonima fiera, si tratta di evento impresso dentro chi scrive da tempi ancora più lontani, ossia a dire risalenti alla mia fanciullezza, giacché, svariate volte, in quell’epoca, mi è capitata l’occasione di recarmi da Marittima a Castiglione, in compagnia dei miei nonni paterni, i quali, specialmente la nonna Consiglia, vi si portavano puntualmente, sia per devozione, sia e soprattutto per effettuare qualche utile acquisto dalle baracche e bancarelle ambulanti, che erano allestite ed esponevano le loro mercanzie in quello slargo di Castiglione.
Si consideri che, allora, nei singoli paesi, non esistevano esercizi commerciali, salvo uno per la vendita di pane e prodotti alimentari di stretta necessità e risicate botteghe (puteche) per la mescita di vino.
La trasferta a S. Maria Maddalena si svolgeva a bordo di traini in legno caratterizzati da lunghe stanghe e da grandissime ruote a raggiera con le circonferenze ricoperte e rinforzate mediante fasce metalliche.
Sui mezzi di trasporto in questione, a cassetta, con pareti laterali e posteriore (ncasciate), prendevano posto i passeggeri, sino a sei, seduti su rudimentali apposite assi, parimenti in legno, mentre il conducente si sistemava, redini in mano, all’inizio di una delle stanghe.
Memorabile, in particolare, una delle mie avventure su traino in compagnia dei nonni e in direzione Castiglione, viaggio, iniziato, al solito, nelle primissime ore del mattino, ancora buio d’intorno, onde coprire in tempo utile i cinque/sei chilometri di distanza. In quella circostanza, i miei ascendenti, unitamente a un paio di parenti, avevano, esprimiamoci così, noleggiato il traino di compare Peppe ‘u muricciu.
Purtroppo, a un certo punto, a meta ormai prossima, esattamente in corrispondenza del tratto viario terminale, in discesa, che andava a guadagnare il centro abitato, si verificò un incidente imprevisto: non si sa come, il cavallo ebbe a scivolare con le sue staffe e s’inginocchiò sul selciato, rimanendo lì immobile e incapace di risollevarsi.
Per il traino, fortunatamente, un deciso scossone, ma nessun danno a carico dei trasportati. Tuttavia, gli adulti furono costretti a scendere e ad aiutare il conducente, con compattezza di braccia e spalle, nello sforzo, non indifferente, di rimettere in piedi il quadrupede e, così, consentirgli di completare il viaggio.
Altro particolare che serbo a memoria in correlazione alla fiera di S. Maria Maddalena è un detto o proverbio popolare, recitante: “A S. Maria Matalena, va alla vigna e se ne vene prena” (in concomitanza del 22 luglio - maturazione, raccolto e vendemmia dell’uva ormai imminenti -, la/quella donna si reca in campagna per lavorare nella vigna e se ne ritorna pregna, ovvero in stato interessante).
Chiara l’allusione, non inverosimile, alla possibilità, in presenza di lavori in gruppo da parte di persone di entrambi i sessi, d’incontri e/o contatti strettamente ravvicinati e di qualche naturale effetto conseguente. Breve inciso, venerdì 21 luglio, si è sposata una giovane amica e brava collega, nativa di Castiglione: un mare d’auguri, Tiziana.
Ampliando l’orizzonte in senso geografico, il nome Maddalena lascia scorrere e stagliarsi nella mia mente la figura di un’anziana compaesana marittimese, assai conosciuta e familiare all’intera comunità, giacché gestiva uno dei tre forni del paese, dove ciascuna famiglia si recava periodicamente per preparare e cuocere la provvista di pane, soprattutto friselle, detto “pane fatto in casa” onde distinguerlo da quello che, saltuariamente se non in casi eccezionali, si acquistava presso il dianzi accennato negozio di generi alimentari.
E, poi, Maddalena era il nome di una graziosa giovinetta di un paese della Grecìa salentina, frequentante la mia stessa Scuola Superiore, sulla quale avevo messo gli occhi, beninteso come si poteva e intendeva, da diciassettenne, intorno alla metà dello scorso secolo, insomma senza alcunché di concreto.
Ad ogni modo, ancora adesso, nelle rarissime occasioni in cui succede che m’imbatta in quella Maddalena, un filo d’emozione sgorga a illuminare gli occhi del ragazzo di ieri.
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Conosco F.C. di Castro, mio coetaneo, dai primi anni delle Elementari. La memoria lontana me lo ripropone sotto forma di un bambino macilento, vestito alla buona, appartenente a una famiglia poverissima e numerosa che viveva in un’unica stanza.
F., quindi, talora era costretto anche a fare i conti con la fame, al livello che, in determinate circostanze, arrivava a spostarsi, tenendo per mano un fratello minore, finanche nella mia Marittima per chiedere l’elemosina. Da giovane e adulto, il lavoro mi ha portato lontano ma, con l’andata in pensione e il rientro nel Basso Salento, ho avuto agio di rivedere F.
Ovviamente decenni a iosa trascorsi pure per lui, nondimeno, nella profondità del suo sguardo, ritrovo, nitidamente presenti, le tracce dei miei ricordi da fanciullo. Ora, F. è pensionato, nonno e, soprattutto, sereno. E, io, avverto nel mio intimo un tuffo di contentezza ogni volta che m’imbatto in lui, in sella al suo scooter o seduto al bar per un tressette con gli amici.
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Stamani ho fatto il bagno al Lido La Sorgente di Castro, in compagnia del mio nipotino Andrea. Oltre che compiere una nuotatina insieme, ho coinvolto il piccolo nella pesca di qualche granchio.
A portata delle mie mani, non di quelle di Andrea, comprensibilmente ancora timoroso e inesperto, alcuni piccoli esemplari di detti crostacei, lestamente passati al sicuro di un retino e poi di un secchiello d’acqua salata.
Uno, in particolare, di apprezzabili dimensioni, color marrone scuro e ricoperto da una sorta di peluria (in dialetto, caura pelosa), ha lo speciale destino, per l’odierna cena, di essere cotto in un sugo di pomodoro fresco e di condire una piccola spaghettata per nonno Rocco e Andrea.