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Salento, Marittima
Letture a buon mercato

Memorie dalla punta del Tacco

Di almanacchi, accanto a me, ne sono già scivolati ben settantacinque e, tuttavia, in determinati momenti di pausa, abbandono e silenzio, ho l'impressione di toccare ancora con mano e di rivisitare con occhi lucidi di freschezza una serie di antichi, piccoli episodi che mi hanno visto protagonista, o più semplicemente spettatore, nella stagione della fanciullezza e/della prima adolescenza, tra le Elementari e le Medie.

In aggiunta ad altri due modesti esercizi commerciali per la vendita al dettaglio di prodotti alimentari, c’era allora, a Marittima, in piazza, il tabacchino o privativa di generi di monopolio, di Dante e Assunta, gestito prevalentemente dalla donna.

Per la verità, lì, non soltanto si praticava la vendita di sale, sigarette, sigari e cartine, ma si trovava un po' di tutto: giornali, Chinino di Stato (per curare la malaria), caramelle, farina, pasta, pane, spagnolette di cotone, aghi, bottoni, cerniere e, finanche, petrolio e alcool denaturato, prodotto, quest’ ultimo, che le famiglie adoperavano spesso per alimentare piccole lampade, in dialetto si diceva non a caso a spirito, quando in casa veniva a mancare, succedeva purtroppo frequentemente, l'energia elettrica.

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I titolari del tabacchino tenevano sempre una discreta scorta di dette sostanze liquide, in damigiane di vetro stipate in un corridoio attiguo al negozio, da cui si travasavano nelle bottiglie dei singoli acquirenti le quantità di petrolio o d’alcool da loro richieste.

Però, a parte queste operazioni, diciamo così più frequenti e canoniche, ogni tanto, in particolar modo quando faceva freddo, intorno alla damigiana dell’alcool si snodava un rito diverso. Nel tabacchino, si affacciava Mesciu Miliu, portalettere del paese e sacrestano del convento della Madonna di Costantinopoli, il quale amava bere, tanto da essere spesso ebbro; con la motivazione di sentirsi intirizzito, nel mezzo dei suoi giri per la distribuzione della posta e col permesso dell'Assunta, egli si accostava al contenitore, traendone di volta in volta un mezzo bicchiere che tracannava in un baleno.

A proposito di Mesciu Miliu, persona intelligente che sapeva ben rapportarsi con tutti, circolava una storiella particolare.

Il Venerdì Santo, com’è noto, si svolgeva, e tuttora ha luogo, la processione con i simulacri di Cristo Morto e della Madonna Addolorata.

Riguardo alla Madonna Addolorata, mette conto di precisare che la relativa statua in carta pesta, con un volto bianchissimo, ceruleo e un abito di color nero lucido, durante l’arco dell’anno non era conservata nella chiesa matrice, bensì nel convento o Santuario collocato alla periferia estrema di Marittima, sulla via per Castro. Sicché, all’inizio di ogni Settimana Santa, occorreva trasferirla, dal suo abituale alloggiamento, alla sacrestia della parrocchia.

Un compito cui, per molti decenni, provvide giustappunto il sacrestano mesciu Miliu. Per lo spostamento della statua, egli si serviva di un piccolo traino di legno (trainella), da sospingersi a mano afferrando le stanghe, adoperato, di norma, dai compaesani per caricarvi e trasportare al forno pubblico la “mattra” e i “limmi” (contenitori, rispettivamente, di legno e di terracotta) ricolmi di pasta di farina di frumento, con cui si provvedeva alla periodica panificazione per il fabbisogno famigliare.

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Mesciu Miliu, come già ricordato, non sapeva stare a lungo senza un bicchiere; per questo motivo, in un’occasione, nel tragitto dal santuario alla parrocchia, con la trainella e, sopra, la statua della Madonna Addolorata, egli pensò di fermarsi davanti a una bettola (puteca) per bagnarsi le labbra, parcheggiando il mezzo di trasporto e il relativo contenuto di fronte all’ingresso.

All’uscita, evidentemente brillo e allegro, si profuse in un’eccezionale quanto indimenticata esclamazione: “ Madonna via bella, ti eri mai vista in trainella?”.

Si diceva che il tabacchino fungeva pure da edicola, precisamente vi si poteva acquistare il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno e qualche settimanale, rammento La Settimana Incom illustrata, Epoca e Tempo. Detti giornali giungevano all'esercizio via posta, giacché in quei tempi non esistevano corrieri dedicati, esattamente al pari della corrispondenza ordinaria o raccomandata per le famiglie.

Piace, all’odierno narrastorie dai capelli bianchi, ricordare che, riguardo ai servizi postali, a collaborare con l'ufficio del paesello, interveniva una figura terza, una brava persona abitante a Castro, C. C., il quale espletava la funzione di “procaccia postale”. Utilizzando la propria moto Ape, egli aveva il compito di prelevare dagli uffici postali di Castro, Marittima e Diso i sacchi della corrispondenza in partenza, chiusi con la ceralacca, e consegnarli ai treni delle Sud Est per Maglie e Lecce che transitavano dalla vicina stazione ferroviaria di Spongano; così come, di rilevare dai medesimi treni i sacchi postali della corrispondenza in arrivo, per recapitarli ai competenti uffici delle tre località.

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Sul rimorchietto della moto Ape, C. C. aveva sistemato un paio di panchette e, in funzione di rudimentale navetta, faceva talvolta accomodare qualche paesano in arrivo o in partenza col treno.

In tal guisa, il “procaccia” riusciva ad arrotondare, ovviamente a livello di poche lire, le sue entrate.

Bisogna annotare che, all’epoca, a Marittima non c’era in pratica anima viva che acquistasse i giornali, tranne, per opera d’isolati tifosi, l’edizione del lunedì della Gazzetta del Mezzogiorno, dove ripassare le cronache sportive inerenti alle squadre di calcio di Maglie e Lecce militanti in serie C.

Di conseguenza, trascorsi alcuni giorni dalle date d’uscita, Assunta riprendeva in mano i giornali ormai vecchi e ne ritagliava una sezione rettangolare della copertina o della prima pagina che restituiva per posta agli editori, quale prova dell'invenduto.

Al giovanissimo Rocco, dopo essersi trovato tante volte ad assistere a detta operazione,  venne a un certo punto l'idea di chiedere ad Assunta che cosa avrebbe dovuto pagarle per un settimanale, diciamo così, tagliato (i prezzi di copertina erano di 80 o 100 lire); la risposta della signora fu “devi darmi 5 lire” e scattò subito il patto.

In tal modo iniziò, e si protrasse per alcuni anni, circa dal 1950 al 1954, la parentesi del ragazzo lettore di settimanali scaduti e però egualmente ricchi e fonte unica (nel paese, tranne che in una famiglia, non esistevano le radio) di una miriade di fatti, corredati, per di più, da illustrazioni in bianco e nero e a colori.

Rocco divorava pagina per pagina, riga per riga, i rotocalchi, acquisendo cognizione e diventando testimone di avvenimenti, episodi e fatti, anche clamorosi e drammatici, sia italiani sia internazionali.

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Eccone una sintetica carrellata.

1950: si celebra l'Anno Santo, scoppia la guerra in Corea, l’ONU affida all’Italia la Somalia in amministrazione fiduciaria.

1951; la Libia diventa indipendente dall'Italia; nel mese di novembre, una spaventosa alluvione finisce col distruggere il Polesine.

1952: Elisabetta II succede al padre Giorgio VI come sovrano del Regno Unito (sarà incoronata nel giugno 1953).

1953: la Rai inizia le trasmissioni televisive in bianco e nero, muore il dittatore sovietico Stalin, scoppia a Roma il caso Montesi, con una bella ragazza trovata cadavere sulla spiaggia di Torvaianica e con implicazione, all’inizio, del figlio di un famoso uomo politico, poi risultato estraneo.

1954: muore Alcide De Gasperi.

Un percorso di conoscenza molto importante, a integrazione delle nozioni che erano inculcate a scuola, ma anche un forte stimolo a curiosare, informarsi, interessarsi e guardarsi intorno, sino ad acquisire la percezione consapevole di essere, in fondo, un granello, minuscolo e se si vuole millesimale, ma pur sempre vivo e palpitante, della collettività.

Quale segno ideale ma tangibile di ritorno a un’esperienza che serberò per sempre, con emozione e un filo di nostalgia negli occhi e nel cuore, ho in questi giorni cercato, trovato e ripassato le copertine di Epoca, Tempo e Settimana Incom illustrata di tanti lustri fa.