Salento, tra palloncini
e palloni gonfiati
Da ragazzino, me li divoravo con gli occhi, specie quando mi rendevo conto di non poterli acquistare, cinque o dieci lire era il prezzo per cadauno a seconda della dimensione, ma anche adesso che sono un ragazzo di ieri, continuano ad attrarmi e li guardo con simpatia abbinata a un pizzico d’emozione.
I semplici palloncini multicolori di sottile materia elastica e con minuscolo terminale a boccaglio per gonfiarli e dilatarli, tondi o giù di lì, eventualmente da legare a un filo per poi lasciarli volteggiare e librarsi leggeri, con lo sbocco, talvolta, d’abbandonarli completamente per ascese in alto, molto in alto e lontano, sino a scomparire nel misterioso immaginario.
Invece, non mi piacciono affatto, anzi li disdegno, i cosiddetti palloni gonfiati in senso figurato, di cui, anche se non si direbbe, se ne scorgono e incontrano in giro moltissimi, al punto d’appalesarsi vie più numerosi, in barba a qualsivoglia crisi.
Palloni gonfiati, purtroppo, ad ogni livello del contesto sociale, addirittura anche ai vertici delle istituzioni; con i loro atteggiamenti, danno sovente l'idea di dover letteralmente scoppiare da un momento all'altro, sullo schema della mitica rana della favola di Esopo.
Palloni gonfiati, dunque, senza controllo, senza ritegno e prudenza.
Qualche settimana fa, m’è capitato d’imbattermi in un esemplare del genere, in seno alle sequenze d'un talk show televisivo. Un bravo giornalista, composto, educato, insomma neppure minimamente d'assalto, cercava d’intervistare, strappandogli qualche parola, un uomo di mezz'età delle parti dell'Arno, colbacco sul capo e sigaro modaiolo in bocca, una figura, in fondo, comune, ove si escluda l’eccentricità dell'abbigliamento e salvo, soprattutto, d’essere padre di cotanto figlio.
Sta di fatto che il bravo operatore dell'informazione, nonostante il suo garbo, falliva completamente l’obiettivo, con l'aggiunta di finire vittima di derisioni e sberleffi spavaldi da parte del personaggio. Chissà, il suddetto, forse, si considera il più inavvicinabile, inaccessibile e irraggiungibile Santo dei Santi. E dire che, come si è letto e sentito, a suo nome e suo carico non mancherebbero alcuni peccatucci.
Dovendo fare compagnia e stare vicino a una mia famigliare, poco tempo fa ho trascorso mezza giornata nell’astanteria d’un ambiente o sito speciale. Luogo, purtroppo, non di confluenza o attracco per eventi ameni e felici, bensì di sbocco per guai seri, di quelli che cambiano la vita a chiunque ne diventi destinatario.
Ivi, presenze di tutte l’età, uomini, donne, giovani, anziani, vecchietti e vecchiette, indistintamente d'ogni ceto sociale, dunque un autentico spaccato, agevole accorgersene, d’umanità reale, convenuta per confrontarsi con pesanti problemi di salute.
E, tuttavia, in quell’universo di gente, traspariva una connotazione straordinaria, sotto forma di serenità, compostezza e determinazione nell'atto d’affrontare i drammi manifestatisi. Qua e là, segni esteriori delle tegole piovute addosso, cioè a dire copricapo o berretti o cappelli o coppole o turbanti, a coprire un determinato effetto delle terapie.
Ma a parte ciò, relativamente a tutti gli ospiti, compresi coloro che, a turno, andavano a sedere e sostare a lungo nelle stanze delle cure, dal volto e dagli occhi s’affacciavano, prevalenti, emozioni e tensioni orientate al positivo, segnali di spinta a credere in un risultato, un rimedio, risoluta determinazione a percorrere interamente la strada, ponendosi il traguardo del superamento o quantomeno del contenimento dei problemi.
Ammirevoli, quasi un simbolo, le immagini sfilatemi davanti, ove si tenga presente che si fa riferimento a questioni di salute non di poco conto, bensì estremamente delicate e, in certi casi, senza via certe per superarle e risolverle.
Ad ogni modo, negli animi di quelle sfortunate figure, prevale la fiducia e la voglia di recuperare. Una piccola grande realtà che consola e lascia sperare, al pari, se non maggiormente, delle stesse cure specifiche: adesso, sono anche i medici ad affermarlo apertamente.
Ho vissuto una mattinata particolare che mi ha lasciato il segno e fatto bene dentro. Cosi che, mi viene di suggerire d’imitare la mia esperienza. Sono questi gli scenari di vita e d’umanità che alimentano e tonificano, altro che le esibizioni e i teatrini dei vuoti palloni gonfiati in senso figurato.