San Severo, 'Slow Life': intesa tra Comune
e Italian Lifestyle Medicine Association.
Dal micro al macrosociale per avviare iniziative di sensibilizzazione del cittadino ad uno stile di vita più consono alle sue esigenze di vita, affinché accoglienza, salute, il rispetto di se e del bene pubblico diventino bandiera, e vanto dell’intera Comunità Europea e del resto del Mondo. Il professore Luigi Maselli, ricercatore medico dell'Harvard University e Presidende dell'ILMA (Italian Lifestyle Medicine Association), centro di studi di fama internazionale sulle malattie correlate agli stili di vita, ha scelto il MAT dell'Alto Tavoliere per presentare il progetto di 'Lifestyle Medicine: la scienza del cambiamento efficace'. Progetto spiegato nei dettagli nel manuale omonimo, e diventato base del protocollo d'intesa stipulato tra il Comune di San Severo e la stessa ILMA.
“Il manuale italiano”, spiega Maselli davanti la sala gremita del Museo celestino, “rappresenta una chiara testimonianza della volontà di portare il nostro Paese ad un livello socio-sanitario-culturale più elevato agendo nel microsociale attraverso l’opportunità di crescita per il singolo individuo informato sui vantaggi legati all'adozione di un corretto stile di vita, e nel macrosociale, interagendo con le Istituzioni (Università, Comuni, Scuole, Enti pubblici e privati, ecc…), e fornendo preziose collaborazioni avviate a iniziative di sensibilizzazione del cittadino. In una visione più ampia”, prosegue il ricercatore, “avviare quel processo virtuoso di cambiamento che rivaluta la 'Slow Life' tanto cara ai nostri saggi predecessori, potrà dimostrare la positiva incidenza sulla spesa pubblica, portata oramai al collasso. E in questo ambizioso quanto fattibilissimo progetto”, anticipa Luigi Maselli, “il Comune di San Severo si è dimostrato pronto e straordinariamente ricettivo. L’incontro di quest’oggi ha difatti suggellato un accordo di intesa tra la ILMA ed il Comune affinché venga avviato questo processo di cambiamento. Dietro il lavoro condotto finora dalla ILMA”, fa sapere il Presidente, “ho ritenuto opportuno proporre in sede universitaria dei Corsi Post Laurea in Lifestyle Medicine rivolti ai professionisti della Salute. Il primo Corso di Alta Formazione in Lifestyle Medicine”, aggiunge Maselli, “è tutt’ora in corso presso la Facoltà di Medicina ed Odontoiatria dell’Università “Sapienza” di Roma (la seconda edizione partirà a maggio), mentre all’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara partirà entro gennaio il primo Corso di Perfezionamento in Scienze della Salute e degli Stili di Vita. Lifestyle Medicine, aperto anch’esso a tutte le categorie sanitarie”.
Medicina, dunque, come stile di vita orientato alla prevenzione. Ma cosa significa in termini di incidenza sulla qualità della vita, e quali sono i riflessi sul fronte della riduzione dei costi sociali-sanitari?
“Individuare i comportamenti non salutari nella propria routine e in quella dei propri assistiti”, spiega Maselli, “rappresenta una delle più importanti determinanti nella prevenzione delle malattie e nella promozione della salute di tutta la Nazione. Questo è ciò che sostiene anche la Commissione Europea per la Salute che, durante l’ultimo meeting tenutosi nel febbraio dello scorso anno, ha sottolineato il ruolo chiave che la Lifestyle Medicine rappresenta nell’implementazione a lungo termine della Salute Pubblica".
"L’aumento dell’incidenza delle malattie croniche non trasmissibili ha instaurato un circolo vizioso in cui il cibo diviene spesso una ricompensa nel vano tentativo di ridurre lo stress ma di fatto alimentandolo ulteriormente; la crisi economica, dal canto suo, ha portato anche ad un peggioramento qualitativo dell’alimentazione; in questo scenario i poveri e i 'nuovi poveri', soprattutto i più giovani, tendono a orientare le loro scelte su alimenti a basso costo dal contenuto nutrizionale scarso compensato dall’alto contenuto calorico: i cosiddetti 'junk foods'”.
“L’OMS”, ricorda il professore, “ha lanciato da tempo un allarme mondiale in merito agli stili di vita. Uno stile di vita attivo, ad esempio, è determinato da una serie complessa di variabili sociali e individuali, ed è sempre più evidente come la sedentarietà, spesso associata a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente inappropriata, stia diventando un problema di salute pubblica, con un elevato carico di malattie e relativi costi sociali. Avere uno stile di vita attivo è un’abitudine influenzata da una serie complessa di variabili sociali e individuali; in alcuni casi, l’opportunità di praticare attività fisica bisogna crearla. Lo sviluppo di strategie che portino a un aumento della diffusione dell’attività fisica, attraverso l’attivazione di interventi efficaci, è un obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso politiche sanitarie mirate e condivise. Gli effetti positivi di una diffusa attività fisica a livello di comunità sono evidenti: in termini di riduzione dei costi della sanità pubblica, di aumento della produttività, di miglior efficienza nelle scuole, di una riduzione dell’assenteismo sul lavoro, ma anche relazionali. Uno stile di vita sano basato su una corretta alimentazione e un idoneo programma di attività fisica regolare, rappresenta il modo più efficace ed economico per mantenersi sani: in Italia, secondo la Società Italiana di Medicina Generale, si può ridurre di oltre 3 miliardi l'anno la spesa sanitaria pubblica”.
Quali riflessioni suggeriscono le ultime analisi statistiche sul tema? “Il 75% di tutti i decessi in Europa”, evidenzia il Presidente ILMA, “sono attribuibili alle malattie croniche. È quanto riferiscono Oms Europa e Unione europea nel final report sulla Sorveglianza integrata delle malattie croniche (Integrated surveillance of Noncommunicable diseases, iNCD), progetto pensato per valutare lo status quo relativo ai dati e agli indicatori su queste patologie nell’ambito dei database europei. Il documento, pubblicato a giugno 2015, mira a fornire esempi di buone pratiche a livello nazionale internazionale nel monitoraggio delle malattie non trasmissibili e a presentare data set e strumenti di visualizzazione dei dati innovativi.
Per l’Italia, questo gruppo di malattie è responsabile del 75% delle morti e di condizioni di grave disabilità. Le patologie croniche – malattie cardiovascolari e respiratorie, tumori, diabete - hanno in comune quattro principali fattori di rischio: fumo, abuso di alcol, cattiva alimentazione e inattività fisica. A questi dati si aggiungono le più recenti statistiche che parlano del forte impatto sull’incidenza della patologia cronica rappresentato dal rischio psicosociale, inteso come difficile condizione economica, relazionale e di benessere percepito. ('The relationship between psychosocial risk factors and health outcomes of chronic diseases: a review of the evidence for cancer and cardiovascular diseases -2015)'.
E’, pertanto, necessario e urgente avviare azioni concrete per contrastare questi fattori di rischio, investendo nella prevenzione o ancora meglio sulla promozione della salute, cioè sulla capacità di trasferire competenze e imparare a gestire in autonomia i determinanti della propria salute. Così facendo contribuiamo a diffondere una visione innovativa della “salute”, che non può più essere responsabilità esclusiva dei medici e degli altri operatori sanitari, ma deve diventare obiettivo prioritario per tutti. Questo approccio consente anche di affrontare meglio la questione delle persistenti disuguaglianze sociali e di ridurre il problema dei crescenti costi di assistenza delle malattie croniche, uno degli elementi critici del nostro sistema sanitario. Non trascurabile in un momento di crisi economica e di cambiamento come quello che stiamo attraversando, la questione della percezione dello stress e delle ricadute che esso ha in termini di comportamenti dannosi, che vengono assunti dalle persone per far fronte alla percezione di minaccia alla propria sicurezza”.
“Il futuro non può essere migliore se non agiamo subito. Secondo la World Health Organization (OMS), il 70 per cento di tutte le patologie nel 2020 saranno dipendenti dallo stile di vita ovvero inattività, nutrizione, sovrappeso, depressione. In base a studi effettuati a livello internazionale, si è riscontrato che i costi economici legati all’obesità e al sovrappeso rappresentano dal 2 al 7 per cento dei costi sanitari totali. Anche in Italia si discute di misure contro la cattiva alimentazione, nonostante la nostra tradizione a tavola sia famosa in tutto il mondo. Ma, ormai, l’obesità è ritenuta la vera epidemia del futuro con forti ripercussioni sui costi sanitari e sociali. Quali sono le conseguenze di obesità e sovrappeso sulla salute? I principali problemi di salute associati a questi fenomeni sono noti e intuitivi, come il Diabete di Tipo 2, le malattie cardiovascolari e l’ipertensione, le malattie respiratorie, ma anche problemi psicologici e alterazione della qualità della vita”.
Che tipo di intervento educativo, nel tempo, è risultato mostrare più efficacia?
“Gli interventi più efficaci sono quelli multidisciplinari, che sono in grado di dare motivazione e inducono un cambiamento nella percezione del proprio potere personale di incidere sulle scelte giornaliere. Ma non basta agire sul singolo individuo, è infatti essenziale agire sugli ambienti di vita e lavoro favorendo strategie di alimentazione e movimento quotidiano,oltre che strategie di rilassamento e gestione dello stress. Infine, la cosa più importante è che sapere la teoria non basta, così come non basta l’informazione. Per acquisire un nuovo stile di vita, bisogna “fare” in prima persona e per avviare il cambiamento è necessario trovare nella comunità di appartenenza percorsi facilitanti. Piste ciclabili, zone per il tempo libero attrezzate, luoghi di ristoro abituati a fornire centrifughe di frutta e verdura a basso costo, invece di privilegiare bevande zuccherate e a scarsa funzionalità. La base di riferimento per stili di vita sani parte da un buon livello di consapevolezza, di gestione appropriata delle proprie emozioni e dei propri meccanismi di ricompensa. La famosa tecnica “ Learning by doing- Imparare Facendo “resta la più efficace. Forse abbiamo perso il contatto con la manualità, a partire dalle scuole. Quindi tutto parte da crearsi obiettivi accessibili e perseguirli a tappe, reimparando l’autoefficacia, che fa sempre parte delle Life Skills promosse dall’OMS come base di partenza per scelte sane e rispettose del proprio progetto di vita”.
Quali obiettivi si pone la stesura di un libro su questi temi, e nell'ambito di un piano di intervento educativo più ampio?
“Il contenuto del libro 'Lifestyle Medicine: la scienza del cambiamento efficace' offre oggi uno dei migliori approcci alla salute per l’uomo del terzo millennio; una visione interdisciplinare dalla comprovata efficacia scientifica e dall’ampio spettro d’azione, che attinge alle conoscenze della Medicina, delle Scienze Psicosociali, della Biologia e della Salute Pubblica, e punta ad un’unica direzione: il bene comune.Sulla scia degli incoraggianti risultati ottenuti con i colleghi d’oltreoceano attraverso l’adozione dei protocolli di Lifestyle Medicine per il trattamento e la gestione delle malattie in ambito di Sanità pubblica e privata, opera peraltro promossa per la prima volta dall’American College of Lifestyle Medicine (ACLM), abbiamo avviato attività di educazione e formazione degli operatori della salute al fine di migliorare la conoscenza della Medicina dello Stile di Vita, nonché la promozione nella classe degli educatori universitari, attraverso modalità didattiche innovative e ancora più partecipative che ne consentano una più immediata fruizione.
L’intento di quest’opera è dunque quello di fornire sia al Professionista della Salute che al pubblico, un mezzo pratico e di pronto utilizzo per conoscere, organizzare ed eventualmente correggere le abitudini di Vita proprie e dei propri assistiti”.
Sul fronte dello sviluppo di nuove cure e di nuovi farmaci, che tipo di spunti, se vi sono stati, siete stati in grado di acquisire?
“Come già sottolineato, la Lifestyle Medicine è una disciplina clinica riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo e che sempre più di frequente viene affiancata alle cure convenzionali, benché non simpatizzi molto con le prescrizioni di farmaci. Uno dei suoi principali scopi è difatti quello di eliminare, laddove possibile e opportuno, o perlomeno ridurre, l’assunzione di farmaci da parte del paziente. Il consumo eccessivo di farmaci da parte del paziente e il ricorso a cure mediche, esami e intervento clinici costosi, rappresentano dei parametri di riferimento fondamentali per la valutazione dello stato di salute di un Paese e forniscono dati certi sulla situazione economica dello stesso. Un lavoro di ricerca finanziato dal Ministero della Salute Italiano, avviato dal 2012 ed elaborato dalla Divisione Salute dell’OCSE di Parigi,ha portato all’attenzione dell’intera opinione pubblica (o dei pochi che se ne sono curati di farlo) la tragica situazione in cui verte il nostro Sistema Sanitario Nazionale, il cui risanamento delle finanze occupa oggi la massima priorità, così come quello di puntare su un modello di sistema sanitario basato sulla prevenzione e gestione delle patologie croniche, le principali ad incidere pesantemente sul bilancio pubblico. Da ciò nasce l’importanza di conoscere ed attuare i protocolli della Lifestyle Medicine, basati su un metodo strutturato e comprovato scientificamente, ove il fine ultimo è quello di migliorare la qualità della vita del singolo utente e della comunità alla quale appartiene. L’uso dei farmaci è pertanto lasciato a competenza di altre branche della scienza medica”.
(inesmacchiarola1977@gmail.com)