PugliaItalia
Sapori ‘estremi’ e autoctoni
sull'asse Puglia-Sardegna
Il galletto barese spicca il salto dal fondo dei piatti tradizionali dell'artigianato tipico pugliese, per farsi banderuola segnavento sui cupolini e campanili locali, per segnare una "folata" di profumi nuova nel dialogo migrante e migratorio, che da sempre investe le coste e l'entroterra di Puglia.
Un flusso, questa volta, dalle coordinate insolite: perché non tarato sulle rotte usuali e disperate Nord-Sud, ma su quelle da sempre più innovative e cariche di "luce esplorativa" tirate sull'asse Est-Ovest.
Un gioco di sponda "estremo" tra le vere e proprie ali ad Est ed Ovest del Paese, tra la Puglia e la Sardegna: i fari che guardano da un lato alla 'virtute e canoscenza' delle Colonne d'Ercole, e dall'altro alla prospettiva senza fine di Marco Polo verso il lontano Oriente.
L'incrocio si realizza su quella piattaforma-torpediniera rappresentata a Bari dal "Cantiere del Gusto", al comando del "nocchiero-cicerone" dei sapori, Roberto Capobianco, e con la complicità di due "nostromi" se non di lungo corso, di accertata passione eno-gastronomica, Simona Giacobbi e Gianvito Magistá.
Regioni e comunità a confronto abituate ad essere attraversate da venti, correnti e viaggiatori di ogni sorta; circondate dal mare, ma segnate più dal sole e dal carattere contadino dei loro pastori, che dal sale e dallo spirito avventuriero dei loro marinai-pescatori.
Terre e caratteri antitetici e nel contempo complementari, con sguardi proiettati verso gli opposti orizzonti più che verso la comune radice italica. Approdi moreschi con taglio mediterraneo, con influenza "catalana" da un lato e "bizantina" dall'altro, che ai trionfi di crudo e molluschi sul versante levantino, contrappongono gli arabeschi tentacolari di crostacei d'ogni genere e di bottarghe d'ogni specie.
E se su un fronte si e artisti gastronomici con le interiora di pesce, la selvaticità del cinghiale, la tenerezza del "porceddu" e la carta da musica del pane carasau, la risposta "per le rime" dal Tacco è declinata e affidata ai "torcinelli e ngnemm'ridd" di agnello o di capra, ai capocolli della Valle d'Itria e musciscke del Gargano, nonché alle preziose pergamene benedettine miniate nei raffinati "scriptoria" medievali pugliesi.
Grandi spazi rocciosi in Sardegna - 1,7milioni di abitanti su un territorio di 24mila km² e grandi distese pianeggianti in Puglia - 4,1milioni di abitanti su 19.500 km². Quindi, si parte dal mare per raggiungere nell’entroterra il cuore di antiche tradizioni, spesso comuni, ma cariche di forza e delicatezza tipiche delle rispettive realtà territoriali.
Al profumo di mare dei crostini con bottarga di muggine, crema di fave e uova di lompo esaltati con delicatezza dalle bollicine dell’Aristanis rosé della Cantina della Vernaccia di Oristano, il cui perlage è deciso e ritmato come il canto tipico dei Candareri, fa da contraltare l’acuto del guanciale senza conservanti, al pepe Sarawak e miele di corbezzolo con gherigli di noce, del Salumificio Giannelli dei Monti e Colline Dauni, che agli espedienti chimici preferisce la genuinità di prodotti naturali come il miele, il vino, l’aglio e il peperone dolce. Acidificanti, antibatterici e antiossidanti, che rendono i salumi microbiologicamente stabili e sicuri nel tempo.
Un bouquet di prodotti che Raffaele Giannelli presenta in tutta la loro caleidoscopica ricchezza di colori, aromi e sapori: dal prosciutto crudo stagionato 36 mesi, alla salsiccia dolce e piccante; dal cuor di pancetta, al cosiddetto Salame del Sud (un salame a punta di coltello, con finocchietto e peperone crusco, al Nero di Troia), e il capocollo dauno al vincotto. Fino a sposare, in un abbraccio rutilante, il Lardo al Nero di Troia col pecorino Fiore Sardo, presidio Slow Food, servito caldo sulla “carta da musica” del pane carasau.
Ad accompagnarli il rosso Don Efisio, con uve Monica di Sardegna, che fa da anfitrione anche ad un’altra accoppiata nobile della serata: il Pane carasau con mozzarella di pecora della Masseria Calcara di Altamura (Ba) e la passata di pomodoro dauno arricchita con crema di pecorino dell’azienda Bussu Formaggi Biologici, presidio storico nell’incantevole altopiano di Campeda-Macomer (Nu), nel cuore della Sardegna.
E dalla passione autoctona della famiglia Bussu, che da più di 50 anni alleva pecore di razza sarda arrivano due specialità-sorpresa per gli ospiti di Roberto Capobianco: il “callu de cabrettu” (caglio di capretto), un formaggio pressoché introvabile nella stessa Sardegna, che appartiene alla tradizione di quei pastori e che nasce nello stomaco del capretto lattante; chiuso alle estremità con una corda e fatto stagionare con tutto il suo contenuto, è - in pratica - l’ultima poppata di latte materno. Una volta diventato ricotta veniva poi tagliato dai pastori con una lametta e spalmato sul pane carasau, per gustato durante le trasferte al pascolo. Un formaggio dal sapore deciso e forte, molto simile alla ricotta shquanta pugliese. Mentre l’altra sorpresa - per rimanere in tema – si materializza in una crema nata dal formaggio Bussu con i vermi, il cosiddetto “formaggio punto”.
Con tale forza decisa di caratteri e di sapori Majanca e Magliano, i rossi dell’Azienda Vinicola ‘Il Tuccanese’ di Leonardo Guidacci - Orsara di Puglia (Fg), sono l’abbinamento più appropriato, per sottolineare le comuni tradizioni “transumanti”, la cui vena autoctona trova una particolare affinità in questo Tuccanese: un vitigno quasi perso, nato da un clone di Sangiovese calabro, attecchito nel fondo argilloso e calcareo del Subappennino Dauno.
Il finale “dolce”, al limite della sensualità, è un vero inno all’identità rupestre pugliese. Una colomba pasquale - della Pasticceria artigianale Casoli di Nicola Mecca e Lucia Casoli a Troia (Fg) - farcita con ‘la Passionata’: la creazione con l’amalgama di tre tipi di ricotta, bufala, mucca e pecora, su un delicato biscuit mediterraneo all’arancia, ricoperta di marzapane di mandorle di Toritto.
Venti e “canti a tenore” dai nuraghi di Sardegna, che attraversano la luce e le armonie architettoniche di Puglia, per conquistare palati e stimolare contaminazioni culinarie e combinazioni eno-gastronomiche. Nell’omphalus barese del Cantiere del Gusto è successo. Ripeterlo, è una sfida aperta!
(gelormini@affaritaliani.it)