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Situazione a Brindisi
La lettera di A. Carito

La lettera di Antonio Carito - Brindisi

La lettera di Antonio Carito - Brindisi

Recentemente è stato ribadito un  concetto che dovrebbe essere alla base di tutte le amministrazioni, per intenderci quello che diede origine alla "Bassanini", cioè un rapporto chiaro (ognuno nelle proprie prerogative ben distinte e separate) tra rappresentanti politici (eletti) e dirigenti pubblici. Il problema è che, evidentemente qui da noi si è creato un corto circuito tra controllori e controllati, unito al fatto che non riusciamo ad esprimere una classe dirigente (politica ma non solo) che sia realmente tale. I motivi sono molteplici e non sempre nobili.

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E' indubbio che il problema esiste (non si spiegano diversamente tante cadute di Sindaci e relativi commissariamenti).  D'altra parte se è pur vero che siamo una cittadina di circa 90.000 abitanti, è altrettanto vero che sul nostro territorio insistono interessi economici nazionali e sovranazionali che vanno ben al di là di ciò che potrebbe essere una normale cittadina di 90.000 abitanti. Siamo una città piccola ma che ospita interessi enormi, interessi che non sono governati dalla città ma che la città subisce.

A dire il vero la città (intesa come amministrazione) non governa nulla, non il porto, non l’aeroporto, non l’area industriale, non i trasporti, quasi nessuno degli enti di 2° grado, di certo non la Sanità, per quanto ovvio sappiamo bene le norme che regolano la autonoma gestione di tali settori, ma è altrettanto vero che una amministrazione comunale non può restarne del tutto estranea, quanto meno dovrebbe esercitare una costante azione di Moral Suasion. Senza il concorso degli asset prima citati (fondamentali per lo sviluppo economico/sociale), l’amministrazione comunale  diventa una semplice amministrazione di condominio ma con l’aggiunta di dover affrontare problemi quali disoccupazione/disagio sociale e quant’altro.   

Un aspetto fondamentale sarebbe quindi quello di un più corretto e fruttuoso rapporto con gli insediamenti produttivi e di servizi che Brindisi ospita. E' accaduto (esagerandone il paragone) ciò che solitamente accade nei Paesi del Terzo Mondo, si fanno grandi insediamenti (non entro nel merito “ambientalista” non è questa la sede ed è un punto sin troppo controverso)  ma al di fuori di essi continua a regnare il degrado, cioè non vi è un reale impegno sociale da parte delle aziende che aiuti la comunità a crescere, ne tantomeno le varie amministrazioni (al pari del mondo dell’impresa e del lavoro) hanno colto appieno  le opportunità di crescita che questi insediamenti potevano offrire, vi è stato solo sfruttamento del territorio ed altro che è meglio non decifrare.

E’ palese che ciò è stato possibile, almeno in buona parte, grazie ad una  politica (intesa in senso lato) corrotta o se non corrotta quantomeno ignorante, frutto a sua volta di un tessuto sociale (che coinvolge indistintamente tutti i settori non solo quello toccato dalla povertà)  alla ricerca  di un comodo posto al sole, chiamiamolo come  vogliamo: clientelismo , stato di necessità , influenza di fattori esterni più o meno legittimi, criminalità ,  il risultato non cambia.  La città ha avuto uno sviluppo urbanistico quanto meno “folle” ed oggi è una enorme periferia in cerca di un centro.   

Le sedi di confronto tra politica e società  si sono spostate dalle sedi istituzionali ai luoghi della “mondanità” lì ove occorreva visibilità (visibilità ben pilotata per fare credere ciò che non era) ,  oppure a quelli della clandestinità , in entrambi i casi , un sottobosco di relazioni trasversali che di fatto hanno emarginato la città (la comunità) e ha visto tutelati solo interessi particolari.

Quello che mi chiedo è: se tutto ciò è accaduto (e parliamo di un lasso di tempo molto molto ampio, circa un trentennio) significa che è stato per qualche ragione tollerato oppure che rispondeva a interessi innominabili ?? anche quando il sistema malato è stato colpito, si è poi replicato in tutta fretta,  e per cortesia non mi si parli di assenza di senso civico da parte dei cittadini,  i cittadini in genere sono come li educhi, come li governi, come i servizi che gli offri. 

Ecco allora che, il difficile ruolo al quale la gestione commissariale  è stata chiamata assume,  per il futuro della nostra comunità, una importanza fondamentale che non risiede tanto, o meglio non solo , negli aspetti pratici di una buona amministrazione quali erogare correttamente i servizi che i cittadini pagano (questo in situazioni normali dovrebbe essere il minimo sindacale) ma bensì nel riportare i cittadini a sapere distinguere ciò che è morale da ciò che è immorale.

Il vero dramma di questa città è che non è preda della immoralità ma bensì della amoralità, vale a dire non si sa più distinguere il bene dal male e questo è molto più grave dell’essere immorali, un immorale sa la distinzione tra il bene e il male e quindi si spera che si possa redimere, l’amorale vive un mondo tutto suo, inconsapevolmente al di fuori di ogni regola di civile convivenza.

E’ evidente che, la città non ha in sé gli anticorpi necessari per tornare quantomeno alla “normalità” , la rete di connivenze (ad ogni livello) è sin troppo diffusa,  parte della politica nostrana (fortunatamente non tutta) è arroccata a difesa di interessi particolari  che impediscono il realizzarsi di quegli interessi generali e di ampio respiro che la politica dovrebbe invece tutelare e rappresentare.

Gli organismi di rappresentanza delle imprese/dei lavoratori/delle professioni,  hanno talvolta mutuato il sistema della politica,  praticamente assente quella che si usa definire “borghesia illuminata”, è vero esiste un diffuso “associazionismo”  ma nelle sue rappresentazioni è a volte  più  simile ad una “corte dei miracoli” che ad altro (vedasi eventi).

Abbiamo bisogno della gestione commissariale, forse il periodo che ha a disposizione (ma direi senza forse) è troppo breve.  La mia speranza è quella che isoli vecchi e nuovi “Baroni” (quelli, sempre gli stessi a loro agio in ogni stagione),  e dia valore alle tante nascoste risorse di cui la città dispone ma che troppo spesso sono state ignorate o mortificate. Ecco che allora, la buona gestione della accoglienza crociere,  assume un valore di fiducia. 

Enfatizzare oltre misura (come talvolta fanno i giornali locali) non serve a nulla (vedasi rifiuti e turismo ), crea aspettative esagerate, rasenta la piaggeria, ci fa apparire all’esterno come una manica di idioti provincialotti, a mio avviso,  in questa fase è meglio : testa bassa e pedalare. Nell’attuale contesto, per la gestione commissariale avere la collaborazione di buona parte della stampa locale è certamente utile,  sarà ancor più utile se gli operatori dell’informazione non rinunceranno allo spirito critico lì ove occorra criticare.

Ne siamo tutti coscienti.  Il compito che il commissario e i sub commissari hanno di fronte è difficilissimo,  è ovvio che servono, al di là del loro personale coraggioso impegno, interventi strutturali,  alcuni dei quali impopolari, che necessitano di apporti  concreti da parte dello Stato  in termini di sicurezza, controllo del territorio, giustizia, adeguati servizi, risorse (anche la Regione è stata troppo assente dal nostro territorio).

Certo, una domanda da semplice cittadino me la pongo: ci saranno pur dei responsabili del disastro in cui la città è precipitata, è persino banale l’affermare che la struttura che doveva controllare era quanto meno alquanto distratta o inefficiente. Accogliamo con entusiasmo il cambiamento che è in atto (vedasi ad esempio la questione rifiuti) , ma qualcuno pagherà per tutti i danni prodotti  in passato ??.

Se va a finire con il solito “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”, allora cambierà ben poco, una volta che la struttura commissariale andrà via, l’antico sistema riprenderà immediatamente vigore.  Non potrebbe essere diversamente, i dirigenti (parlo di classe dirigente in generale)  saranno sempre quelli, parte dei  consiglieri comunali idem.

D’altra parte non può essere un cittadino o un Partito a stabilire se una persona ha o meno la legittimità di candidarsi, il cittadino può non votarlo, un Partito può non candidarlo ma ciò non inficia la legittimità a candidarsi (alla fine un Partito lo troverà, se non un partito una lista civica), quindi spetta ad altre Istituzioni il valutare o meno se una data persona è legittimata a candidarsi, ma sappiamo bene che, in assenza di condanne o procedimenti giudiziari tutti possono candidarsi.

Se nessuno paga per gli errori del passato (Dirigenti/Imprenditori/Faccendieri/Politici), se i vari consiglieri comunali protagonisti di stagioni non proprio nobili,  hanno tutti l’opportunità di ricandidarsi e quindi di ritornare a condizionare il consiglio comunale, scusate, ma allora se non vi è nessun colpevole vuol dire che la città non è vittima del malaffare (come pareva ipotizzare il Presidente Emiliano), ma di idiozia allo stato puro o di clientelismo di bassa lega (da peccato veniale) o più semplicemente di indolenza ad ogni livello, in quest’ultimo caso sarebbe sufficiente il ritrovare il senso della responsabilità, della appartenenza (non di certo inteso come becero campanilismo), rimodulare i criteri di rappresentatività, stimolare la partecipazione attiva  .

Sono portato a credere che, il nemico peggiore che la struttura commissariale dovrà affrontare non sia tanto la criminalità, la corruzione, il malcostume, su questi fronti il Commissario Prefettizio e i suoi collaboratori  hanno una tale comprovata esperienza, personalità, autorevolezza, determinazione, che sanno bene come affrontarli (certo non da soli) , il pericolo maggiore credo risieda nella nostra atavica apatia.   

Apprezziamo i  provvedimenti sin qui presi  (molto importanti per la nostra quotidianità), nel contempo auspichiamo quelle decisioni, quelle scelte radicali che oggi come oggi è utopistico pensare che possa farle un Sindaco, eccetto se non ha con sé l’apporto di tutte le altre istituzioni, sono troppo forti le   “questioni ambientali” e troppi i retaggi da superare. 

Per quanto ovvio, ci auguriamo di non ritrovarci con il via libera a insediamenti produttivi e di servizi che la città non può e non vuole accogliere, sarebbe un nefasto ritorno al passato. Una compagine commissariale di così alto profilo ci lascia sperare che i problemi (sempre in concorso con le altre Istituzioni, quel concorso che forse in passato non vi è stato o non è stato sufficiente) vengano finalmente affrontati alla loro radice, ne vengano estirpate le cause, qualora ciò non dovesse accadere, la gestione commissariale sarà solo una bella parentesi ed avrà ragione chi afferma che, al migliore dei commissariamenti è preferibile il peggiore dei consigli comunali, quanto meno ci si evita illusioni.

Antonio Carito