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Taranto, "Di quella
pira, l'orrendo foco..."
Mario Pennuzzi
Un acre odore di fumo avvolgeva tutto bruciavano insieme cataste di legna, vernici di mobili ed ogni sorta di rottame, le finestre sbarrate ed un picco di diossina talmente alto che neppure Sandro Marescotti sarebbe riuscito a misurare la città brucia?
No, questa non si è trattato della Roma antica dove Nerone con la sua cetra festeggiava il dio fuoco rinnovatore, che bruciava i quartieri poveri e malfamati per far posto alla sua splendida dimora, no questa è solo la Taranto di S. Giuseppe che festeggia il più pagano di tutti i santi, che rinnova i propri baccanali.
Eppure queste storie qualcosa in comune ce l’hanno, in entrambi i casi si festeggia il fuoco: le pire sono state preparate con cura un lavoro di settimane, continuo, accurato, certosino, sono state portate le sedie per gli spettatori, le “fornacette" per i panini con la salsiccia, i chioschetti per la birra, le autorità avevano ricevuto per tempo le segnalazioni, tanto per tempo che si sarebbe persino potuto rilasciare regolari permessi In entrambi i casi il fuoco è il testimone della decadenza di una città che è stata grande ma che vive una infinita ed inarrestabile caduta.
Una caduta che tutti accettano come ineluttabile. Il popolo lo si può accontentare “panem et circenses“ proponevano gli antichi imperatori, qualche sussidio sociale e qualche buona festa oggi.
Nelle periferie delle nostre città, (purtroppo Taranto non è un esempio isolato) lo stato si è già arreso: non parliamo solo della sporcizia imperante, qui c’è chi costruisce abusivamente sui marciapiedi, le scuole vengono abbandonate e poi saccheggiate, come pure ha raccontato in un bel reportage Alessandro Leogrande, le caserme dei carabinieri assaltate perché hanno eseguito degli arresti. Lo Stato indietreggia, si estende la terra di nessuno.
Ma forse non è così, forse mi sbaglio ed è peggio, perché in questo secondo caso questa terra è già stata occupata.
Come è noto per qualche anno anch'io ho fatto parte della della amministrazione di questa città: ci avevo creduto, ritenevo che un cambiamento ci potesse essere- ed ora mi duole nel costatare che forse l’unica cosa fatta e riconosciuta in questi ultimi trent'anni sia stata la riparazione di una fontana neppure troppo antica?Possibile?
Ed intanto il consiglio comunale, un consiglio - bisogna ricordarlo - vicino alla sua naturale scadenza, si vota solo tra un anno, un consiglio nel quale continua ad esercitarsi l’arte del cambio di casacca, sia fermo a discutere di chi debba essere assessore e poco più.
Politica se ci sei batti un colpo.
Democrazia se esisti fa un miracolo.