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Taranto, Francesco Guida e l’illuminismo di Giovan Battista Gagliardo
Un nuovo lavoro storico di Francesco Guida indirizzato a ricostruire vita, pensiero ed alcune opere di Giovan Battista Gagliardo: prete illuminista tarantino.
Un nuovo lavoro storico di Francesco Guida, questa volta indirizzato a ricostruire la vita, il pensiero ed alcune opere, più che inedite dimenticate di questo prete illuminista tarantino, Giovan Battista Gagliardo, che fu tra i protagonisti di una stagione di cambiamento e di lotta per la libertà che le armate francesi introdussero in tutta Europa, a cavallo tra la fine del settecento e gli inizi del novecento.
Una rivoluzione che nel tumultuoso evolversi degli eventi si affermò, mutò più volte, si esaurì e fu sconfitta. “Cadde risorse e giacque”, come avrebbe scritto Manzoni a proposito della epopea Napoleonica, ma poiché era portatrice di vera gloria ha lasciato tracce profondissime, efficaci e vitali anche quando disconosciute nella cultura Europea.
Ma come penetrò questa cultura e questo anelito di libertà in terre che, pur importanti nella storia e nella cultura, erano ormai marginali nello svolgimento degli avvenimenti della grande politica europea? Come attraversarono il Regno di Napoli ed ancor più i territori periferici di questo regno, dalla Terra d’Otranto alla città di Taranto, quest’ultima erede di un glorioso passato, ma ormai una piccola città?
Attraverso uomini di grandi qualità e cultura, che ebbero solo due colpe: quella di essere nati ed operare in una realtà secondaria e quella di essere stati sconfitti. A Taranto il pensiero rivoluzionario giacobino ed illuminista di quel tempo incontra due grandi personaggi: l’arcivescovo Giuseppe Capocelatro e il prete illuminista Giovan Battista Gagliardo, entrambi insieme ecclesiasti e massoni, un apparente ossimoro reso tale dalla condanna della Chiesa delle idee massoniche, ma chiari testimoni di una sorgente culturale che spingeva gli intellettuali dell’epoca verso gli ideali racchiusi nella parola-motto d’ordine: “Libertà, Eguaglianza, Fraternità”.
Francesco Guida in questi anni ci ha abituati a lavori di storia accurati e scientifici, di lavori che mettono insieme la conoscenza delle fonti letterarie del tempo e di quelle posteriori a fianco di una certosina opera di scavo nei meandri degli archivi, ma soprattutto hanno il pregio di esplicitare l’ottica con la quale si è effettuato lo studio.
Nessuna opera storica può - ma io ritengo: neppure deve - tentare una ricostruzione totale e perfetta dell’epoca e dei fatti che esamina, quanto fornire piuttosto una mappa mentale necessaria, che indirizzi la ricerca, mostrando da che punto di vista si vuole osservare il mondo.
La ricerca di Francesco Guida ha una bussola di riferimento che è la storia, accompagnata dalle idee di una comunità di uomini associata nella massoneria, o che a quelle idee facevano riferimento. La biografia del Gagliardo ben si presta ad esplicitare quest’ottica, sia per aver egli combattuto e pagato un prezzo per quegli ideali, sia per aver avuto conoscenza e frequentazione con la grande intellettualità progressista napoletana e francese.
Difficile dire quanta parte di quella semina ha germogliato, certo al momento quel popolo - per cui i rivoluzionari si battevano - non era pronto. Ma Gagliardo opera anche su un altro terreno, che è quello pedagogico: rendere il progresso uno strumento utile, non solo una fonte di elevazione sociale e culturale, ma anche uno strumento per innalzare le condizioni di vita delle popolazioni. Gli studi e le pubblicazioni sull’agricoltura ne sono un esempio. L’altro fronte è la elevazione spirituale sul terreno dell’etica.
I due saggi che Guida propone in appendice al suo volume (un’appendice assai più vasta del saggio introduttivo), mostrano chiaramente il lavoro di operatore culturale a tutto tondo del Gagliardo, in un’opera di traduzione dal francese di due opere di Jean-Baptiste Chemin-Dupontes, che affrontano il tema della esistenza di una morale umana universale, ovvero valida sempre e comunque al di là dello sviluppo storico delle società, della cultura e persino dei credi religiosi.
Non una nuova morale, ma l’esistenza di una morale sempre valida. Il tema non è nuovo, già Platone nel “Eutifrone” si interroga se ciò che è morale lo è perché così piace agli dei, o viceversa piace agli dei poiché è morale. Nel primo caso le differenti scelte religiose determinano, negli uomini, la scala di valori su cui si esercita la loro morale, nel secondo caso i valori umani prescindono dal credo religioso. Per far questo Chemin -Dupontes realizza un’antologia del pensiero morale, che mette insieme il pensiero greco e quello cinese, Gesù Cristo e Maometto, Gesù Cristo ed il Corano. Le differenti credenze religiose non intaccano i principi fondamentali della moralità.
Questo tema dell’origene, per altro, mantiene una sconvolgente attualità, cito il nostro Gagliardo: “Non crederò giammai che l’esercizio della religione possa produrre conseguenze funeste alla libertà. Infatti, i due aspetti sono separati: la liberà ha una sola garanzia... la Morale Universale, che non cambia giammai”.
Al contrario la destra Americana, ancora nel 2004 (a testimonianza delle radici profonde del trumpismo in quella società), presentò una proposta di legge che affermava che nessun atto delle autorità, fondato sul “riconoscimento di Dio come fonte sovrana del diritto, della libertà o del governo”, possa essere dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema.
Insomma un rovesciamento del principio di liberà illuminista, fatto proprio dal Gagliardo, che con la formula più moderna - espressa qualche anno or sono da Gustavo Zagrebelsky - affermava che i principi della morale sono tali solo se hanno valore, anche nel caso in cui Dio non esistesse. Lo studio della storia ci riporta alle origini del principio di libertà.