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Taranto, Salvatore Romeo 'L'acciaio in fumo': parabola d'una città
Appena uscito nelle librerie per Donzelli editore “L’acciaio in fumo” il libro di Salvatore Romeo sulla vicenda della industrializzazione della città di Taranto
Appena uscito nelle librerie per Donzelli editore “L’acciaio in fumo” il libro di Salvatore Romeo che ricostruisce la vicenda della industrializzazione della città di Taranto dalla fine del conflitto mondiale ai giorni nostri, che costituisce una indubbia novità editoriale nel panorama pugliese e meridionale.
Sul tema del rapporto della città di Taranto con la sua fabbrica - che è tuttora la più grande acciaieria d’ Europa, creata nell’ambito dell più grande ed ambizioso tentativo di modernizzare il Mezzogiorno d’Italia, attraverso una industrializzazione forzata, ma che si è rivelato il più grande fallimento delle politiche di sviluppo ed il più grande disastro ambientale del nostro Paese - in questi anni si è scritto moltissimo. Su questo sono stati versati fiumi d’inchiostro, articoli, saggi, inchieste romanzi, studi sulla politica culturale,analisi sugli orientamenti politici, sull’impatto urbanistico ed ambientale, i riflessi sulla psiche delle forzature ambientali, tutto è stato affrontato e tuttavia uno studio complessivo come questo non era stato ancora realizzato.
Vi è una parabola che ha visto la città di Taranto essere dapprima speranzosa ed orgogliosa del processo di modernizzazione che l’attendeva, per poi costatare il completo fallimento della prospettiva. Matteo Pizzigallo (storico dell’industria, e docente nell’università di Napoli, recentemente scomparso), in un suo saggio degli anni 80 ha ricostruito il dibattito e la storia amministrativa, che ha portato alla nascita del centro siderurgico di Taranto, in un saggio che già nel titolo parlava di “fabbrica promessa”. Ma ben presto la promessa mostrò l’altra faccia della luna quella terribile faccia nascosta, il costo in vite umane: le centinaia di morti sul lavoro prima, il disastro ambientale , e i danni sulla salute dopo.
A ben vedere anche i risultati economici non sono stati quelli che in prospettiva ci si aspettava, la grande fabbrica ha prodotto lavoro, occupazione e ricchezza per un certo numero di anni, ma si è mangiata il futuro, ha letteralmente divorato le altre possibilità del territorio, e sta lasciando un terra piagata ed impoverita, una popolazione affranta.
Nel 1977 alla fine dei lavori di raddoppio con una logica che aveva però il limite di guardare quasi soltanto ai temi occupazionali, si immaginò di avviare una diverso sistema economico della città attraverso una diversificazione che portasse progressivamente al superamento della monocultura siderurgica. Fu un tentativo per molteplici cause fallito e la città cominciò a perdere la speranza nel futuro, il declino della siderurgia, le privatizzazioni, le sconfitte del movimento operaio fecero il resto.
La settimana scorsa un lungo corteo che voleva protestare per gli effetti tragici di un ambiente devastato, per la morte per cancro di bambini della città, ha sfilato per il centro cittadino, e con le sue croci esposte, con il suo allucinante silenzio rappresenta il paradigma dello stato d’animo di una parte della popolazione. “Io vi maledico” è il titolo che Concita De Gregorio ha dato ad un suo libro che parla di Taranto, riportando una targa che un operaio abitante del quartiere Tamburi malato di cancro ha affisso presso la sua abitazione.
Il quartiere Tamburi, è da sempre un quartiere operaio, le case poste al suo limite estremo furono consegnate qualche tempo prima che si avviasse la costruzione del centro siderurgico . oggi si trovano a 200 metri dai parchi minerali dell’acciaieria separate soltanto da colline artificiali – chiamate incredibilmente colline ecologiche- che dovrebbero proteggere il quartiere dai venti trasportatori di sostanze inquinanti, ma che sono state realizzate smaltendo residui di lavorazioni siderurgiche.
Macerie, ed anche qui cito il titolo del recente libro postumo di Alessandro Leogrande, (anch’esso da non molto e troppo precocemente scomparso) raffinato intellettuale che ha descritto le sofferenze le contraddizioni di questa terra tormentata.
Il tentativo ambizioso e faticoso di Salvatore Romeo che per formazione è specializzato in storia economica è di ricostruire in maniera scientifica, basandosi su una amplissima documentazione, che sintetizza dieci anni di studio e di intenso lavoro la vicenda di questa città, nelle sue varie sfaccettature, sociali, economici e lavorative, una impostazione analitica che non cede ad aspetti emozionali, ma che non fa sconti e non nasconde aspetti e responsabilità. Non è compito dello storico proporre il futuro ma dall’analisi del passato un dato emerge forte e chiaro: a Taranto occorre uscire dal dilemma occupazione o salute, o se vogliamo occupazione o chiusura, il prossimo compito è stabilire una via d’uscita, senza illusioni ma insieme senza rassegnazione.