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Turchia: 'S.Nicola è ancora a Myra'
Bari: 'Non scherzate coi santi!'
Le ossa di San Nicola di nuovo rivendicate dalla Turchia, il confronto con le radici cristiane del Paese, nonché la relativa e controversa "Questione armena"
Quanto fosse lungimirante la raffinata e diplomatica operazione benedettina, che portò a Bari le reliquie di un santo "arabo", per fare di San Nicola - Vescovo di Myra - il protettore della città di Bari, anche per dare un taglio al susseguirsi di assedi e tentativi di riconquista da parte degli ottomani del capoluogo pugliese, lo dimostrano la crescente attenzione verso uno dei santi più venerati al mondo e le notizie delle ultime ore in arrivo dalla Turchia.
"Le ossa di San Nicola potrebbero essere ancora a Myra, l'odierna Demre, ha pubblicato con evidenza il quotidiano turco "Hurryet", riportando le dichirazioni di : il comprensorio nel sud della Turchia, dove sarebbe stato individuato Cemil Karabayam, sovrintendente dei monumenti di Antalya. un tempio intatto e in buone condizioni, proprio sotto la chiesa di San Nicola a Demre
Lo stesso sovrintendente avrebbe anche dichiarato, non sappiamo fino a che punto 'consapevole' delle conseguenze provocabili, che secondo i suoi studi e le sue scoperte, su carte e documenti del '900, "le ossa prelevate dai 62 marinai baresi, nella storica spedizione del 1087, apparterrebbero a un altro prete".
A 930 anni di distanza in Turchia non ci stanno all'avventurosa ed eroica traslazione - vissuta come "scippo" - delle reliquie del Vescovo di Myra, diventate un potente attrattore devozionale, spirituale e turistico per il gran numero di fedeli ortodossi che da ogni parte del mondo si mettono in pellegrinaggio verso Bari e la Basilica romanica che oggi le custoidisce.
"Le fonti storiche della traslazione in nostro possesso - spiega padre Giovanni Distante, vicerettore della Basilica nicolaiana - sono certe, anche perché redatte contemporaneamente agli eventi da Giovanni Arcidiacono e Niceforo, raccontando nel dettaglio ciò che è avvenuto. I baresi trovarono a Myra nel 1087 una tomba intatta che venne distrutta per prelevare le ossa".
"Le affermazioni degli archeologi turchi - ribadisce padre Distante - vanno valutate confrontandole con le nostre fonti pubblicate dal Centro Studi Ncolaiano (diretto da padre Gerardo Cioffari), e con gli approfonditi studi coordinati dal professor Pasquale Corsi dell'Università di Bari".
Certo, dopo le interminabili code di devoti davanti al frammento di reliquia arrivata da Bari in Russia - a Mosca e San Pietroburgo - che ha hanno visto partecipi anche le massime autorità, tra cui il presidente Vladimir Putin, si moltiplicano i tentativi di riportare in qualche modo a Myra un patrimonio mai considerato tale e per secoli decisamente trascurato.
Ma il risveglio di attenzioni turche al Santo di Myra, apre di conseguenza un fronte alquanto delicato persino per le attuali autorità nazionali: il considerare nella giusta misura le radici profondamente cristiane di un Paese, che cerca in tutti i modi di recuperare quei fondamentalismi, che la visione laica del Padre della Patria, Kemal Ataturk, aveva superato proiettando il Paese verso orizzonti internazionali più moderni.
Ma non solo. Tale fronte di rivendicazioni riporta in primo piano l'annosa, controversa e spinosa "questione armena", quella che vede il popolo del Monte Ararat tra i rami più storici del Cristianesimo, tanto da conservare gli esempi e i modelli tra i più antichi di architettura delle chiese cristiane.
(gelormini@affaritaliani.it)