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UBI Banca, Giorgio Arfaras: ‘Un nuovo contratto sociale’
Presentato all'Ubi Banca Bari il Rapporto sull'Economia Globale e l'italia: il lavoro di Mario Deaglio, Giorgio Arfaras e alri "Il mondo cambia pelle?"
Si è svolta a Bari presso il Centro Direzionale UBI Banca, la presentazione di “Il mondo cambia pelle?”, a cura del prof. Mario Deaglio, studio che analizza i trend macroeconomici e le dinamiche geopolitiche degli ultimi mesi, con uno sguardo specifico al ruolo che l’Italia può assumere nell’attuale congiuntura economica e in relazione alle dinamiche internazionali. L’incontro fa parte del tour con una serie di eventi, per la presentazione del "Rapporto sull'economia globale e l'Italia", che sta toccando varie città d’Italia, per concludersi a Roma il prossimo giugno.
Il “Rapporto sull’economia globale e l’Italia”, il cui volume è edito da Guerini e associati, è sostenuto da UBI Banca, che ha promosso anche la tappa barese. Giunto alla ventitreesima edizione, lo studio, a cura del Centro Einaudi, rappresenta un appuntamento consolidato nella serie di incontri che a vario titolo UBI Banca intrattiene con la comunità finanziaria, gli investitori, gli azionisti e gli interlocutori istituzionali.
Ad introdurre temi e asset della discussione è stato Alberto Pedroli, Responsabile della Macro Area Territoriale Sud di UBI Banca, quale prologo alle riflessioni di Giorgio Arfaras, coautore del Rapporto.
“Il Rapporto ci descrive uno scenario in continua evoluzione - ha sottolineato Alberto Pedroli - in questo contesto è importante che le istituzioni e le imprese sappiano cooperare in maniera costruttiva. È quanto UBI Banca continua a fare svolgendo il proprio ruolo a favore di aziende e famiglie, in dialogo con le aggregazioni sociali e le articolazioni della società”.
“La lettura del Rapporto - ha detto Pedroli - fa venire le vertigini. Il 25% dei Paesi al mondo regsitra una crescita del PIL tra 1 e 1,3%, mentre il 75% cresce tra il 1,4 e il 16%. L’Italia, naturalmente, è nel primo gruppo!”
“La presenza di autorevoli esponenti dell’impresa, dell’accademia e del sistema camerale, per animare la discussione - ha aggiunto Pedroli - è un esempio tangibile della positività del nostro approccio e della rispondenza che esso trova negli interlocutori economici e istituzionali del nostro territorio”.
L’evento è stato arricchito da una tavola rotonda moderata da Vincenzo Rutigliano, giornalista de Il Sole 24 Ore, che ha visto partecipi Vincenzo Gentile, Amministratore Delegato del Gruppo Greenblu Hotels & Resorts, Massimo Mariani, docente in ruolo di Finanza Aziendale, Marina Mastromauro, Amministratore Delegato del Pastificio Granoro, Angela Patrizia Partipilo, Segretario Generale della Camera di Commercio di Bari.
Quattro le grandi aree interessate dall’esposizione di Giorgio Arfaras, che ha fatto sintesi dei processi evolutivi degli scenari globali, macroeconomici e geopolitici e della situazione italiana, per concludere fornendo alcuni spunti sulla sostenibilità attiva e l’economia circolare:
1. Le situazioni economiche americana ed europea
2. L’evoluzione del lavoro
3. Il riassestamento delle relazioni tra potenze mondiali
4. La posizione dell’Italia
USA ed Europa - “Formalmente protagonista della scena mondiale, l’economia americana ha preso a scricchiolare”, ha commentato Arfaras, “La ripresa, una delle più lunghe della storia della congiuntura americana, è anche quella meno intensa, ossia con la minima crescita media annua del Pil. Crescendo a due cifre, l’economia digitale distrugge molti posti di lavoro nei settori in cui è presente, come sta accadendo da anni nella distribuzione. Inoltre, la ripresa americana non ha fatto tornare gli investimenti reali (in proporzione al Pil) ai livelli pre-crisi”.
Che poi ha aggiunto: “Mentre gli Stati Uniti cercano di ristabilire un primato economico nel mondo, faticando però non poco nell’equilibrio interno del loro sistema, l’Europa ha attraversato nel 2018 un anno orribile, che potrebbe non essere il peggiore se le attuali tendenze continuano”.
“Le proteste in Francia, la difficile negoziazione di una Brexit che non presenta scenari favorevoli in qualsiasi caso essa si risolva, la crisi dei migranti - ha sottolineato l’economista - fanno da sfondo a un’economia dalle prestazioni non esaltanti, largamente affetta dagli squilibri interni della domanda dovuti ai record commerciali tedeschi, con una produttività che cresce meno rapidamente del passato perché l’Europa non riesce a trasformare in innovazioni e imprese commerciali la propria produzione scientifica, di quantità e qualità paragonabile a quella americana. Inoltre, con la bassa crescita l’unico modo di tenere sotto controllo i bilanci pubblici è l’austerità, che, quasi ovunque, ha prodotto o produce carenze delle infrastrutture e tagli o sofferenze allo Stato sociale”.
Il lavoro - “Il lavoro presenta numerosi aspetti di una crisi percepita sia a livello di sistema sia come esperienza diretta di singoli lavoratori e nuclei familiari”, è l’analisi incisiva di Arfaras, “Il tasso di sottoutilizzazione del lavoro, che somma alle persone disoccupate anche quelle inattive e gli occupati part-time “involontari” (ossia quelli disponibili ad aumentare l’orario di lavoro), nel 2016 si è attestato nei paesi OCSE al 28,1 per cento (+1,3 punti percentuali rispetto al 2006)”.
“Lo status che ha maggiormente concorso alla crescita del tasso di sottoutilizzazione è la diffusione del lavoro part-time involontario”, ha proseguito, “La quota di occupati dipendenti che si trovano in questa condizione è aumentata nei paesi OCSE di almeno un terzo, dal 3,2 per cento del 2006 al 4,3 per cento del 2016”.
“Le ragioni del maggior ricorso del lavoro a tempo parziale sono molteplici - ha segnalato Arfaras - la persistente debolezza della domanda, l’aumento della partecipazione femminile alle forze di lavoro (che, in assenza di politiche e servizi a supporto della conciliazione, può determinare un ricorso forzoso all’orario ridotto), la contrazione dell’occupazione nei settori industriali (in cui è più frequente il ricorso al tempo pieno), e l’espansione dei servizi (ad esempio il turismo e i servizi personali, in cui la flessibilità di orario è molto diffusa)”.
La nuova stagione nelle relazioni internazionali: un tripolarismo USA-Cina-Russia - “Il 2018 potrebbe passare alla storia come l’anno dei vertici politici al massimo livello”, ha messo in evidenza lo studioso, “Soprattutto per gli Stati Uniti: uno strumento, secondo il loro presidente Donald Trump - che li predilige, meglio se in forma bilaterale, per far valere più facilmente il suo strapotere geo-politico ed economico-commerciale nel negoziato diretto - con cui cercare di rilanciare la leadership globale di Washington all’insegna dell’obiettivo Make America great again. Da questa serie d’incontri l’America non è però uscita molto bene, confermando il sospetto, tra amici e rivali, che il suo predominio globale sia in declino”.
“L’intera struttura della democrazia liberale promossa dagli Stati Uniti, dopo la II Guerra Mondiale, come il loro più efficace strumento di “soft power”, grazie alle istituzioni internazionali connesse, in genere emanazione dell’Onu, è oggetto di continue erosioni sostanziali, anche se il numero di Paesi retti da democrazie è più che triplicato, da 35 nei primi anni Settanta agli oltre 105 attuali”.
“Lo scenario di fondo sembra dominato da un confronto “tripolare” - indica Arfaras - con Cina e Russia (ritenuti gli avversari più pericolosi), la cui alleanza in via di consolidamento, da un ventennio è però indebolita dalla posizione sempre più subordinata che Mosca va assumendo rispetto a Pechino, e dalla consapevolezza che, a lungo termine, la Siberia, ricca di materie prime ma quasi priva di popolazione, potrebbe essere “divorata”, prima economicamente e poi politicamente, dalla Cina”.
L’Italia - “In questo contesto globale ed europeo, l’Italia ha attraversato il 2018 all’insegna del rallentamento”, ha ribadito, “A questo hanno concorso cause internazionali, legate al peggioramento del commercio internazionale dovuto ai protezionismi, ma non solo. In realtà, la ripresa italiana non è stata completa, perché è iniziata dopo il 2012, perché non ha interessato tutti i settori (per esempio l’edilizia è ancora un convalescente debole) e perché non ha potuto essere affiancata da un’espansione fiscale significativa, come è accaduto a tutti i Paesi nel 2009-2010”.
Esponendo le cause della ripresa incompiuta, Giorgio Arfaras ha citato l’insufficiente investimento in rapporto al Pil, e l’allargamento del divario tra nord e sud. Concludendo con l’introduzione del concetto di sostenibilità come “Approccio capace di apportare soluzioni, purché da una sostenibilità passiva (limitazione o annullamento dell’inquinamento e altri danni ambientali) si prosegua nel passaggio, iniziato, alla sostenibilità attiva (ricostituzione di un ambiente sostenibile) anche con meccanismi di economia circolare”.
La tavola rotonda, dando voce ad alcuni protagonisti dell’economia locale, ha messo in evidenza come un’azienda a caratura alta - come Granoro, che esporta in 180 paesi che rappresentano il 47% del fatturato annuo - possa soffrire non poco a causa delle sanzioni decise da Donald Trump, per esempio, verso l’Iran, facendo tornare il Medio Evo nell’economia. Anche attraverso il proliferare di accordi bilaterali a scapito di quelli allargati e plurali.
O come si riveli sempre più problematica l’inadeguatezza del sistema bancario e di quello del credito alle imprese; e come sia vitale in un settore come quello dei servizi turistici la “flessibilità del lavoro”, legata inevitabilmente alla stagionalità dei suoi flussi produttivi. Ma anche dei limiti alla crescita, nel malessere diffuso, a causa di un’economia che rallenta. E che rallenta anche per mancanza di riconversione industriale (legata all’evoluzione della produzione: prima si producevano candele, ma dopo si cominciò a produrre lampadine), a causa della tendenza alla delocalizzazione che mina alla base gli assetti occupazionali del Paese.
Della necessità, quindi, della spinta a collaborare sempre più in logiche di sistema, e dell’imprescindibile sforzo per il ribaltamento di un “equilibrio perverso”, che vede in Italia 23milioni di persone che lavorano e 5milioni di stranieri lavoratori, che mantengono 37milioni di soggetti inattivi (bambini, inoccupati, pensionati, invalidi, etc.). Per cui, “la Borsa scende perché scende l’occupazione e non viceversa”. E la speranza è racchiusa in un vero e proprio “Nuovo contratto sociale”.
(gelormini@affaritaliani.it)