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Un bancario in Salento
Estratto di narrativa 2

Allo sportello del “Controllo di cassa”, in aggiunta a me, incaricato di emettere gli assegni circolari, prestavano servizio, occupandosi di un'ampia serie d’operazioni differenti, due colleghi, di cui uno, Antonino I., appena più grande, di origini romane, assunto qualche mese prima.

Spinto da viva e interessata curiosità, non tardai a rivolgergli, quasi subito, la domanda: “Dimmi, a quanto ammonta lo stipendio iniziale?”. E lui: “A 67.000 lire”.

Pur avendo ricevuto detta indicazione, attesi ugualmente, con ansia, che arrivasse il 27 di gennaio, per poter toccare in concreto e consultare la prima busta paga (giusto chiamarla proprio così, allora l'ufficio del personale metteva in mano a ciascun collaboratore una grande busta, contenente un foglio con le specifiche relative alla retribuzione mensile e, insieme, le banconote corrispondenti esattamente all'ammontare netto).

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Purtroppo, mi toccò la sorpresa, di primo acchito anche un po' amara, di scoprire che il corrispettivo di mia spettanza era più basso rispetto alle attese (ascendeva esattamente a 54.700 lire), al che pensai di schizzare come un razzo verso l'ufficio del personale al primo piano, presentandomi con la domanda: “Scusate, c’è forse un errore nello statino del mio stipendio? Il collega I., anche lui in servizio da poco, mi ha riferito di aver ricevuto, il primo mese, non 54.700 bensì 67.000 lire”.

Sul volto dell'anziano capo ufficio, si stampò un leggero sorriso di comprensione, cui seguirono pacate e semplici parole di risposta:” No, Boccadamo, non c'è alcun errore, stai tranquillo. Tu hai diciannove anni e mezzo circa, quindi sei ancora minorenne, vero? Il collega I., invece, ha ventitré anni, si trova nella maggiore età. Devi sapere che, in base al contratto collettivo nazionale di lavoro, esiste una differenza di retribuzione, a seconda che si sia minorenni o maggiorenni. Perciò, ti confermo, nessun errore”.

Non c'è che dire, argomentazioni chiare e sostenute da regole a carattere ufficiali, di fronte alle quali dovetti giocoforza convincermi, anche se mi occorse una breve parentesi per affrancarmi e scaricarmi completamente dalla sorpresa con disappunto.

Nell'ambito della filiale, a breve distanza dalla mia, ebbe luogo l'assunzione di due nuovi colleghi (il primo, uscito come me dai banchi di scuola, il secondo, proveniente da una banca locale) e, con l’innesto di tali braccia fresche, fui avvicendato nello specifico compito assegnatomi all'atto dell'ingresso.

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Restai, però, adibito al medesimo comparto degli sportelli per il pubblico dedicati ai correntisti e depositanti, ivi comprendendo anche la contabilizzazione delle relative operazioni sulle schede individuali o posizioni dei singoli clienti, mediante macchine meccanografiche denominate “Olivetti Audit”.

A parte i fogli di fondo con velina e carta copiativa su cui restava stampigliato a ricalco quanto registrato sulle citate schede, tali macchine recavano, inseriti in un apposito dispositivo, rotoli o bobine di nastri cartacei bianchi (telebande), che, a loro volta, riflettevano le scritture sotto forma di minuscoli cerchi e quadratini perforati che venivano a succedersi, in linea, evidentemente, con apposite memorie e programmazioni intelligenti.

Ciascuna filiale, ogni settimana, spediva fogli e bobine al Centro Elettronico della banca a Roma, dove le operazioni erano decrittate e compendiate in ristampe in chiaro, sia per la contabilità definitiva delle singole unità operative, sia per la contabilità d'insieme dell'Istituto.

Bello, allegro e positivo quel gruppo di giovani, accanto a colleghi con maggiore anzianità di servizio, vivo il loro desiderio di ben figurare e di dare un fattivo contributo alla squadra nonostante la scarsa esperienza.

I predetti si distinguevano, specialmente, per la prontezza e la celerità con cui s’impegnavano a disbrigare le operazioni richieste allo sportello e/o la contabilizzazione per il successivo passaggio alla cassa: e quel “fare presto” incontrava, in genere, gradimento e apprezzamento da parte dell'utenza.

In particolare, un cliente, tale Carminuccio N., sulla trentina, figlio di Rocco N., grosso imprenditore agricolo e zootecnico di una località della Provincia, il quale veniva in banca a bordo d’una potente autovettura e aveva sempre urgenza anche per ragioni di parcheggio (le multe esistevano pure in quei lontani anni), si dimostrava ogni volta grato, si può dire che, gradualmente, era arrivato a ben vedere e ben volere me e il collega Cici R..

La sua azienda comprendeva notevoli estensioni d’agrumeto, sicché, nei periodi di maturazione e raccolto, Carminuccio era solito giungere allo sportello con un bel carico di arance che distribuiva fra tutto il personale.

A parte ciò, durante la settimana precedente la Pasqua, una mattina egli chiamò in disparte noi due, Cici e Rocco, invitandoci ad effettuare, dopo l’orario di lavoro, una puntatina nella sua azienda, dove ci avrebbe fatto trovare una sorpresa.

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Cici ed io ci guardammo in faccia nel medesimo istante e, a Carminuccio, replicammo dicendo subito “va bene”.

Cici R. aveva una “Vespa” pressoché nuova, di cui si serviva per venire al lavoro e anche per andare a spasso con la fidanzata. Ma, nella circostanza, l'amico non esitò a porre il mezzo a disposizione per recarci, insieme, al domicilio del cliente.

Trasferta agevole e veloce, Carminuccio ci accolse, dopodiché si portò in un vicino locale, per uscirne recando in mano una cassetta di medie dimensioni, fatta di sottili strisce di legno, contenente, avvolto in un telo, un agnello appena macellato e sezionato a metà, dalla testa alla coda.

“E’ un mio personale pensiero che vuol significare apprezzamento e gratitudine per il vostro lavoro e per come mi trattate e un augurio per voi e per le vostre famiglie per il pranzo di Pasqua”.

Ringraziato l'interlocutore - cliente, rimontammo sullo scooter, con l'accortezza, questa volta, di sistemarci strategicamente, ovvero, il guidatore, quanto più avanti possibile sulla sella e, il passeggero, quanto più dietro possibile sul sellino, in modo da lasciare, in mezzo, lo spazio per tenere appoggiata e reggere la preziosa cassetta.

Raggiunta Taranto, il collega transitò dall'abitazione della mia fidanzata, dove avevo programmato di trascorrere le giornate delle imminenti festività e, indubbiamente, la metà di quell’ovino diede luogo a meraviglia e a piacevole sorpresa anche presso l'intero nucleo famigliare.

Ma, ciò che più conta è che quel dono di un cliente - grato si trasformò in un abbondante e gustosa pietanza, preparata al forno, idonea a coprire sia il pranzo della Resurrezione, sia il picnic del giorno di Pasquetta sulla riva boscosa del piccolo fiume Galeso, alla immediata periferia della città ionica, dallo scorrere lento e silenzioso e dalle acque ancora trasparenti, quasi come ai tempi del poeta Virgilio, il quale ne aveva cantato la bellezza.

P.S.

Mi fa piacere e provo emozione nel constatare che lo stabile di Via De Cesare a Taranto già sede del mio primo posto di lavoro, attualmente è in parte occupato da una libreria, Mondadori Bookstore.

Pura coincidenza o ideale destino parallelo: una “vecchia” banca, ora sommersa dal mondo dei libri; come pure, un ragazzo di ieri, già giovanissimo bancario, anch’egli, ora, vicino e collegato al mondo dei libri.

(2 - continua)

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Già pubblicato: Un bancario in Salento Estratto di narrativa