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Vendola, Fassina e le spine pugliesi: la scalata possibile a sinistra del Pd
Bari – Quello dell’autunno è “un appuntamento già prefissato”. Lo dice apertamente Nichi Vendola da Giovinazzo, in una delle prime uscite pubbliche senza più i galloni di Governatore. Forse una delle ultime da leader di Sel, se le prove d’intesa con Fassina e Civati dovessero portare alla costituzione di un progetto unitario al quale far prendere il largo ai primi freddi di ottobre. Ancora presto per capire se si tratti di un vero e proprio kick off o della scalata comune a sinistra del Pd ma tant’è. “Non voglio annettere nessuno, voglio sciogliere Sinistra, Ecologia e Libertà senza disperderne il patrimonio. Abbiamo bisogno della mescolanza e non di gelosie tra micro appartenenze”, conferma Nichita il Rosso. Con lo sguardo a Syriza, a Podemos ma pure a Landini e al decennio di governo appena concluso: “Abbiamo dimostrato che il cambiamento può andare in un’altra direzione rispetto a quella del Partito della Nazione renziano”, attacca Guglielmo Minervini, gran cerimoniere dell’incontro e neo capogruppo dei vendoliani in Regione, pur avendo sostenuto il Rottamatore fiorentino alle primarie.
Se ne era parlato già un anno fa al Politicamp, con Gianni Cuperlo a fare da collante in quella che molti avevano definito la Leopolda Rossa, fino ad ipotizzare colpi di scena a sorpresa anche sulle Regionali pugliesi a venire, magari con l’europarlamentare Elena Gentile e lo stesso Minervini a tirare la volata. Poi è andata diversamente ed ora anche nelle fila del Partito Democratico si ragiona apertamente di alternativa al segretario, a Roma come nel Tacco: il bersaniano Alfredo D’Attorre è planato nel capoluogo per organizzare le truppe, cosciente della manifesta diffidenza di Matteo Renzi nei confronti del Gladiatore Michele Emiliano, oltre che del tornante pericoloso rappresentato dal cambio al vertice della segreteria regionale, nuovamente appannaggio delle primarie, dopo quelle mai celebrate dell’ultimo Congresso. Un fedelissimo come il Sindaco di Bari, Antonio Decaro? Un esponente della minoranza? Un golden boy come Pierpaolo Treglia, di scuderia GD? Gli equilibri sono assai fragili, al pari di quelli in Via Capruzzi, mai tanto precari come nel day after della Giunta e in piena giostra delle Commissioni. Non senza qualche crepa, se si contano i voti mancanti dalla maggioranza per l’elezione dell’Udc Peppino Longo alla vicepresidenza dell’Assemblea, i malumori tra i dem salentini per la mancata delega a Sergio Blasi ed il rifiuto della delega all’Ambiente da parte del barese Antonio Nunziante.
Tutto rigorosamente in divenire e pochi mesi perché i giochi di sponda si assestino: “La vecchia distinzione tra militanza politica e azione sociale è saltata ed è saltata già in Puglia, serve uno spazio poroso e permeabile”, descrive Minervini, ma come arrivarci? Con o senza le primarie, che Fassina derubrica a “modello plebiscitario” se applicate al partito? Dentro o fuori dal recinto dei partiti? E perché questa volta dovrebbe funzionare e non finire come alle Europee con “l’esperienza bruciante dell’Altra Europa”? “Perché i cartelli elettorali sono una rappresentazione repellente di una politica che allude all’alternativa, perché non possiamo più consentirci di non avere una bandiera come alle ultime elezioni, perché la questione di genere non può essere una barzelletta come è diventata in Puglia”, sbotta Vendola.
E il banco di prova non sarà soltanto l’arrivo romano dei responsabili azzurri di Denis Verdini a sostegno dell’inquilino di Palazzo Chigi. Al voto, tra qualche mese, andrà il Comune di Lecce, roccaforte del centrodestra che vede scaldarsi un fittiano di rango come Roberto Marti ma nella quale la divisione tra forzisti ed ex potrebbe riaprire una partita in salita. E poi Taranto, dove a destra torna il nome di Cito jr e, tra i dem, quello di peso del parlamentare Michele Pelillo. Oltre al caso Molfetta, s’intende, se non si dovesse arrivare alla tregua armata in tempi brevi e non dovessero rientrare le dimissioni di Paola Natalicchio, in rotta con il Pd. Per allora, la distinzione tra buoni propositi probabili e un cantiere possibile dovrà già essere compiuta. Conseguenze comprese.