Visto dal Sud, De Sarlo:
'Il referendum tale e quale'
Il referendum del lombardo-Veneto visto dal Sud, con gli occhi lucani e la penna nazionale di Pietro De Sarlo
di Pietro De Sarlo *
Era la notte tra l'8 ed il 9 maggio 1997, in prossimità del bi-centenario della caduta della Serenissima avvenuta il 12 maggio 1797 ad opera delle truppe napoleoniche, e un gruppo di sedicenti patrioti veneti occupò piazza San Marco e issò sulla cella campanaria la Bandiera di Venezia, il Leone di San Marco. A corredare il gesto un finto autoblindo, chiamato tanko e prodotto tra una ombretta de vin e un’altra in un garage del padovano, e un mitra Beretta MAB 38 vero, residuato bellico della seconda guerra mondiale.
Nello stesso periodo di tempo inizia l'attività giornalistica di tale Matteo Salvini, nientepopodimenoché, in quella fucina di giornalismo d’élite che fu il Giornale della Padania e poi a Radio Padania, dove si urlava un giorno si e l’atro pure: “Forsa Etna e ammassa un terrone risparmia un milione”. Lui, il Matteo aspirante premier dell’Italia unita dal “Cenisio alla balza di Scilla”, dichiara, a proposito di siffatta scuola di vita: “Un'esperienza affascinante”. Chi si contente gode! Sarà per questo che durante una visita ufficiale a Palazzo Marino del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, si rifiutò di stringergli la mano affermando di avergli detto: "No grazie, dottore, lei non mi rappresenta".
Dopo decenni passati a parlare di secessione, tra giochi celtici e riti dell’ampolla con qualche infortunio serio come il fallimento della Banca Padania e le vicissitudini del senatur e dell’allegra famigliola, questa domenica di ottobre si vota in Lombardia e in Veneto su un referendum che “con il quale e senza il quale le cose rimangono tali e quali”.
Così ancora una volta arriva la conferma che siamo un Paese da operetta. Già, perché dal tanko in poi, e anche prima, se fossimo stati in Spagna e dintorni molti cialtroni invece di rubare lauti stipendi in parlamento o a Strasburgo marcirebbero da tempo nelle patrie galere. Devo anche dire che la situazione, poco gloriosa, ha anche qualche vantaggio. Infatti oggi siamo tutti tranquillamente a casa a chiederci quale sia l’affluenza al referendum con lo stesso pathos con cui, tra un risotto e un cannolo, ci chiediamo: “Che ha fatto la Reggina? Ha vinto o ha perso?”, con tutto il rispetto dovuto alla Reggina. E tutto questo nonostante il fatto che Mentana e tanti cronisti d’assalto, come lui, cerchino di pompare l’importanza dello storico evento con dirette e speciali TV. “Che sadda fa pe’ campà!”
Ennio Flaiano, gran conoscitore delle italiche genti, avrebbe detto: “La situazione è drammatica ma non è seria”. E infatti abbiamo milioni di giovani disoccupati, un bilancio dello Stato sempre in bilico tra il baratro e la rovina, e spendere qualche decina di milioni di euro senz’altro aiuta, se non le finanze almeno il morale del lombardo-veneto.
La cosa che mi disturba in tutto questo è che mentre il resto d’Europa affrontava gli ultimi decisivi venti anni facendo accordi con la Cina e infrastrutture per cogliere le opportunità della globalizzazione, noi inseguivamo le chimere del localismo e leggevamo le mirabolanti ricette di tale Giulio Tremonti, già ministro della Repubblica e già commercialista, scambiato, per qualche errore della storia e del destino, per un nuovo Quintino Sella. Invece di svernare in Cina a fare accordi, come hanno fatto la Merkel e gli altri ministri tedeschi, scriveva libri per sostenere la tesi che per salvare l’economia italiana, e padana ovviamente, serviva l’introduzione di dazi commerciali, tra il sollazzo dei francesi e tedeschi. Ci sarà un motivo per cui sghignazzano sui nostri politici?
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Abbandonata l’idea della secessione e del referendum relativo, abbandonata anche l’idea del federalismo, ora i fratelli dell’Italia del nord, quelli che “Rispondean da fraterne contrade, Affilando nell’ombra le spade” perché “Non fia loco ove sorgan barriere Tra l’Italia e l’Italia, mai più!”, ora si contentano di chiedere al popolo: possiamo chiedere a Roma di tenerci un po’ di sghei che, per carità, fan sempre comodo? Che sarebbe come chiedere a Berlusconi e agli altri ricconi: “Vuoi pagare meno tasse?” Chiedere è sempre legittimo, per ottenere bisogna avere un po’ di cervello, merce rara e, purtroppo, non solo in Padania.
In ogni caso penso che questo referendum non fa onore né ai lombardi né ai veneti e che noi terroni siamo fortunati. Eh sì! Se fino a ieri la colpa di tutti i mali e di tutte le sciagure italiane eravamo noi terroni ora sono gli albanesi, i rumeni e i negri. Risolveremo invece tutti i problemi quando attribuiremo le colpe del disastro attuale non alla nostra imbecillità ma, finalmente e riconoscendo i meriti eccelsi della Bonanima, a qualche complotto “Giudaico Massonico” , oppure “al destino cinico e baro” e, perché no, “alla Perfida Albione”.
* Manager e scrittore