Roma
A Milano-Cortina le Olimpiadi 2026, Roma spera negli Europei di nuoto 2022
Fin, Comune di Roma e Governo danno il via libera alla candidatura di Roma per gli Europei di nuoto 2022. Ma serve un patto per la città
di Andrea Catarci
Negli stessi giorni in cui Milano e Cortina ottengono la candidatura per le Olimpiadi invernali del 2026, la Federazione Italiana Nuoto (FIN), Roma Capitale e il Governo nazionale comunicano di aver avviato le pratiche per chiedere l’assegnazione a Roma dei campionati europei di nuoto del 2022.
Lo ha rivelato il Presidente FIN Paolo Barelli, specificando di aver condiviso il percorso iniziale con la Sindaca Virginia Raggi e con Sottosegretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti. Ha aggiunto di essere in grado di concretizzare la proposta entro il prossimo mese di luglio, specificando che non ci sarebbe bisogno di costruire strutture nuove, in quanto ci si appoggerebbe allo Stadio del nuoto e si utilizzerebbero alcune piscine temporanee con coperture. Ha poi concluso con quello che intendeva essere un auspicio e che in realtà è suonato come una minaccia per chiunque conosca la storia recente di Roma: “Vogliamo replicare e festeggiare i mondiali del 2009”.
Rifuggendo dalle prese di posizione aprioristiche e dalla tentazione di limitarsi a deridere la schizofrenia del M5s capitolino - pronto a suo tempo a rinunciare alle Olimpiadi del 2024 e solerte oggi nel supportare la candidatura di Roma e nel complimentarsi con i colleghi del nord -, serve una discussione di merito circa l’opportunità di ospitare il grande evento. Perché se da una parte è vero che basta rinfrescarsi la memoria guardando a scandali, progetti fallimentari e a tante mangiatoie del passato per avere la prova di quanto le eredità siano state spesso negative, dall’altro non si può negare che alcune città abbiano tratto un parziale giovamento dalle competizioni, oltre l’effimero ‘usa e getta’.
Il senso delle opere pubbliche
Va specificato che anche in questo secondo caso non sono state tutte rose e fiori, come qualche volta si lascia semplicisticamente intendere: le contraddizioni sono fisicamente documentate da varie opere più o meno inutili e dannose, però proprio Milano con l’Expo ha amplificato una ripresa economica endogena, non rappresentando esso un episodio isolato bensì il prodotto di un insieme di relazioni interne ed esterne, legate da impulsi alla riqualificazione e all’animazione socio-economica. D’altronde, poi, osservare le condizioni disastrose in cui è ridotta Roma sia sul piano economico e occupazionale che in termini di manutenzione urbana, cioè in quell’ordinario che nell’autunno 2016 la giunta Raggi volle riaffermare come priorità rinunciando allo straordinario, non può che alimentare il mito dell’occasione sprecata.
Si può fare ma con un patto
Proviamo a superare l’impasse ideologico e analitico per verificare se esiste una possibilità concreta di stabilire un patto tra la città e le istituzioni sportive che presiedono alle attività natatorie. Il punto di partenza possono essere alcuni scheletri disseminati nella nostra Capitale, progettati per i mondiali di nuoto del 2009 evocati dal Presidente Barelli, che stanno lì, in bella vista, a monito per il presente e il futuro. Sono la città dello sport a Tor Vergata, il poli natatorio di Valco San Paolo, le altre piscine realizzate e poi abbandonate al loro destino.
La vergogna delle Vele di Calatrava
Il palazzetto con le vele a pinna di squalo disegnato dal famoso architetto spagnolo Calatrava è ridotto a un’inutile montagna di ferro e cemento che si erge per 130 metri vicino all’ingresso dell’autostrada, in mezzo alle campagne. E’ già costato circa 240 milioni di euro e pensare di ultimarlo ne costerebbe molti di più, almeno sei volte le stime iniziali. "Il recupero è complesso. Stiamo cercando di consorziarci con altri enti e istituzioni per il completamento", ha dichiarato la Sindaca Raggi a conferma dell’enormità del danno arrecato alla collettività e alle casse pubbliche.
... La piscina di Valco San Paolo
Il polo natatorio di Valco San Paolo doveva essere un "edificio paesaggio", tale da integrarsi senza forzature in un ecosistema particolare come quello di Lungotevere Dante, nel tratto adiacente a Ponte Marconi, dialogando con esso invece di deturparlo. Il progetto iniziale prevedeva anche un tetto con erbetta verde, una copertura che doveva fungere da abbellimento e da isolamento termico per la struttura, così da permettere di ottenere un risparmio energetico. Ben lungi dall'essere un complesso moderno e funzionante in cui poter sguazzare nell'acqua e allenarsi in una palestra completa di attrezzature, esso è rimasto aperto un solo mese per poi trasformarsi in un cantiere abbandonato. E’ costato già 18 milioni di euro, ha deturpato 30.000 mq di terreno comunale, è una struttura spettrale con impalcature e impianti non ultimati dentro, acquitrini e montagne di materiali edili all’esterno, con cancelli, recinzioni e vigilanza a garantire la tutela del capolavoro. Su di esso il Presidente Barelli ha dichiarato che "c'è la necessità di un ulteriore finanziamento per il lotto conclusivo, […] per far sì che tra 12 mesi l'impianto sia aperto."
La megapiscina di Ostia
C’è poi la vicenda del polo natatorio di Ostia realizzato sul lungomare - per una spesa che tra scandali e vicissitudini giudiziarie è lievitata fino a 26 milioni di euro – e quella delle piscine che vennero realizzate per essere anch’esse abbandonate, come quella della Polisportiva Città Futura a Tormarancia.
Da questo patrimonio inutilizzato è il caso di avviare un dialogo. Il governo nazionale, la Sindaca e la Federazione Italiana Nuoto si impegnino a dare prova di serietà e provvedano a sanare tali ferite nell’arco di un tempo ragionevole, un anno un anno e mezzo al massimo. Solo in questo modo possono risultare credibili nell’avanzare alla città la richiesta di farsi carico di una nuova sfida. Non basta certo, come fa il Presidente Barelli, dire non verranno fatti altri danni. Vanno recuperati quelli prodotti solo dieci anni fa per un’altra manifestazione legata alla stessa attività sportiva! Si impegnino contemporaneamente a garantire la trasparenza e la correttezza delle procedure, differentemente dal passato. Se non sono in grado di fare l’una e l’altra cosa, assumano il solenne impegno di rinunciare alla candidatura e di non andare avanti comunque. Altrimenti, perché la cittadinanza dovrebbe esultare all’idea di ospitare gli Europei di nuoto?
* Andrea Catarci, Movimento Civico