Roma
A Roma e nel Lazio siamo in piena emergenza. Non per Zingaretti e Raggi

di Donato Robilotta *
L’emergenza rifiuti che sta colpendo Roma e il Lazio è sotto gli occhi di tutti e sarebbe il caso che il presidente della Regione e la neo sindaca di Roma si incontrassero rapidamente per prendere alcune decisioni che non sono più rinviabili.
L’emergenza non è frutto del destino cinico e baro, né di fattori estemporanei come gli scioperi ed altro, ma è un fatto strutturale causato dalla mancanza di impiantistica, come sostiene l’Europa, con le infrazioni in corso, e lo stesso Governo che lo ha messo nero su bianco nel decreto cosiddetto sblocca inceneritori.
E’ stato un grave errore chiudere la discarica di Malagrotta, né consentire che fosse utilizzata come discarica di servizio agli impianti, senza trovare un’alternativa perché questo ha comportato di collocare in altre Regioni o addirittura all’estero centinaia di tonnellate di Fos e residui di lavorazione.
Così come la carenza di impianti di termovalorizzazzione regionali ha imposto la collocazione di centinaia di tonnellate di CDR, prodotto dagli impianti di trattamento, in altre Regioni e all’estero (Portogallo, Cipro, Bulgaria e Romania).
Ha fatto bene la sindaca a visitare il sito di Rocca Cencia, ma avrebbe dovuto esserle nota da tempo la situazione drammatica di quell’impianto, non fosse altro perchè l’assessora all’ambiente se ne è occupata come consulente dell’Ama. E d’altra parte già all’inizio della campagna elettorale l’amministratore Fortini, forse per mettere le mani avanti, aveva dichiarato che i due impianti di trattamento di Rocca Cencia e Salaria sono obsoleti e stracolmi di rifiuti.
Non a caso il piano industriale della giunta Marino era quello di portare i rifiuti all’Estero, solo che l’Europa lo vieta, se non in casi eccezionali e per la sola fase emergenziale, ma a patto che si dimostri che l’iter per la costruzione degli impianti necessari a chiudere il ciclo sia in fase avanzata.
E infatti una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea chiarisce bene che “ogni Regione dotata di un piano regionale dei rifiuti dovrà garantire, in linea di principio, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti”. Questo perché all’articolo 191 TFUE è previsto il principio che “spetta a ciascuna Regione, comune o altro ente locale adottare le misure appropriate per garantire il ricevimento, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti e che questi ultimi vanno quindi smaltiti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto”.
Non solo ma la Regione Lazio tra l’altro è oggetto di una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, per non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti.
E’ questo il motivo per cui la Regione ha problemi ad autorizzare l’Ama a portare i rifiuti in Germania. Teme che la Ue riapra l’infrazione perché sarebbe la prova che mancano gli impianti e che nulla è stato fatto in questi anni.
Sull’argomento è intervenuta anche una sentenza del Tar del Lazio che ha bacchettato la Regione perché, pur in presenza di direttive europee in materia di obbligo di prossimità, c’è sul nostro territorio “una situazione di deficit di smaltimento” e “censura l’inerzia dell’amministrazione regionale rispetto all’obbligo di individuare una “rete integrata e adeguata” per l’intero ciclo dei rifiuti.
Il Tar condanna la Regione Lazio “ a individuare, entro 180 giorni dal deposito della sentenza, la suddetta rete integrata e adeguata di impianti in ambito regionale, tra cui le discariche per lo smaltimento di rifiuti speciali del trattamento dei rifiuti urbani, con messa a disposizione della relativa capacità di smaltimento degli operatori laziali interessati in condizione di parità e non di discriminazione nonché di compatibilità economica con la vigente disciplina regionale tariffaria e con i valori indicati in tal senso dal vigente Piano regionale dei rifiuti”.
Che nel Lazio ci sia bisogni di impianti lo dice il Dpcm del Governo, predisposto dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’articolo 35 comma 1 del Decreto legge 12 settembre 2014 n. 133, in merito alla individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento.
Il provvedimento, denominato sblocca inceneritori, che fotografa la situazione del ciclo rifiuti ad oggi e individua gli impianti da realizzare in base al fabbisogno di ogni Regione, prevede la costruzione di otto impianti di incenerimento in tutta Italia, di cui tre nella macroarea del centro (uno ciascuno in Umbria, Marche e Lazio), due del Sud (uno in Campania e uno in Abruzzo), uno in Sardegna e due in Sicilia.
Nel provvedimento è scritto in maniera chiara che nel Lazio, oltre agli impianti in esercizio di Colleferro e S. Vittore, c’è bisogno, non solo delle due linee del gassificatore di Malagrotta e di un’altra linea a S. Vittore, autorizzate ma non ancora in esercizio, anche di un altro impianto dalla capacità di incenerimento pari a 210 mila tonnellate all’anno.
Subito dopo il parere positivo dei governatori, la Regione Lazio, tramite l’assessore competente, ha messo in dubbio la bontà dei dati del Ministero, che sarebbero differenti da quelli in possesso della Regione, e soprattutto ha dichiarato che l’aumento della raccolta differenziata farebbe venire meno l’esigenza di nuovi impianti di incenerimento.
Il Ministro Galletti, rispondendo in Parlamento ad interrogazioni nel merito, ha specificato che l’impianto di incenerimento di Malagrotta, autorizzato dalla Regione Lazio, è compreso nel piano regionale dei rifiuti e che “il fabbisogno di termovalorizzazione indicato nello schema di decreto è stato individuato partendo dal presupposto che tutte le Regioni arrivano al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Europa” cioè “al 65% di raccolta differenziata” e che tutte “colgano gli obiettivi di riduzione dei rifiuti”.
Una precisazione netta del Ministro, rispetto alle dichiarazioni della Regione, che chiarisce dunque che i calcoli sono stati fatti come se la raccolta differenziata fosse già al 65%.
Se si leggono bene le schede tecniche allegate al provvedimento, che ha avuto il parere favorevole anche della Regione Lazio, si capisce che le parole del Ministro sono chiare ed eloquenti.
La Regione Lazio, secondo i dati Ispra del 2014, produce 3milioni 82mila 372 tonnellate di rifiuti urbani, calcolando a regime una raccolta differenziata al 65%, come prescrive la legge, ma oggi siamo sotto il 35%, pari a circa 2 milioni di tonnellate, restano 1milione 78mila 830 tonnellate rifiuti da trattare, con la produzione di 701mila. 240 tonnellate di Cdr/Css da valorizzare per la produzione di energia. Calcolando anche 200mila354 tonnellate di scarti della raccolta di rifiuti differenziati abbiamo un fabbisogno di incenerimento pari a 879mila382 tonnellate.
Mentre nel Lazio ad oggi abbiamo in funzione solo due impianti di incenerimento, quello di Colleferro e quello di S. Vittore, con una capacità complessiva di incenerimento pari a 384mila480 tonnellate.
Calcolando anche gli impianti di incenerimento autorizzati, ma non ancora in esercizio, come le due linee dell’impianto Colari di Malagrotta, con una capacità di trattamento pari a 182mila500 tonnellate, e un’altra linea a S.Vittore, pari a 98mila750 tonnellate, si arriva –sempre secondo la bozza del decreto governativo - ad una capacità di trattamento complessivo pari a 665mila730, con un deficit di smaltimento pari 213mila652 tonnellate.
Deficit che doveva essere coperto dall’impianto di Albano laziale con una capacità di trattamento pari a 160mila tonnellate. Ma il documento del governo, diversamente che dalle prime bozze, non lo prende più in considerazione perché la Regione Lazio ha comunicato che “il termine della validità dell’autorizzazione Integrata Ambientale è trascorso e la stessa autorizzazione si intende decaduta”
In questo modo si rinuncia a circa 300 milioni di euro di Cip 6 previsti per quell’impianto mentre resta la necessità della costruzione di un altro impianto con la necessità di reperire risorse pubbliche o private .
Il decreto governativo al posto dell’impianto di Albano prevede la realizzazione, oltre quelli esistenti di Colleferro, S. Vittore e Malagrotta, di un altro impianto di incenerimento, con una capacità di smaltimento pari a 210 mila tonnellate/anno di rifiuti urbani e assimilati.
Invece la Regione, con una delibera di giunta dell’aprile di quest’anno, prendendo come base gli stessi dati del rapporto Ispra 2014, arriva alla conclusione che non servono altri impianti. Come è possibile ?
La Regione fa una previsione decennale e tara il piano al 2026, fissando l’asticella della raccolta differenziata addirittura al 75-80%, ben al di là del limite previsti dalla legge del 65%, e scommettendo su una riduzione di rifiuti dell’1% all’anno, prefigurando quindi un inasprimento della crisi economica, con una previsione di produzione totale di rifiuti pari a 2milioni787mila tonnellate, con una diminuzione di circa il 10% pari a circa 296mila tonnellate di rifiuti, con totale di rifiuti differenziati pari a quasi 2milioni e un indifferenziato pari a 860mila tonnellate.
Dunque una forte riduzione della produzione dei rifiuti e una raccolta differenziata spinta, peccato solo che del piano di riduzione dei rifiuti non c’è traccia così come non c’è un cronoprogramma sui futuri investimenti sulla raccolta differenziata, che costa, e soprattutto un piano sul riciclo e sulla catena conseguente, perché la differenziata una volta fatta non scompare da sola.
Nella delibera della giunta regionale sul fabbisogno c’è poi una sopravvalutazione dell’impiantistica esistente tarando i valori sulla capacità autorizzata e non sulla capacità effettiva di valorizzazione, per cui la somma totale della capacità prevista, considerando gli attuali impianti in esercizio ed autorizzati (2 linee a Colleferro, 3 linee a S. Vittore, 1 linea a Malagrotta e l’impianto Ama di ponte Malmone), è di 700mila230 tonnellate, mentre il decreto del Governo la fissa in 574mila480. Una bella differenza anche considerando che l’impianto di ponte Malmone tratta rifiuti sanitari che non sono conteggiati nel computo dei rifiuti prodotti. Se poi si scomputa la linea di Malagrotta autorizzata si scende a 483mila230 tonnellate di capacità di smaltimento.
La regione dunque prevede di portare a valorizzazione circa 584mila tonnellate di Crd/Css e di smaltire in discariche di servizio circa 688mila tonnellate di rifiuti trattati.
Questo perché la Regione ha come obiettivo di portare a valorizzazione solo il 45% dei rifiuti trattati e di smaltire in discarica la maggior parte corrispondente al 55% e in aggiunta il 10% dei residui della raccolta differenziata.
Dunque mentre il decreto del Governo Renzi considera i rifiuti una risorsa e si pone l’obiettivo di valorizzarli al massimo, con produzione di energia, anche per evitare il vecchio sistema delle discariche, la Regione invece pare tornare indietro e incentra il suo nuovo piano sul sistema delle discariche.
Tanto è vero che, dopo aver detto in questi anni che bisognava superare il sistema delle discariche, la delibera in questione prevede di allargare le discariche esistenti e di individuare altri siti, anche a Roma, perché a fronte di una volumetria residua delle discariche di Albano, Civitavecchia, Colleferro, Latina, Roccasecca e Viterbo, dopo la chiusura di quelle di Malagrotta, Bracciano e Guidonia, pari a circa 1 milione di tonnellate, negli anni da oggi al 2026 la quantità di rifiuti da smaltire in discarica sarà pari a oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti trattati..
Tanto che lo stesso Zingaretti a ridosso della campagna elettorale arrivò a dichiarare che a Roma serve una discarica di servizio, cosa ammessa a denti stretti dallo stesso Fortini, dopo aver detto il contrario in questi anni, e a individuarla spetta al nuovo sindaco di Roma.
Oggi si terrà un importante consiglio Regionale sull’argomento dell’emergenza rifiuti e mi auguro che i consiglieri abbiano chiaro il momento e affrontino una discussione nel merito dei documenti e si assumano le loro responsabilità approvando un documento di programmazione che preveda al costruzione degli impianti necessari a chiudere il ciclo e all’individuazione a Roma della discarica di servizio.
Donato Robilotta *
già Assessore della Regione Lazio