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Roma
"Accattò', come lo voi er trasporto funebre?". Addio a Citti tra famiglia e politici in vetrina

di Patrizio J. Macci


"Accatto', come lo voi er trasporto funebre?" "Co' tutti l'amici dietro che ridono. Er primo che piagne paga da beve a tutti!". Così recitava Vittorio Cataldi in riva al Tevere prima di sfidare il fiume nella pellicola di Pier Paolo Pasolini. E così è stato. Non piangeva nessuno a Fiumicino nella camera ardente allestita a Villa Guglielmi, e neanche più tardi in chiesa.
La cittadina che ha amato quasi come Roma l'ha salutato in una mattina di silenzio con un cielo baltico. Gli era piaciuta subito Fiumicino "non è un posto bello, però mi piace perché non c'ha la puzza sotto al naso, perché ci vengono ancora i fagottari e i borgatari, semplici e senza problemi. E poi è a due passi, che non ti fa nemmeno allontanare tanto da Roma" aveva detto dopo esserci capitato per un sopralluogo cinematografico.
E quando qualcuno lo incalzava ulteriormente sul perché avesse messo radici proprio lì, rispondeva che se fosse rimasto nella periferia romana per lui ci sarebbe stato solo il carcere nella vita. Quando poi l'amato Pasolini gli disse che sembrava l'Africa ("Franco...guarda, bastano due gabbiani e c'hai l'Africa a due metri da Roma) era diventato il rifugio dove passare una vita intera.
Il primo ad arrivare è Ninetto Davoli con le sue immancabili scarpe da ginnastica colorate, ora è lui uno degli ultimi "ragazzi di vita" ancora in circolazione, il cespuglio di capelli ricci ingrigiti ma le parole e l'innocenza con le quali parla sono rimaste immutate. C'è Paolo Pilati detto "Tarzanetto" uno degli ultimi attori di "Accattone" in vita, gli altri sono scomparsi oppure non se ne vanno più in giro, anche se qualche volto da sottoproletario nascosto sotto gli occhiali scuri e il cappello per difendersi dal freddo della prima giornata di un inverno che non ne voleva sapere di arrivare si indovina comunque. Lo scultore Rosati, autore del monumento al poeta friulano all'Idroscalo. Il registo delle firme sono poche paginette scarne.
Davoli è pignolo sull'allestimento, non vuole che nulla impalli la memoria di quello che considerava più di un fratello, un compagno di viaggio. La fotografia della locandina di Accattone viene collocata davanti al feretro. C'è la famiglia intera, i figli (Paolo che nella vita fa il sarto racconta dell'amore maniacale per il cinema di Franco), manca il figlio "straniero" che vive in Svezia e non parla italiano. Qualcuno cita il film "Mortacci" diretto dal fratello Sergio ambientato in camposanto e si ride di cuore al pensiero.
Parla il Presidente Nicola Zingaretti che Citti non lo ha mai conosciuto e butta lì alcune frasi di circostanza, il sindaco di Fiumicino. Chiude i discorsi l'Assessore alla Cultura di Fiumicino Daniela Poggi che si è preoccupata di tentare di riunire i documenti della memoria pasoliniana ancora sparsi sul territorio di Fiumicino, e porta una buona notizia: la prossima estate culturale del Comune sarà dedicata proprio a Franco Citti nell'attesa di intitolargli una via oppure una piazza. La giungla urbana dovrà aspettare per rendergli omaggio.
Citti stava scrivendo la sceneggiatura di un film prima di essere offeso nella parola dalla malattia. La storia di un angelo che vola su Roma alla ricerca della tomba di Pasolini, aveva svolto dei sopralluoghi nei cimiteri romani e preso appunti. È il suo film postumo che qualcuno dovrà portare a termine.
Un film cominciato nel 1961 è finito. La certezza che è terminato arriva quando il carro funebre lascia la chiesa e se lo porta via: Accattone stavolta è morto davvero, Franco Citti invece vivrà per sempre.

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