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Roma
Acqua potabile, Rieti dichiara guerra a Roma: “E' nostra, la dovete pagare"

“Se Roma vuole l'acqua potabile ce la deve pagare”. E' lo slogan con il quale 72 sindaci della Provincia di Rieti e 8 primi cittadini dell'ex Provincia di Roma oggi manifestano davanti la sorgente del Peschiera, il buco nella terra che toglie la sete di Roma da duemila anni.

Dopo “il ratto delle Sabine” tra mito e realtà, quella dell'acqua è la più grande rapina naturale che la storia di Roma abbia mai conosciuto. Non c'è giorno e notte in cui le rocce dei monti Reatini non facciano zampillare acqua di primissima qualità che viene intubata dall'Acea e spunta per caduta sino a Roma dove esce dai rubinetti di metà dei romani.

Quella della rapina dell'acqua è una storia vecchia, vecchissima di almeno 20 anni. Ora torna in auge perché da buon difensore dell'acqua bene pubblico, il sindaco di Roma Virginia Raggi è tra i firmatari (insieme ad Acea Ato 2) del ricorso al Tar che vuole privare i Reatini dell'indennizzo economico per essere costretto a cedere un bene naturale e preziosissimo come l'acqua a costo zero.

Tecnicamente si chiama “interferenza d'ambito”, cioè un prelievo che un soggetto terzo come l'Ato 3 effettua in altra zona per placare la sete. L'acqua per i Reatino è come il petrolio per gli arabi, con l'unica differenza che questo bene naturale non può essere venduto semplicemente perché con la scusa che è di tutti, finisce a Roma punto e basta.

E così il no al “ristoro” cioè al risarcimento diventa una battaglia anche politica. In testa al corteo che sfilerà nel comune di Castel Sant'Angelo, proprio davanti l'impianto che intuba l'acqua, ci sono l'ex Rifondazione ora Sel sindaco di Rieti, Simone Petrangeli e il presidente della sopravvissuta Provincia di Rieti, Giuseppe Rinaldi che dalle fila del Pd è stato eletto presidente della Giunta con la Lista civica centro sinistra.

E dichiarano guerra a Roma perché la rapina dell'acqua che Acea e il socio di maggioranza Comune di Roma, pompano come forsennati è un vero tesoro. Acea la prende gratis e la rivende facendo utili, parte dei quali restituisce proprio al Comune sotto forma di partecipazione ai risultati di esercizio. E Virginia Raggi che ha tutte le doti tranne la coerenza, prima di diventare sindaco chiedeva che l'acqua fosse distribuita gratis ai romani come “bene comune”, quando poi deve pagarla ai legittimi proprietari che sono i cittadini del reatino si ricorda di essere rappresentante dell'azienda che l'acqua la vende e firma il ricorso per mantenere la posizione di rendita economica costruita sulla pelle di altre popolazioni.

Basta vedere il Pil della provincia di Rieti per capire che l'acqua vale quanto un'impresa e che potrebbe cambiare le regole economiche della zona. Invece Roma e l'Acea sono venti anni che si affidano alla giustizia amministrativa per dire “basta alla rapina legalizzata” della risorsa del sottosuolo.
Così oggi saranno in 72 i sindaci che sfideranno il socio francese di Acea, il gruppo Caltagirone e il Comune di Roma. Secondo loro vale la regola che se Roma vuole l'acqua se la deve pagare.


IL TESTO DELLA LETTERA CHE INVITA A MANIFESTARE I SINDACI DI 72 COMUNI

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