Roma
Addio a Nicola Signorello “er pennacchione”, sindaco della Roma dei condoni
Scompare a 96 anni Nicola Signorello, sindaco di Roma dall'85 all'88. Chi era, i suoi amici, il Pentapartito e l'immobilismo
Nicola Signorello detto Pennacchione è stato un politico democristiano, consigliere provinciale nel 1952, rieletto nel 1956 e nel 1960 fino ad arrivare alla guida della provincia di Roma, ruolo che ricoprirà dal 1960 al 1965, primo presidente democristiano dopo due giunte a trazione di sinistra e guida comunista, eletto sindaco di Roma rimase in Campidoglio dal 31 luglio del 1985 al 10 maggio del 1988. E questa è solo la sua esperienza di politico “laziale”.
Erano gli anni dei soprannomi, tutti i politici romani ne avevano uno che gli veniva affibbiato spesso con un eccesso di cattiveria ma nei fatti destinato a rimanere indelebile, avevano il loro anche i criminali che insanguinavano le strade della Capitale: il Freddo, il Dandy, Accattone, Palle d’oro catturati nella rappresentazione filmica vent’anni dopo in Romanzo Criminale.
La città dei condoni
Le parole d’ordine di quegli anni erano: moratoria, sanatoria la deroga”, le pensioni baby e quelle di invalidità. E il condono, naturalmente: anzi una proliferante varietà di condoni: edilizio, fiscale, previdenziale, istituzionale, tombale perfino”, ha scritto Filippo Ceccarelli principe dei notisti politici. Il colore dominante era il blu democristiano al quale tutto veniva perdonato.Le cronache riportano che Signorello fu amico (alcuni erano anche compagni di partito) di politici come Vittorio Sbardella detto lo Squalo, Raniero Benedetto detto er Serpente, Mario Gionfrida detto er Gatto, Antonio Gerace detto er Luparetta, Pietro Giubilo detto er Monaco destinato a diventare il sindaco successivo. Alcuni politici che navigavano nello stagno capitolino di quegli anni erano ex fascisti divenuti democristiani per opportunità e nulla facevano per nasconderlo alla pubblica opinione.
Il triennio della stagnazione
Stagno è la parola più giusta per definire il clima che si respirò durante il suo triennio da sindaco: fu tacciato di immobilismo amministrativo, ma la sua elezione fu la prima vera applicazione del Pentapartito: DC-PSI-PSDI-PRI-PLI uniti tenendo fuori dalla maggioranza il Pci. Alcuni storici di professione lo inquadrano come il primo esperimento di pentapartito amministrativo in assoluto, spostando la data di nascita ufficiale di questa formula politica successivamente al 1989, Bettino Craxi e Arnaldo Forlani officianti in un camper.Ricorda Walter Tocci intervistato in un libro di Francesco Erbani, Roma, Il tramonto della città, l'ex vice sindaco, l'ex comunista, l'uomo che ai tempi di Rutelli impresse una (breve) svolta nei metodi di governo: "Funzionava così: uno si comprava un pezzo di terreno, un altro se ne comprava un altro, poi venivano in Campidoglio e pretendevano che il sindaco li dichiarasse edificabili, guadagnandoci un sacco di soldi senza battere ciglio.
Il ritorno alla rendita
Il sindaco Petroselli, ai suoi tempi, aveva interrotto tutto questo. Poi, morto Petroselli, anche nel Pci prevalse una linea diversa, e si tornò alla mediazione con la rendita". Il risultato è la Roma contemporanea, quella che faceva paura a Italo Insolera, l'urbanista che più di tutti studiò e spiegò la capitale agli italiani con il suo saggio del 1962 "Roma moderna Tor Pagnotta, Bufalotta, Malafede, Casal Boccone, Castellaccio, Murate, Romanina, Madonnetta quartieri destinati a divenire dormitori. Poi venne il diluvio e Roma esplose, secondo altri invece è implosa anzi è in costante fusione da quegli anni. Il suo nocciolo di problemi: traffico, immondizia, buche, l’ha stretta in una morsa che nessun sindaco è riuscito a spezzare.