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Roma
Aids: storia di un'epidemia dimenticata. “Oggi serve più informazione”

L'Aids, una pandemia ancora diffusissima. In tutto il mondo si contano ancora oggi 38 milioni di persone. In Italia ogni anno 1000 persone scoprono di essere positive all'Hiv. Eppure a oggi si parla sempre di meno di questa epidemia. “Serve più informazione e prevenzione, soprattutto per i giovani”.

Queste le parole del professor Giuseppe Cerasari, medico specializzato in malattie infettiva che ha dedicato tutta la sua lunga carriera alla cura delle persone affette da Aids, affrontandolo dai primi anni dall'esordio della malattia, quando non c'erano cure e la maggior parte delle persone affette non aveva scampo. Il professore ha racchiuso tutta la sua esperienza in un libro, intitolato “L'Aids colpisce ancora. Il dramma di una realtà”, un libro in cui racconta la storia dell'Aids e di come abbia influenzato la cultura e la società, e racconta anche la storia e l'esperienza di alcuni pazienti.

Cosa racconta in questo libro?

Il libro ripercorre la mia esperienza di 40 anni di medico, che fin dall'inizio si è occupato dell'epidemia dell'Aids. In effetti mi sono occupato anche di altri virus che erano comparsi, come quello dell'epatite C, che all'epoca veniva chiamata epatite “non A né B”. Appena mi sono specializzato in malattie infettive, ho cominciato ad occuparmi dell'Aids. Il libro è diviso in tre parti, come una giornata con l'alba, il mezzogiorno e il tramonto. L'alba è la presa di coscienza e la storia dell'epidemia. All'inizio avevamo solo un farmaco che però non funzionava e gli infetti morivano. Il mezzogiorno è la seconda parte, quando sono arrivati nuovi farmaci che riuscivano a tenere a bada la malattia. Qui ci sono le storie dei pazienti con cui sono venuto in contatto e delle discriminazioni che subivano. Infine abbiamo il tramonto, con farmaci che l'hanno resa cronica. La gente non muore più. Ma il virus non è sconfitto.

L'Aids è ancora oggi un pericolo?

A tutt'oggi resta la principale epidemia, anche se è dimenticata. Per ora è seconda solo all'influenza spagnola che fece 50 milioni di morti. Nel 2021 si registravano 38 milioni nel mondo che convivevano con il virus dell'Aids e l'epidemia, da quando è stata identificata negli anni Ottanta ha mietuto 40 milioni di vittime. Ha senso parlarne ancora oggi perché proprio recentemente è fallito l'ennesimo tentativo di creare un vaccino. La storia del vaccino anti-Aids è lunga. In molti ci hanno provato. Più volte si è sentito che ci si era riusciti, per poi essere smentiti. Per cui occorre richiamare l'attenzione sulle misure necessarie per prevenire l'infezione. La prevenzione, in assenza di un vaccino è l'unica arma che abbiamo. E va richiamata l'attenzione sul tema, soprattutto nei giovani. E invece vedo che negli ultimi anni il tema è andato un po' in sottotono. Non se ne parla più.

Non c'è il vaccino, ma ci sono dei farmaci

Sì, grazie alle terapie siamo riusciti ad abbattere la mortalità. Ma non possiamo impedire l'infezione. Tuttavia non si guarisce: bisogna costantemente prendere le terapie per azzerare gli effetti del virus. Inoltre esistono anche dei farmaci che abbattono il rischio di contrarre il virus. Si tratta di una profilassi preventiva utilizzata spesso da persone omosessuali che hanno rapporti occasionali. Bisognerebbe allargare l'accesso ai test per l'Hiv, per esempio con test salivari da fare in farmacia. O con test anonimi che permettano però di sincerarsi della propria condizioni. Dei 38 milioni di persone affette da Aids, infatti, c'è una certa quantità che non sa di esserlo.

Qual è la situazione in Italia?

Secondo gli ultimi dati, risalenti a prima del Covid, in Italia si registrano mediamente 1000 casi ogni anno. Non sono proprio pochi.

Mi ha parlato della prevenzione e dell'informazione. Secondo le si fa abbastanza per informare al giorno d'oggi?

Francamente non vedo molta informazione su questo tema. Ormai si da per scontato che la patologia si cura, quindi non si fa più molta informazione. Non c'è informazione sui comportamenti sessuali a rischio. Non c'è informazione sulla diffusione anche di altre malattie sessualmente trasmissibili, come la sifilide, che per altro è in aumento. E poi non andrebbero informati solo gli omosessuali, ma anche gli eterosessuali. Soprattutto i giovani vanno informati, in primo luogo sull'importanza dell'uso del profilattico.

Quindi con il messaggio che vuole trasmettere con il libro è quello contenuto nel titolo?

Esattamente: ho titolato “L'Aids colpisce ancora”, perché non ha smesso di colpire. E poi in un'epoca di globalizzazione non possiamo considerarci isolati. È vero in Italia non abbiamo più di mille casi all'anno, ma nel resto del mondo e specialmente in Africa ce ne sono molti di più. Lo si è visto con la pandemia da Covid-19.

Sembra quasi che l'Aids non vada più “di moda”. Secondo lei esistono malattie che vanno “di moda” per un certo periodo?

Nel libro io racconto di come l'Aids, quando è stato reso noto, abbia coinvolto varie forme espressive della cultura popolare, dalla musica al cinema. C'erano film come Filadelfia. C'erano canzoni come quella di Elton John dedicata a un suo amico morto di Aids. E poi ha coinvolto anche la politica. Ricordo di come il presidente Reagan non volesse riconoscere la malattia, perché avrebbe dovuto riconoscere anche gli omosessuali. Si dovette attendere la dichiarazione di Rock Hudson, che ammise sia di essere gay sia di aver contratto la malattia. Insomma ci sono delle prese di coscienza. Più che dire che vanno di moda, io direi che periodicamente emergono delle malattie infettive che non riusciamo a prevedere e che, una volta diffuse, c'è una presa di coscienza.

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