Roma
Al lavoro per 0 euro al minuto. Call center, bando da incubo

Dal 1999 risolvono i problemi postali degli italiani rispondendo al call center di Poste Italiane. Ora centinaia di famiglie rischiano di perdere la propria fonte di sostentamento. Per i lavoratori di Up Time è un Natale amaro con un 2016 segnato già da una data: a marzo scade la proroga del contratto poi saranno senza lavoro.
Sono cento i dipendenti assunti nel 1999 dal gruppo Poste e “riversati” nel 2003 in una società partecipata da Gepin Contact e Omega. Un'alleanza su cui si è abbattuta la scure della giustizia quando nel febbraio 2015 fu arrestato il presidente della Getek Enzo Zavaroni per bancarotta fraudolenta. “Così si è rotto l'incantesimo. Essendo parte del gruppo Poste il lavoro di call center era un'assegnazione diretta che dava lavoro a 100 dipendenti di UpTime e a 350 di Gepin, ma con una indagine così pesante in corso Poste ha deciso di dismettere la propria partecipazione – spiega Doriana De Leonardis della Cisl - Negli uffici di via Cornelia passano così delegati di Poste Italiane incaricati di imparare il lavoro per poi istruire dipendenti a Genova e Napoli. Un passaggio di consegne che ci ha fatto capire che per noi dopo 16 anni di lavoro il tempo era scaduto. Poi la doccia fredda con indizione della gara con cui Poste avrebbe assegnato il servizio, a cui noi, lavoratori del Gruppo, non potevamo partecipare per conflitto di interesse”.
Ma sul esito del bando pesa ora una denuncia all'anticorruzione. “Nei giorni scorsi si è chiusa la prima fase della gara indetta da Poste per assegnare 4 lotti di attività di call center, per Poste e la sua controllata SDA Express – spiega Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil - La pre-assegnazione dei lotti ha evidenziato immediatamente che gli importi offerti per vincere la gara sono tutti drammaticamente sotto il costo del lavoro, arrivando a toccare la cifra record di 0,296 centesimi per minuto di chiamata.”
“Con tali importi non è possibile pagare nemmeno il mero costo del lavoro, evidenziando con chiarezza che tali attività saranno gestite attraverso forme “fantasiose” e con una caduta drammatica del servizio offerto. L’assegnazione, inoltre, crea drammi sociali in interi territori. L’attività è stata tolta a un’azienda partecipata direttamente da Poste e nata proprio da una cessione di una sua controllata oltre 10 anni fa, creando il paradosso di affossare un’azienda di cui Poste detiene una importante partecipazione. Per l’ennesima volta si sceglie in questo modo di far pagare un concetto stravagante di mercato solo e solamente ai lavoratori.”
“Mentre la Camera dei Deputati e il Governo hanno votato, nelle scorse settimane, una norma che, allineando l’Italia agli altri Paesi europei, garantisce la continuità occupazionale nei cambi di appalto dei call center, norma che ora è passata all’esame del Senato, i manager di una azienda pubblica qual è Poste devastano completamente il settore con una gara i cui criteri di aggiudicazione sono totalmente da individuarsi nel massimo ribasso, essendo il criterio tecnico valutato per autocertificazione.”
“E’ evidente che se l’assegnazione dovesse essere confermata saremmo in presenza di una vera e propria “istigazione a delinquere” essendo certo sin da ora che quei corrispettivi non saranno sufficienti a retribuire nemmeno il mero costo del lavoro – prosegue il sindacalista. In questo modo un’azienda pubblica, mentre il Governo sta introducendo norme per evitare tali situazioni, devasta un intero settore escludendo tutte le imprese strutturate che hanno, comunque, offerto importi non in grado di garantire stabilità economica della commessa. Sarebbe opportuno che l’Anac, Agenzia nazionale anticorruzione, aprisse un’indagine sulle modalità e sulle scelte compiute in tale gara.”