Allarme tubercolosi: “È boom tra i migranti”. Il Simpse svela i numeri
La Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria svela i dati sulle condizioni nelle carceri
Nelle carceri "trionfa" l'epatite C, ben 7 detenuti su 10 sono vittime di una patologia cronica, ma ed esplodere è l'allarme turbercoli: "In aumento tra i migranti".
Parola di Simpse, Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria, riunita in questi giorni nel XIX congresso nazionale all'Eur. All'evento organizzato insieme alla Simit Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, sono presenti circa 200 partecipanti provenienti da tutta Italia. Tra i principali topics in programma, la vaccinazione delle persone detenute, integrazione e tutela delle fragilità sanitarie e sociali in carcere, il dolore e la salute mentale in ambito penitenziario, microeradicazione di HCV in sezioni detentive, esperienze di gestione dei detenuti migranti.
E il legame che salta subito agli occhi è quello tra migranti e tubercolosi, rilanciato dallo stesso ministro Salvini poco meno di un mese fa. "Quando parliamo di migranti - spiega il Prof. Babudieri, Presidente del Congresso nonché Direttore Scientifico - dobbiamo ricordarci che si tratta di persone che, per più o meno ovvie ragioni, tendono a non curarsi e a non poter approfondire la propria questione sanitaria. In aumento per loro è soprattutto la tubercolosi, con la possibilità di aumentare la circolazione di ceppi multiresistenti ai farmaci. Un ulteriore problema è intrinseco alla malattia, per sua natura subdola e non facilmente diagnosticabile, perché il peggioramento è lento e graduale. Purtroppo ci vorrebbe una maggiore attenzione proprio a partire dai centri migranti, spesso con controlli sanitari non adeguati".
Ma all'interno dei 190 istituti peniteziari italiani, attraversati tra i 100mila e 105mila detenuti l'anno, è l'epatite C ad aggiudicarsi lo scettro di "regina" delle malattie. "Tra le malattie infettive, il virus dell'epatite C è quello più rappresentato, soprattutto a causa del fenomeno della tossicodipendenza - spiega ancora il Prof. Babudier - È risaputo che un terzo dei detenuti (34%) è detenuta per spaccio di stupefacenti, il che li rende più soggetti a malattie infettive. Dal 30% al 38% dei carcerati ha gli anticorpi del virus dell'epatite C, ma di questi solo il 70% hanno il virus attivo. Dai 25 ai 30mila detenuti, quindi uno su tre, avrebbero bisogno di essere trattati con i nuovi farmaci altamente attivi contro il virus C dell’epatite".
Secondo gli ultimi dati, circa il 70% dei detenuti possiede almeno una malattia cronica, ma di questi poco meno della metà ne è consapevole. Le carceri si confermano, quindi, un concentratore di patologie: malattie infettive, psichiatriche, metaboliche, cardiovascolari e respiratorie.
Numeri migliori, ma non ancora positivi, riguardano infine l'Hiv. Una patologia in diminuzione, ma che non riguarda più principalmente ed esclusivamente le categorie più a rischio. Oggi si parla del 3/3,5% di sieropositivi nelle carceri, ma è difficile effettuare nuove diagnosi. Gli affetti da Epatite B, invece, sono circa il 5-6% del totale. Inoltre oltre la metà dei detenuti stranieri è positivo ai test per la tubercolosi.
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