Roma
Ambiente e Ricerca: all'Ispra carriere “congelate“, niente aumenti per 300 ricercatori ma i fondi ci sono. La vergogna d'Italia
Nel silenzio del sindacato i dipendenti dell'Istituto per la Protezione Ambientale scippati di 1,6 mln di euro destinati agli stipendi. Ecco chi sono e cosa fanno per il Paese
Laureati, venti anni di anzianità di servizio e uno stipendio che li riporta a quando sono stati assunti e più idoneo a impiegati di concetto che ha ricercatori esperti in Ambiente. Il caso Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione Ambientale e la Ricerca per il sistema Italia è una doppia vergogna: non solo 300 ricercatori non hanno avuto progressioni di carriera ma, ancor più grave è che fondi ci sono ma non vengono utilizzati.
E l'Ispra non è un ente inutile, perché dai computer degli uffici di via Brancati a Roma, nel quartiere Eur-Pavese escono tutti quei dati che alimentano l'Istat le politiche di sviluppo sostenibile, le linee guida per la protezione ambientale e i “numeri” sullo stato di salute dell'Italia che l'Agenzia Europea dell'ambiente chiede come “certificati” qualora l'Europa prende in esame l'apertura di una proceduta d'infrazione al termine della quale possono essere comminate multe pesantissime.
La banca dati del suolo e dell'aria del Paese
Insomma, nella banca dati dell'ambiente italiano, chi ci lavora viene trattato alla stregua di un impiegato qualsiasi, pur facendo ricerca e trattando dati preziosissimi anche in termini economici. L'Istituto presieduto da Stefano Laporta e con un comitato scientifico di prim'ordine nominato dall'ex ministro Cingolani ha due velocità: quando si tratta di elogiare l'efficienza si fa riferimento a Ispra ma nel contempo chi ci lavora ha visto negli anni divorare dall'inflazione il potere d'acquisto degli stipendi congelati.
La beffa dei fondi stanziati nella Finanziarie 2021 e 2023 congelati
La seconda beffa è tipicamente italiana. Nella Finanziaria 2023 sono stati stanziati dei fondi (per analogia con quanto accaduto nella finanziaria 2021 per gli enti vigilati MUR) per la valorizzazione del personale ricercatori/tecnologi e promuovere il loro avanzamento a livello di primo ricercatore/primo tecnologo II livello. I fondi sono strutturali a partire dall’anno 2024. E l’anno si approssima alla fine senza che questi fondi siano stati utilizzati allo scopo identificato dal legislatore. E si parla di 1,6 milioni di euro che ballano da una Finanziaria all'altra senza mai finire negli stipendi. Inoltre, gli enti destinatari dei fondi indicati nella L 213/2023 hanno inoltrato un quesito alla Funzione Pubblica anche attraverso una lettera congiunta (mediante Codiger e Coper.) chiedendo di poter utilizzare questi fondi per scorrere graduatorie vigenti. Ma la Funzione Pubblica ad oggi non ha dato risposta e se on arriverà nei prossimi giorni ancora una volta i ricercatori vedranno passare il loro treno.
C'è il sospetto, il fortissimo sospetto, che i fondi del 2024 invece di essere destinati agli stupendi finiscano nella casse dell'ente per rendere più snello il bilancio.
Chi sono i 300 ricercatori e di cosa si occupano
Per chi non lo sapesse, i 300 ricercatori di stanza a Roma si occupano di di consumo di suolo, calcolo delle emissioni, rilevare gli impatti dell’inquinamento su ecosistemi, monumenti produttività agricola e salute, di tenere banche dati su siti contaminati, emissions trade, oltre a produrre pubblicazioni annuali quali rapporto rifiuti, annuario dei dati ambientali, inventario nazionale delle emissioni, rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia. Robetta che il Paese degli sprechi non intende premiare con il giusto compenso. Il “furto” retributivo si consuma sotto gli occhi silenti delle organizzazioni sindacali.
Al Cnr esplode la vertenza di 4 mila precari
Qualcosa si muove, invece, al Cnr. Qui la Uil col segretario Alberto Civica, ha aperto una vertenza che interessa 4 mila precari. Scrive la Uil in una nota: “Oltre 4 mila precari che, a differenza di quanto promesso finora, non verranno stabilizzati mantenendo la ricerca nel limbo in cui continua a soggiacere da anni nel nostro Paese. E’ questa la situazione in cui si trovano i ricercatori e i tecnici del CNR che da giorni sono in assemblea permanente - come riferiscono alla Uil Lazio il segretario Nazionale della UIL RUA Mario Ammendola e la coordinatrice Naizonale del CNR Rossella Lucà - per protestare contro la decisione univoca e inaspettata della presidente Maria Chiara Carrozza che ha comunicato a sorpresa di non voler procedere alla stabilizzazione dei precari, come invece previsto dalla legge Madia.
“Una situazione preoccupante – commenta il segretario della Uil Lazio, Alberto Civica – cui il sindacato non può sottrarsi. Si tratta della vita di migliaia di lavoratori e, contemporaneamente, di una delle eccellenze del nostro Paese che non può continuare ad essere umiliata e boicottata ulteriormente. Non è un caso se poi i nostri migliori talenti vanno all’estero per ottenere il riconoscimento che l’Italia non riesce a garantire”.
Alla ricerca infatti l’Italia destina un misero 1,31% del Pil, contro ad esempio il 4% dei Paesi nordici o il 3,11% della Germania, rimanendo così al di sotto della media europea (2,25%). Per non parlare della situazione regionale che vede il Lazio diminuire del 2,7% le risorse destinate al settore mentre di contro in Lombardia la ricerca conquista un più 34% e in Emilia Romagna un più 24%.
"E anche il dato sui contratti che risultano in aumento è in realtà parziale - prosegue Civica - perché a crescere sono quelli a tempo determinato, a discapito dell'indeterminato. Contratti che spesso non arrivano a 12 mila euro annui".
Un divario retributivo enorme che fa sì che i nostri scienziati siano tra i meno pagati del mondo occidentale, favorendo quindi l’esodo delle nostre menti migliori.
Civica, Uil: "Il Governo poi ci parla di famiglia e bonus natalità"
“D’altronde – continua Civica – con stipendi del genere e contratti precari come si può pensare di agevolare la ricerca? E poi il Governo ci parla di famiglia e bonus natalità. Come si può pensare di mettere al mondo dei figli in queste condizioni? Prima di sponsorizzare anacronistiche politiche famigliari, bisognerebbe puntare realmente sul welfare. Quello reale. Non di facciata per un voto in più”.Al Cnr i 2800 ricercatori con assegni di ricerca percepiscono stipendi che vanno dai 1200 ai 1600 euro al mese. Sono più fortunati, si fa per dire, i 1200 tempi determinati che arrivano a 1800 euro mensili. “Per non parlare della situazione delle donne, che in questo settore rappresentano la maggioranza – prosegue il segretario generale della Uil Lazio – sottopagate, sottovalutate e con un carico famigliare e sociale non indifferente".