Amianto all'ex Velodromo: il fatto non sussiste. Ona: “Pm impugni la sentenza”
Assolto perché il fatto non sussiste l'ex dirigente Eur Spa Filippo Russo
Amianto all'ex Velodromo dell'Eur: secondo la Sesta Sezione del Tribunale di Roma non c'è reato.
Dunque non c'è alcun colpevole per la nube di polvere di amianto che si è sprigionata il 24 luglio del 2008 quando l'ex velodromo dell 'Eur fu fatto implodere, allargandosi su tutto il quadrante sud della capitale.
Assolto quindi per non aver commesso il fatto Filippo Russo, dirigente dell' Eur spa, unico responsabile del procedimento ai tempi in cui la partecipata da Tesoro e Comune era guidata da Mauro Miccio come amministratore delegato e da Paolo Cuccia come presidente. Filippo Russo nel 2011 ha lasciato Eur Spa.
Nel processo si erano costituite parte civili l'Osservatorio Nazionale Amianto, l'Associazione Codici, il Comitato per l'accertamento delle verità sulla presenza di amianto nell'area dell'ex Velodromo, l'Associazione Earth, e un gruppo di residenti dell'Eur.
"Non comprendiamo le ragioni dell'assoluzione, in ragione della effettiva sussistenza del fatto materiale e del rischio che tali condotte, attive ed omissive, hanno determinato, con lesione di interessi penalmente protetti. Soprattutto, non si possono comprendere le ragioni della formula assolutoria “il fatto non sussiste”. La nostra associazione formulerà istanza al PM e al Procuratore Generale perché impugnino la sentenza assolutoria", dichiara l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto.
I capi d’accusa: omissione dei dovuti controlli in modo da evitare che si sprigionasse una nube contenente polveri di amianto durante la demolizione, evitando così che si espandesse nell’area circostante.
La vicenda comincia il 24 luglio 2008 giorno in cui, la struttura costruita per le Olimpiadi del Sessanta, venne fatta implodere con 120 chili di tritolo. L'esplosione fece saltare in aria quattro tonnellate di materiale contenente amianto.
La demolizione dell’impianto era stata decisa sotto la giunta del sindaco Gianni Alemanno. Nel progetto pensato dall’Eur Spa si prevedeva la costruzione di una parco acquatico, la così detta Città dell’Acqua. Ma i lavori non sono mai partiti e i comitati di cittadini denunciarono che unico scopo della demolizione era ottenere il cambio d’uso della struttura per poi edificare otto palazzine residenziali.
Dopo alcuni anni di indagini si arrivò al rinvio a giudizio di Filippo Russo, unico imputato, sul cui capo pende l’accusa di disastro ambientale. Il processo iniziò il 12 febbraio 2013.
Secondo l’Ona, 10mila cittadini romani sarebbero stati esposti alle fibre di amianto a causa di questa nube sprigionata dall’esplosione: “L'esplosione del velodromo, incauta, ha determinato l'esposizione ad amianto di circa 10mila cittadini romani, che si sarebbe potuta e dovuta evitare, poiché per i prossimi venti, trenta e quarant'anni, c'è il rischio di insorgenza delle classiche patologie asbesto correlate, tra le quali il tumore polmonare e il mesotelioma”, spiega l'avvocato Ezio Bonanni, che per primo presentò l'esposto in Procura.