Roma

Amianto, la strage continua. A Roma e nel Lazio 1373 morti

di Valentina Renzopaoli

Quattromila morti ogni anno per malattie asbesto correlate, con oltre 15mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2008 secondo i dati del Registro Nazionale Mesotelioma di Inail. Un'ecatombe silenziosa che va avanti da decenni. A ventitré anni dalla sua messa al bando, infatti l’amianto è ancora diffuso, in diverse forme, sul territorio nazionale: le stime, per difetto, di Cnr-Inail parlano di 32 milioni di tonnellate. Secondo il Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente sono 75mila gli ettari di territorio sui cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto. Ma secondo l'Osservatorio Nazionale Amianto la situazione sarebbe ancora più grave: si parla di 6mila morti e 40milioni di tonnellate di materiali che contengono la fibra killer. Soltanto nel Lazio sono oltre un milione le tonnellate ancora da rimuovere e i casi di mesotelioma registrati dal 2001 al 2012 sono stati 1.373, a cui vanno aggiunti migliaia di casi di patologia tumorali riconducibili all'esposizione.
Numeri choc che dovrebbero far accendere finalmente i riflettori su un'emergenza risolvibile esclusivamente attraverso seri interventi di bonifica. Per ricordare le migliaia di persone che hanno perso la vita a causa dell'esposizione all'amianto, martedì 28 aprile si celebra la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto.
Nonostante la Legge 257 prevedesse Piani Regionali Amianto redatti entro 180 giorni dalla sua pubblicazione, il Lazio, così come l'Abruzzo, la Calabria, il Molise, la Puglia e la Sardegna non li hanno ancora approvati. Intanto il censimento, fondamentale per calcolare le quantità da recuperare e realizzato solo in 10 Regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta), indica oltre 230mila strutture censite.
Gli edifici pubblici e privati contenenti amianto sarebbero più di 188.000, cui vanno aggiunti i 6.913 siti industriali dislocati su tutto il territorio nazionale e altre strutture contenenti la pericolosa fibra.
Per quanto riguarda la rete impiantistica per lo smaltimento dell'amianto, nel Lazio non ci sono impianti: su tutto il territorio nazionale sono ventiquattro: 5 in Sardegna, 4 in Piemonte e Toscana, 2 in Emilia, Lombardia e Basilicata, uno in Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la provincia autonoma di Bolzano. Le volumetrie residue sono comunque insufficienti a garantire un corretto smaltimento dei materiali che ancora oggi finiscono al 75% in discariche fuori dai nostri confini.
“Il problema amianto non può più essere affrontato solo con misure giudiziarie e previdenziali perché non restituiscono la salute e non riportano in vita i deceduti e non impediscono l’insorgere di nuovi casi”, spiega l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto. “L'epidemia in corso è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni. E’ necessaria la bonifica, attraverso progetti di sviluppo territoriali da cui trarre le risorse economiche necessarie, unitamente all'utilizzo della leva fiscale e dei fondi strutturale europei”.
L'Ona sottolinea anche che l’Italia continua ad importare amianto: “Non debbono essere trascurati gli aspetti internazionali nella risoluzione del problema, anche perché come dimostrato dall’Associazione, l’Italia ha continuato l’importazione di amianto anche dopo l’entrata in vigore della L. 257/92, che la proibiva. L’Ona ha già portato all’attenzione dell’Autorità giudiziaria la documentazione comprovante l’importazione di amianto in Italia in questi ultimi anni, ed auspica che si renda giustizia a tutte le vittime".
Dal 2001 al 2012 nel Lazio sono stati registrati 1373 casi di mesotelioma alla pleura, su circa 800 dei quali è documentato il rapporto con l'esposizione all'amianto.