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Roma
Anna Frank “violata”. “Per non turbare i bimbi, meglio un corso di ceramica”

Svastiche su una scuola dedicata ad Anna Frank, il comune organizza una iniziativa speciale, una mamma propone alla  classe un evento per far conoscere la storia della ragazza ebrea ai bambini.

 

Ma le mamme rispondono che per non turbarli, è molto meglio organizzare un corso di ceramica o di ferri e maglia. Affaritaliani.it pubblica la sua lettera.

di “Una mamma sconcertata”

Una svastica sul cartello della scuola elementare e media Anna Frank di Pesaro, provincia serena, apparentemente priva di conflitti sociali e ideologici. E’ successo domenica 19 novembre. La notizia finisce su siti e giornali nazionali, sospesa tra chi critica l’eccessiva visibilità data in questo modo agli autori di tale scempio e chi, invece, sostiene il pericolo del silenzio su queste manifestazioni di preoccupante ritorno di xenofobia.
Il Comune prende una posizione netta: condanna ferma, pubblica, con rimozione immediata della svastica e delle altre scritte di odio lasciate nei dintorni della scuola.
A pochi giorni dal fatto, il provveditore, in maniera tempestiva, organizza, insieme alle autorità cittadine, compreso il prefetto appena nominato, una iniziativa speciale nella Sinagoga.
Gli studenti delle scuole superiori si alternano, insieme a due bravissimi attori, in una maratona di letture del diario di Anna Frank, mentre scorrono le immagini che descrivono gli ultimi mesi di vita della ragazza di Amsterdam. Semplice, toccante come le parole di sindaco e prefetto che invitano a continuare su questa strada per diffondere memoria e conoscenza, strumenti fondamentali per crescere liberi.
Presa dall’enfasi, scrivo nella chat di classe, dove si era chiesto di proporre iniziative da sottoporre al consiglio di interclasse prossimo: “Mi permetto di suggerire di replicare, tarandola sulla sensibilità dei nostri bambini, una iniziativa come quella a cui ho assistito. Una lettura di brani scelti del diario di Anna Frank, magari anche aggiungendo le immagini, in nessun modo violente, che raccontano la sua storia.”
Silenzio in chat. Dopo poco due mamme rispondono entusiaste. Silenzio. La rappresentante di classe suggerisce di proporla magari per la giornata della memoria. Accolgo l’osservazione, anche se mi verrebbe di ribadire che ogni giorno è buono per parlare dei valori, del rispetto per il prossimo, dell’uguaglianza e della libertà, non si dovrebbe aspettare una data predefinita. Forse però l’osservazione è un tentativo di salvarmi dalle successive inquietanti obiezioni.
 “Va bene tutto, giusto sensibilizzare i bambini ed istruirli al senso civico, ma non si potrebbe aspettare che studino la seconda guerra mondiale per parlare di certi temi – interviene una mamma – sono sempre bambini di otto anni. Magari proponiamo un corso di avvicinamento all’arte e alla scultura: un bel laboratorio di ceramica!”
Risponde un’altra mamma: “sono d’accordo, e poi le maestre hanno già tanti progetti da seguire e da fare, perché aggiungere altro!”. Una terza tenta di alleggerire: “si potrebbe organizzare qualcosa nell’ambito delle iniziative per l’affettività, leggendo libretti più adatti alla loro età o chiedendo a nonni o bisnonni che possano raccontare qualcosa.”
Contemporaneamente viene distolta l’attenzione per riportare la discussione su questioni più urgenti e di vicina scadenza: “occorre iniziare a portare i soldi necessari per il corso di Knit (sì ferri e maglia)”.
Piovono ok, faccine, dita alzate (il pollice non altre).
Siamo in democrazia, me lo ripeto da almeno un paio di ore, quindi, come avevo anche premesso alla mia proposta, mi rimetto al giudizio della maggioranza, però non riesco a non avvertire questa sensazione di rabbia culturale. Mia figlia ha conosciuto la storia di Anna Frank l’anno scorso, quando abbiamo deciso con mia mamma di raccontargliela per quella che è: la vita di una ragazzina di tredici anni che ha affidato al suo diario segreto le emozioni, le ansie, le paure, ma anche i sogni, le speranze di giornate vissute nascosta con la propria famiglia per sfuggire alla cattura di uomini scellerati che seguivano un capo folle, autore di una delle più terribili stragi che la storia ricordi.
Lei ha fatto le giuste domande banali, sbagliate, assurde di una bambina di sette anni: “ma come facevano a mangiare, e perché nessuno le scopriva, le amiche di Anna non potevano mai vederla, Peter era carino, nei campi di concentramento li avrebbero legati con delle palle che esplodevano, ma Hitler perché ha fatto questo?”
Senza turbarla abbiamo risposto, rispettando la sua età, la sua curiosità, ma anche la realtà della storia. Non ha avuto traumi nei giorni successivi: non odia i tedeschi, non fa incubi su buchi nascosti dietro le librerie, si è chiesta perché le avessero messo la maglia della Roma, ma ormai Anna Frank è parte del suo patrimonio di personaggi, di figure del suo immaginario. La speranza, non la certezza, è quella che voglia saperne sempre di più, che torni spesso a leggere per scoprire, conoscere e magari coinvolgere suoi amici a fare altrettanto.

Eppure c’è chi pensa che io, raccontandole e leggendole passi di quell’eccezionale documento storico avrei potuto agitarla, che avrei dovuto aspettare che lei imparasse a memoria le date fino al 1945 ( che poi non si sa più nei programmi quando si studi la seconda guerra mondiale); che al limite avrei dovuto parlargliene mentre copiava un dipinto di Monet o sferruzzava una sciarpa; meglio un testo scelto da pedagoghi esperti, certo non è compito delle scuole elementari trattare certi temi, citando poi una fonte così pericolosa. E poi c’è così tanto da fare, perché perdere ore preziose per aiutare ad elaborare un pensiero libero sulla storia, sul passato, il presente e il futuro.
Non ho più risposto nella chat, non ho voglia di litigare, ma non posso tacere, perché questo accade in una provincia che apparentemente sembra priva di conflitti sociali e ideologici, nella quale una mattina spuntano simboli di odio per imbrattare la memoria di chi ha amato il prossimo fino all’ultimo giorno della sua giovane vita e c’è chi preferisce il silenzio, allo sdegno, l’indifferenza alla conoscenza, il timore alla forza della libertà.
Che poi i nostri bambini e i nostri ragazzi, per fortuna, sanno essere spesso più intelligenti di noi e alla fine in qualche modo incontreranno Anna nel loro cammino e si rammaricheranno di non averlo fatto prima.

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