Anti-Uber day: il giorno della rabbia. Il 18 marzo diecimila taxi assediano Roma
L’obiettivo è quello di bloccare la città come già successo a Londra e Parigi: allora alle proteste presero parte 8mila autisti di "Black Cab" londinesi e 1500 vetture portarono la guerriglia urbana davanti agli aeroporti di Charles De Gaulle e Orly, il 18 marzo a Roma i tassisti promettono di essere in 10mila per gridare la propria rabbia
Uno sciopero contro il governo e contro Uber per protestare "contro la deregolamentazione del settore – spiegano i responsabili nazionali dei sindacati dei tassisti – attraverso gli emendamenti alla legge 21/92 (la norma quadro del trasporto pubblico, ndr) in discussione alla Commissione del Senato, che favorirebbe oligopoli e multinazionali a discapito del servizio pubblico". Lo schema, ormai, si ripete identico in tutta Europa: da Londra a Parigi chi ha una licenza per taxi alza barricate contro i conducenti a noleggio. Nel mirino c’è sempre la multinazionale americana che con la sua applicazione online – tramite smartphone o iPad – mette a disposizione degli utenti un nuovo modo di usare le vetture a noleggio: si paga solo con carta di credito e gli autisti ricevono un voto. Un’operazione che i tassisti hanno cercato di replicare con mytaxi, ma per il momento continuano a denunciare una concorrenza sleale di Uber sottolineando come le loro licenze siano state pagate profumatamente e adesso vengano quotidianamente svalutate.
In Italia, però, da tempo si chiede una regolamentazione per Uber: l’ultima occasione è sfumata a dicembre quando il governo sarebbe dovuta intervenire contestualmente all’approvazione del decreto milleproroghe, ma poi alla vigilia di Natale decise di rimandare tutto di un anno. A gennaio, poi, la senatrice del Pd, Linda Lanzillotta, ha presentato un emendamento al ddl concorrenza in cui chiede di rendere obbligatoria la registrazione delle piattaforme (tra cui Uber) nonché l’individuazione “di requisiti e obblighi per gli autisti al fine di garantire la sicurezza stradale e l’incolumità dei passeggeri, sia con riferimento all’efficienza delle vetture utilizzate che all’idoneità dei conducenti, anche tramite adeguate coperture assicurative per il trasporto di persone”.
Un intervento che sarebbe servito a regolamentare il servizio impedendo – anche sulla scorta delle segnalazioni dell’Antitrust – a chiunque sia semplicemente in possesso di patente, ma non abbia la licenza, di iscriversi al servizio e di mettere a disposizione la propria auto per offrire passaggi a pagamento. Contestualmente, però, l’emendamento prevedeva una modifica agli obblighi dei conducenti a noleggio, a cominicare dall’eliminazione di quello che impone di rientrare in rimessa alla fine di ogni corsa, di avere il garage nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione e di sostare solo in quei comuni che hanno servizio di taxi.
Le proteste dei tassisti, però, sono state così forti da spingere il Pd a fare una profonda riflessione. Non è escluso, infatti, che il governo faccia marcia indietro. “Questo è un processo alle intenzioni, il governo e i relatori non si sono ancora pronunciati. Su Uber non è comunque previsto alcun intervento” dice il senatore Salvatore Tomaselli, relatore del disegno di legge Concorrenza, commentando lo sciopero: “Gli emendamenti fanno parte della libera e autonoma iniziativa dei parlamentari – spiega Tomaselli - che non può essere messa in discussione nè con scioperi preventivi nè con accusa infondate. Appena il tema sarà maturo presenteremo le nostre proposte che sono frutto del confronto anche con le associazioni dei rappresentanti dei tassisti. Nessuno vuole deregolamentare o depauperare il settore, il servizio pubblico fornito dai tassisti è fondamentale. Altra cosa è modernizzare l’intero settore del trasporto pubblico non di linea con l’obiettivo di creare un mercato più efficiente e migliori servizi per i consumatori”.
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