Roma

Asl, da cinque a tre: atto a rischio nullità. “La Competenza è del Consiglio regionale”

di Donato Robilotta *

La notizia dell’accorpamento di alcune Asl di Roma, che passano da cinque a tre, ha dato adito ad una immediata polemica politica da parte di alcuni esponenti dell’opposizione che accusano Zingaretti di “vendere fumo” e di fare solo annunci senza andare in Consiglio.
A dire il vero l’accorpamento delle Asl Zingaretti non lo ha solo comunicato ai giornali ma lo ha anche messo nero su bianco firmando, da commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti dal piano di rientro dai disavanzi regionali, il relativo decreto n.373 del 30 Luglio 2015.
Il decreto dà piena esecuzione a quanto previsto dal nuovo atto di indirizzo per la redazione degli atti aziendali, approvato con Dca n. 258 del 2014, e prevede l’accorpamento della asl RMA con la RME, gia in corso, e quello della RMC con la RMB, che deve avvenire entro il 31 dicembre del 2015.
Io ho moti dubbi giuridici sulla validità del decreto commissariale perché il potere di istituire le Asl, o modificarne i confini e l’assetto territoriale, è a norma statutaria una competenza del Consiglio Regionale che non può essere derogata da un decreto del commissario. Le Asl sono state istituite con legge regionale, la 18 del 1994, in attuazione del dlgs 502 del 1992, e solo una legge ne può modificare l’assetto.
Questi miei stessi dubbi li avrà avuti anche il Presidente della Regione se ha sentito la necessità di far inserire nella legge di stabilità Regionale, la n. 17 del 2014, il comma 24 all’articolo 1 che delega il commissario ad acta ad operare nel merito della riorganizzazione delle Asl.
Infatti proprio nel dispositivo del decreto in questione è scritto che “la disposizione di cui all’articolo 1, comma 24, della legge Regionale 30 Dicembre 2014, n. 17 consente al Commissario ad acta, in virtù dei poteri allo stesso conferiti, di poter derogare alla normativa vigente in materia di istituzione delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere per il pieno raggiungimento degli obiettivi di risanamento previsti dal piano di rientro”.
Peccato però che nell’ordinamento regionale l’istituto della legge delega non esista e quindi la competenza resta in capo al Consiglio Regionale che non può esserne espropriato di questa competenza. Dunque se il Presidente della Regione non vuole correre il rischio di eventuali annullamenti di atti, in caso di ricorsi, deve correre di fretta in Consiglio Regionale per far approvare il decreto in questione dopo una delibera di giunta.
Non solo ma il piano sanitario regionale è scaduto da tempo e sarebbe il caso che il Consiglio Regionale alzasse la voce per chiedere che il massimo atto della programmazione diventi argomento di discussione perché è lì che vanno fatte le scelte strategiche del sistema sanitario regionale.
Non si capisce perché il Presidente della Regione forzi le norme quando ha dichiarato che avrebbe portato al vaglio della commissione consiliare tutti i provvedimenti in materia di sanità, anche quelli che rientrassero nelle specifico delle competenze commissariali, e quando ha una maggioranza numerica abbastanza solida. A meno che la maggioranza sulle questioni attinenti argomenti delicati come la sanità non sia proprio tanto compatta ed omogenea.
Infine nel decreto è riportata la notizia del parere espresso nel merito nel Maggio del 2014 dalla Provincia di Roma, come prevede la lr 18/94, mentre non c’è notizia di consultazione con il Comune di Roma, nel cui territorio sono ubicate le Asl accorpate, e la cosa è grave non solo perché si tratta della Capitale, cui dovrebbero essere assegnati poteri speciali a partire dal settore sociale e sanitario, ma anche perché dal 1° gennaio del 2015 è nata la Città Metropolitana di Roma Capitale che ha preso il posto dell’ex Provincia e il Sindaco del nuovo ente è il Sindaco di Roma.
Il quale potrà risultare simpatico o meno ma non può non essere partecipe di scelte che riguardano il territorio che amministra.

* già Consigliere della Regione Lazio