Assistenti sociali nel mirino: 9 su 10 subiscono aggressioni. Ecco perché
Aumentano le persone in difficoltà, ma i fondi sono pochi e il personale è sovraccarico di lavoro
di Diana Maltagliati
Quello dell'assistente sociale è un lavoro pericoloso, sono i dati a dirlo. L'88,2% delle persone che svolgono questo mestiere sono state minacciate almeno una volta nella vita proprio da quegli stessi utenti che stavano cercando di aiutare. Nel 15,4% dei casi, addirittura, dalle parole si è passati all'aggressione fisica. Un dato che risulta in aumento rispetto agli scorsi anni, con un numero di segnalazioni all'Ordine degli Assistenti Sociali in crescita esponenziale. La presidente del Consiglio regionale dell'Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio (CROAS) Maria Patrizia Favali ha scelto Affaritaliani.it per spiegare da che cosa nasce questo fenomeno.
Presidente, sono dati allarmanti quelli che avete diffuso col vostro comunicato: come mai le persone dovrebbero aggredire chi sta cercando di aiutarle? Che meccanismo genera la violenza?
Ci troviamo in un contesto sociale in cui le persone sono sempre più in difficoltà: il numero di chi si rivolge ai servizi sociali è in costante aumento rispetto al passato, e le persone si trovano spesso in situazioni gravissime. I dati relativi alla diffusione della povertà non fanno che confermarci che il fenomeno è in continua crescita. Quando un utente disperato si rivolge a noi, la sua aspettativa è altissima: se non viene soddisfatta, può sfociare nell'aggressività e nei fenomeni di violenza.
I dati riguardanti le aggressioni sono quindi in crescita rispetto al passato?
Sicuramente sì. Questo è un fenomeno che viene studiato da pochissimo in Italia, quindi non abbiamo dati precisi da mettere a paragone, ma le segnalazioni che riceviamo sono sempre di più. Ovviamente se un assistente sociale arriva a comunicare una situazione critica, non si tratta di piccoli episodi di grida o insulti, ma di situazioni più molto più gravi.
Quanto c'entra l'amministrazione comunale in questo? Che cosa servirebbe a Roma?
Sicuramente c'entra: se il personale è poco ed è sovraccaricato dalle richieste degli utenti, ci saranno più persone insoddisfatte e potenzialmente aggressive. Roma è in una situazione abbastanza difficile da diversi anni. Il fenomeno di Mafia Capitale ha colpito anche i servizi sociali per la questione degli appalti. Molti progetti sono stati bloccati senza che nuovi servizi li andassero a sostituire.
I servizi sociali comunali dovrebbero permettere agli utenti di accedere a servizi come l'assistenza domiciliare per disabili o anziani e il sostegno per le famiglie. Questi progetti vengono esternalizzati dal Comune con bandi a cui partecipano diverse cooperative e poi il migliore vince. Questo almeno teoricamente, perché in realtà i fenomeni di corruzione hanno dimostrato che non sempre avviene così e questo ha rallentato tutto il processo.
Nei municipi di Roma nel 2015 mancavano almeno 100 assistenti sociali, e oggi la situazione è identica. È importante mettere a bando al più presto i nuovi progetti e avere la certezza dei finanziamenti che servono a realizzarli.
Leggendo i dati sulle aggressioni non c'è il pericolo che chi vorrebbe intraprendere questa carriera si lasci spaventare dalle possibili conseguenze?
Potrebbe esserci questo effetto. Ma gli assistenti sociali hanno la consapevolezza dei rischi professionali, così come avviene per tante altre categorie come quella dei medici. Conoscere questo fenomeno, però, ci consente di affrontarlo mettendo in luce tutti gli aspetti che servono per far diminuire le aggressioni.
Che tipo di aggressioni devono fronteggiare gli assistenti sociali? Ci sono situazioni che in generale sono più critiche?
Si va dalle minacce più comuni come i classici: “Ti aspetto fuori”, “So dove vivi”, “So qual è la tua macchina”, che alla lunga generano preoccupazione e poi ci sono gli episodi più importanti. Le segnalazioni ci suggeriscono che questi ultimi avvengono molto spesso quando sono coinvolti minori. Addirittura una nostra assistente sociale è stata rincorsa dai genitori che le volevano fare del male e si è dovuta barricare in una stanza per evitare l'aggressione.
E le forze dell'ordine?
Loro ci sono quando c'è il prelievo del bambino, ma si tratta del caso più estremo. Per fortuna non tutti i bambini vengono allontanati da casa, ma vengono imposte una serie di limitazioni. Magari il giudice stabilisce che la madre può stare col bambino a patto di andare a vivere in una casa famiglia. Nel caso di un provvedimento simile, la comunicazione viene data direttamente dagli assistenti sociali, senza la presenza delle forze dell'ordine. In alcuni casi, addirittura, la presenza degli agenti è sconsigliata perché fa aumentare la tensione degli utenti.
Cosa si può fare materialmente per prevenire la violenza?
Il comune di Genova tempo fa aveva diffuso un vademecum in seguito ad un'aggressione piuttosto grave. Veniva suggerito di valutare a priori i rischi caso per caso, in modo da non trovarsi impreparati. Sicuramente è un consiglio utile, ma non sempre la valutazione preventiva evita l'aggressione.
Alcuni uffici dispongono di un pulsante nascosto per chiamare aiuto in caso di difficoltà: un provvedimento di certo utile in molti casi.
Se potesse fare un appello al sindaco Raggi, cosa chiederebbe?
Non serve, in realtà: noi a fine ottobre abbiamo incontrato l'assessore alla Persona Laura Baldassarre, e lo re-incontreremo a fine novembre. Uno degli obiettivi che ci siamo posti è proprio quello di ragionare insieme sulle soluzioni agli episodi aggressivi. Secondo me è fondamentale fare formazione e attrezzare i servizi sociali in modo che non siano isolati. Inoltre gli operatori e gli assistenti sociali non devono essere lasciati soli e bisogna installare il pulsante per avvisare colleghi e vigili delle situazioni di pericolo. Poi va fatto un monitoraggio serrato dei casi per capire quali sono le difficoltà e affrontarle. Quello che mi aspetterei in primis dall'amministrazione centrale è che scriva una circolare a tutti i Municipi per sottolineare gli aspetti che devono essere curati.
È poi importantissimo che gli assistenti sociali non siano lasciati soli. Mi hanno riferito che alcuni di loro, dopo aver subito aggressioni, sono andati a sporgere denuncia da privati cittadini e questo io lo trovo intollerabile. Se hanno subito eventi aggressivi, li hanno subiti perché stavano esercitando una funzione pubblica.
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