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Roma
Atac, il fallimento preparato a tavolino. I creditori già divisi in lotti

Atac al fallimento tra demagogia, silenzi, bugie e omissioni. Due le uniche verità: il debito mostruoso che doveva essere tenuto sotto controllo almeno nell'ultimo anno a “guida virtuosa” è cresciuto; l'altra è che a pagare tutto saranno sempre e solo i romani. Salvo un'operazione di salvataggio da parte del Governo Gentiloni che sinora è rimasto a guardare in silenzio.


Come sempre cerchiamo di mettere ordine nella vicenda che porterà alla richiesta di concordato preventivo in bianco e che porterà tutti i creditori dell'azienda a perdere almeno il 30 per cento di ciò che l'azienda deve loro.

Il nuovo presidente, Ad e direttore generale Paoli Simioni.
Il Campidoglio gli ha chiesto di immolarsi sull'altare del trasporto ma Simioni non cade sull'Atac come i meteorite del Buondì Motta. Come riferiscono fonti di via Prenestina, il manager è dallo scorso febbraio che partecipa attivamente alle riunioni operative del martedì con il mandato diretto di Colomban e quindi dell'azionista di riferimento. Simioni prima di accettare il triplo incarico dal quale verrà disarcionato nelle prossime ore per “consiglio bonario di Raffaele Cantone” e destinato ad un solo cavallo, conosce la situazione finanziaria della società e menadito, proprio grazie alle riunioni settimanali condotte da lui stesso, durante le quali ha ricevuto tutti i grafici dettagliati sull'andamento finanziario, sul dramma del servizio e sulle piccole manovre con gli istituti di credito anche Tesoreria del Comune.

Dunque, è lecito chiedersi se Simioni avesse già da tempo in mente la soluzione del concordato e che l'outing di Bruno Rota abbia scombinato i piani che prevedevano di arrivare almeno a fine estate e poi di scoperchiare le carte fallimentari. Come se il think thank stesse preparando la “fregatura” per i fornitori, cercando il momento migliore per affrontare i debiti senza rischiare il blocco delle forniture che è derivato dalla denuncia pubblica di Rota. Insomma un progetto studiato da mesi a tavolino, costruito sul filo di rasoio dell'induzione al fallimento, “quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico”, come recita la giurisprudenza del caso.

Non è un caso che in Atac girano già documenti nei quali i creditori vengono divisi in “lotti” per evitare che uno o più d'uno possano rifiutare il concordati e che a ciascun lotto corrisponda “un danno calcolato e gestibile” in termini di riduzione del debito da saldare. Tradotto: dividere i creditori in piccole porzioni, calcolando a tavolino in base ai fatturati e alle capacità finanziare per assorbire in silenzio la riduzione dei pagamenti, pena l'inserimento in una black list occulta di fornitori poco accondiscendenti verso le aziende pubbliche del settore dei trasporti.  Un'operazione che richiede un vero gruppo di lavoro di grande esperienza.

Chi pagherà il conto
La nuova verità che è emersa dall'analisi della bozza di bilancio di Atac è che durante la gestione M5S invece di un un minimo di risanamento, il debito è cresciuto di 150 milioni, facendo sprofondare la società in un buco di dimensioni mostruose, superando il miliardo di euro e 400 milioni. Così per rastrellare denaro spunta l'idea di farselo anticipare dai romani ai quali verrò offerta la possibilità di acquistare pagando anticipatamente un carnet di viaggi da scalare mediante un app che controlli solo sul metrò la distanza percorsa. Una sorta di prestito per fare cassa. Soluzioni, questa, bizzarra e che necessità di ulteriori investimenti per modificare il sistema di bigliettazione. Roba stratosferica per Roma, bella da raccontare, difficile da realizzare nei tempi giusti.

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