Roma
Atac, pagamento degli stipendi a rischio. Gli autisti tra insulti e incertezze
Immobilismo accettato dai sindacati che difendono solo i singoli dipendenti
di Salvatore il Controllore *
Agosto bollente per i Romani e ancor di più per i trasporti pubblici della Capitale, molti degli 11 mila dipendenti dell’azienda benché siano in ferie si chiedono quanto ci sia di fondato sulla voce che parla di difficoltà nel pagamento degli stipendi.
Infatti tra le molteplici notizie che da settimane riempiono i giornali romani c’è anche quella che ventila l’ipotesi di uno slittamento dei salari o addirittura di un mancato pagamento.
Tutti i dipendenti di Atac (anche quelli che si godono un periodo di ferie), soprattutto coloro che nonostante lo svuotamento degli uffici e delle officine hanno lavorato anche la settimana di ferragosto tendono l’orecchio a quanto accade nelle stanze inaccessibili della direzione Corporate, che ormai da anni è governata da un nome che tutti hanno sentito almeno una volta, ma che in pochi conoscono Mariagrazia Russo.
E’ lei la persona che ogni mese “fa i conti” e tira la coperta ormai da tempo corta per poter pagare i salari, comprare i pezzi di ricambio, parlare con le banche che ad oggi sembrano le uniche vere proprietarie di Atac , in attesa del rientro dalle vacanze della sindaca.
Il secondo punto dolente di tutta questa situazione è fare i conti con il morale della truppa, che ormai da anni aspetta un cambio di passo, sono proprio i dipendenti che aspettano l’applicazione di una politica del personale meritocratica assente da tempo, una meritocrazia promessa e sbandierata nell’ultimo anno col cambio di vertice (incluso il direttore del personale) e invece ancora una volta tutti si trovano di fronte ad un’azienda immobile, elefantiaca con una direzione del personale che assomiglia sempre più ad un feudo completamente avulso dalla realtà, inaccessibile per chiunque e arroccato su posizioni spesso errate, un luogo dove si dovrebbe tracciare una rotta e invece ad oggi è il luogo dove NON si prendono decisioni alcune, contribuendo a creare ed alimentare un malessere diffuso che alimenta lo stallo generalizzato del sistema organizzativo di Atac .
Tutto questo immobilismo naturalmente, è accettato e supportato dal bene placido delle organizzazioni sindacali di ogni ordine e grado, che con il loro assordante silenzio e confidando nella pazienza del “lavoratore tesserato”, non difendono il lavoro ma continuano a proteggere i singoli (e sia ben chiaro si parla di tutti operai, autisti, amministrativi ecc.) che dovrebbero assumersi le proprie responsabilità per comportamenti sbagliati e invece si sentono autorizzati a proseguire con atteggiamenti al limite del licenziamento trincerandosi dietro un “tanto alla fine nun me ponno fa niente io chiamo er sindacato”.
Sapete quale dovrebbe essere la novità che il sindacato dovrebbe tornare a difendere il lavoro e non il lavoratore che sbaglia, e la direzione del personale dovrebbe tornare a fare il proprio dovere.
Questo clima non si respira solo nella sede centrale ma basta salire su un bus preso al capolinea di Piazza dei Cinquecento e si incontra Marco, autista di lungo corso che lavora in Atac da oltre un decennio.
Lungo la strada scambiando due chiacchiere tra colleghi si capisce che ha le idee molto chiare, ci racconta di cittadini rabbiosi che citano articoli di giornale e se la prendono puntualmente con l’autista per una vettura guasta o in ritardo, o aggrediscono verbalmente il conducente semplicemente perché la campagna mediatica contro Atac ha portato il romano a pensare che chi lavora nel Trasporto pubblico è un ladro o un nulla facente, oppure si sfogano per un servizio ormai al collasso prendendosela con l’autista, perche è lui in quel momento che rappresenta l’azienda .
Inutile dire che Marco come ogni autista ribadisce che la colpa del guasto o del ritardo non è certo di chi guida il bus, ma purtroppo è proprio l’autista che spesso deve subirne le conseguenze.
Ci parla di oltre 96 giorni di ferie arretrate e conferma l’impressione che nelle politiche del personale che Atac sta portando avanti ce qualcosa che non va.
Tuttavia l’analisi più inaspettata Marco la fa quando è quasi ora di scendere nei pressi del Colosseo, confessa che una parte anche se minima della responsabilità per questa situazione, è imputabile anche ai lavoratori furbetti, che molto spesso si “approfittano del sistema Atac”, abusando di permessi, malattie ad orologeria che si manifestano quando viene respinta la domanda di ferie o in prossimità di ponti e festività. E prima di salutare aggiunge che per far ripartire l’azienda i cittadini, la politica, e ognuno di noi colleghi dovrebbe iniziare a prendersi un pezzetto della propria responsabilità facendo bene il proprio dovere.
Speriamo che il pensiero di Marco si diffonda presto tra i dipendenti, i cittadini, e arrivi magari fino al Campidoglio.
* Salvatore il Controllore è lo pseudonimo dietro il quale si cela un dipendente storico dell'Atac