Roma
Atac, via i politici dai depositi. Cura Rettighieri: "Fuori tutti"
Mai più comizi tra mense e officine
di Fabio Carosi
Guardate bene in faccia Marco Rettighieri, il nuovo direttore generale di Atac. Forse non passerà alla storia per aver rimesso in ordine l'azienda ma negli annali societari si è prenotato un posto di tutto rilievo. E' il primo a cacciare fuori la politica dall'azienda e lo ha fatto con una storica "disposizione gestionale", la numero 50 del 24 marzo, con la quale vieta l'ingresso nei depositi e in tutti i locali dell'azienda "per motivi politici" nel periodo pre-elettorale. Non solo. Il divieto è esteso anche ai locali del Dopolavoro ospitati all'interno degli impianti di proprietà dell'azienda.
Via dunque la politica dall'azienda dei trasporti, la stessa politica di bassa corte che per anni ha cercato (e spesso riuscito) a condizionare la vita societaria, attingendo all'esercito di autisti, operai e macchinisti come formidabile bacino di voti. Rettighieri, forte del mandato del nuovo presidente e Ad Armando Brandolese e con la "copertura" del commissario Francesco Paolo Tronca, ha spezzato l'incantesimo della politica che incatenava l'azienda e ha chiuso le porte ai candidati.
Un solo neo nella decisione storica. La disposizione che chiude le porte, vietando l'utilizzo dei locali aziendali, arriva dopo la doppia visita del Pd. Prima Roberto Giachetti che ha usato i locali del dopolavoro, poi Roberto Morassut hanno tentato la neo-colonizzazione di Atac, con la tecnica dell'ascolto. Come se entrambi i candidati avessero bisogno di mettersi seduti a tavolino per scoprire che la prima malattia dell'Atac è da sempre la politica.
Da oggi, e sino a elezioni avvenute, i candidati dovranno cercare consensi fuori dai cancelli. L'occasione giusta per travestirsi da passeggeri e assaporare l'ebbrezza di una giornata da pendolari. Una giornata, non un giretto con i fotografi.
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