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Roma
Auto elettriche, la verità: l'Italia non le vuole. Scende il pezzo dell'elettricità, aumenta il costo della ricarica

In diversi paesi europei la penetrazione delle auto elettriche ha raggiunto livelli molto elevati. La Norvegia è il leader indiscusso, con oltre l'80% delle nuove auto vendute nel 2023 che sono elettriche o ibride plug-in. Germania e i Paesi Bassi hanno anch'essi adottato con entusiasmo la mobilità elettrica, con quote di mercato superiori al 15-20%. Anche la Francia ha registrato un incremento sostanziale, superando il 15% di auto elettriche nelle nuove immatricolazioni.

Questi risultati sono il frutto di politiche governative aggressive a favore della mobilità sostenibile, incentivi economici consistenti, e una fitta rete di infrastrutture di ricarica ben distribuite in tutto il territorio. In Germania, ad esempio, esistono migliaia di punti di ricarica pubblici, e il governo ha investito massicciamente nell’espansione della rete, mentre nei Paesi Bassi le politiche fiscali favorevoli e l’esenzione da varie tasse hanno reso l'auto elettrica molto competitiva rispetto ai veicoli tradizionali.

In Italia il tasso di penetrazione delle auto elettriche è al 9%

In Italia, nonostante una crescita annuale nel mercato delle auto elettriche, il tasso di penetrazione rimane tra i più bassi, con una quota di mercato che nel 2023 si è attestata attorno al 9%. Il divario rispetto ai paesi del Nord Europa è evidente. In queste riflessioni non si vuole entrare nel complesso dibattito sulla difesa della competitività del settore automotive tradizionale e componenti nazionale, messo in potenziale difficoltà dallo sviluppo della mobilità elettrica, ma solo cercare di comprendere cosa possa spiegare le differenti preferenze dei consumatori italiani rispetto a quelli del resto dell’Europa.

Le leggende metropolitane sull' elettrico

Quindi, se i dati sullo sviluppo della mobilità elettrica in Europa non sono incoraggianti, ma evidenziano comunque un costante aumento delle preferenze dei consumatori, per l’Italia siamo in una situazione di sostanziale stabilità se non addirittura di diminuzione. Tra le spiegazioni più in voga, vengono indicati la carenza dell’infrastruttura, i costi di acquisto, la complessità delle operazioni di ricarica ed altro ma non credo che tutti questi argomenti, spieghino sostanzialmente le scelte dei consumatori nazionali.

Il vero nodo è quello delle tariffe di ricarica alle colonnine

Ritengo che uno dei principali motivi di questo rallentamento si debba attribuire alle tariffe di ricarica presso le colonnine puliche, che sono significativamente più elevate rispetto alla media europea, il che disincentiva l’adozione di auto elettriche, soprattutto tra chi non può ricaricare l'auto a casa.

La dinamica "ordinaria" dei prezzi

Partendo dal principio economico della scelta razionale del consumatore, che afferma che tra tutte le possibilità offerte dal mercato, il consumatore sceglierà quella che ritiene migliore, ritengo si debba analizzare il settore con il modello dei beni complementari, cioè beni i cui singoli consumi sono reciprocamente connessi all’andamento del prezzo dell’altro. In pratica, così come il costo del biglietto aereo condiziona le scelte di viaggio del turista nella scelta del livello dell’hotel del suo soggiorno (spendo poco per il viaggio in low cost e poi, con il risparmio ottenuto, vado in hotel a 5 stelle invece che di categoria inferiore), così per l’auto elettrica, l’andamento del costo delle ricariche ritengo condizioni fortemente la scelta del consumatore.

I prezzi del KwH alle colonnine

Ma i dati sui costi di ricarica, sostengono questa ipotesi? Nel corso degli ultimi 2 anni, il prezzo all’ingrosso del kWh calcolato da GME (indice PUN), pur con elevata volatilità, è passato da 0,24€ del giugno 2022 a 0,08€ del giugno 2024, con una diminuzione di circa il 66%. Nello stesso periodo, il costo per kWh della ricarica auto elettrica (abbonamenti e pay per use) è passato da circa 0,35€ – 0,40 € del 2022 a oltre 0,80 €, con punte vicine ad 1 €/kWh per le ricariche veloci, del 2024, con un aumento di circa il 100%.

Dietro i costi c'è l'ammortamento

Questo andamento così fortemente divergente, non può essere spiegato con l’esigenza dell’ammortamento del costo della infrastruttura di ricarica, come invece da alcuni sostenuto, che comunque si presume fosse già presente anche nel pricing degli anni precedenti, in quanto considerando un ammortamento in 4 anni del costo della colonnina di ricarica e della sua gestione annua, si arriva ad un costo giornaliero inferiore ad 1€, già ampiamente remunerato con l’incasso di 1 sola ricarica di piccola dimensione.

Le differenze con i costi residenziali

A differenza del mercato energetico residenziale, dove esistono regolamentazioni che proteggono i consumatori, il settore della ricarica elettrica è ancora relativamente nuovo e meno regolamentato. Ciò consente alle aziende di fissare liberamente i prezzi, cercando di massimizzare i profitti in un mercato con una domanda comunque in crescita. I tradizionali meccanismi della concorrenza tra imprese dovrebbero frenare le possibili speculazioni, ma in questo settore qualche cosa non sta funzionando. Dobbiamo quindi ricorrere ad altri strumenti della teoria economica che possono aiutare a spiegare questo andamento dei prezzi delle ricariche delle auto elettriche.

La teoria economica superata dai "cartelli"

La teoria che più agevolmente consente di spiegare la situazione del mercato delle ricariche elettriche, che ha caratteristiche oligopolistiche almeno per la parte della infrastruttura, è certamente quella del “cartello anticoncorrenziale tra imprese formalmente indipendenti”, cioè di accordi fatti tra imprese concorrenti in violazione delle norme a tutela della concorrenza (Legge Antritust nazionale ed europea) per incrementare progressivamente il prezzo di vendita della fornitura di energia elettrica tramite colonnine di ricarica pubbliche, man mano che si sviluppa la domanda. Questa ipotesi giustificherebbe l’andamento divergente tra il costo all’ingrosso del kWh e quello del prezzo al pubblico, con la relativa creazione di extraprofitti, cosa che se fosse reale, sarebbe ancora più socialmente insopportabile, considerato che gran parte della infrastruttura pubblica di ricarica è stata realizzata con contributi pubblici nazionali o locali.

Il costo per chilometro non è più competitivo

A causa di questa situazione di mercato, il livello di costo per ricarica ormai raggiunto è tale che l’utilizzo di una auto elettrica, meritevole o censurabile che sia questa scelta (non è questo il punto di nostro interesse), sia ormai superiore a quello che si pagherebbe per il medesimo tipo di auto e medesimo percorso, con una auto a motore termico. Quindi, il comportamento razionale del consumatore, sposta la scelta di consumo dall’auto elettrica a quella termica tradizionale, ottenendo un esborso iniziale minore e costi di esercizio uguali o inferiori. La coerenza di questa ipotesi con i dati delle immatricolazioni in Italia è pressoché totale. Quindi, essendo l’automobile ed il suo carburante bene complementari, il forte innalzamento del prezzo delle ricariche sta facendo diminuire le vendite del bene principale. Peraltro, il medesimo problema, sebbene in misura inferiore, colpisce anche le auto ibride plug-in.

Ennesimo caso di extraprofitti

Ora, se scelte politiche effettuate in alcuni Paesi Europei hanno favorito, con forti incentivi, l’acquisto di auto elettriche, parzialmente fatto anche in Italia, ritengo non possa essere tollerabile il comportamento di alcune imprese oligopolistiche, potenzialmente attuato in violazione di leggi nazionali di tutela del mercato e dei consumatori, che realizzano notevoli extra-profitti a danno dei consumatori che, magari con sacrifici, tentano di dare il loro contributo alla riduzione delle emissioni Co2 del Paese.

L'appello a Governo e Authority

Sarebbe quindi auspicabile che il Governo e le Authority di settore, intervenissero per analizzare e valutare i comportanti delle imprese del settore ed eventualmente censurare comportamenti in violazione di norme a tutela della concorrenza. Parallelamente, sarebbe auspicabile regolamentare amministrativamente il prezzo al pubblico del Kwh per la ricarica delle auto elettriche, almeno su quella parte della infrastruttura di ricarica che ha beneficiato di contributi pubblici alla sua realizzazione, prevedendo un prezzo massimo composto dal valore dell’indice PUN maggiorato di uno spread stabilito dall’ARERA. Certamente questo sarebbe già sufficiente per calmierare anche le tariffe della restante parte della infrastruttura e del mercato.

Paolo Rubini, docente di Economia del Turismo a La Sapienza

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