Roma
Banda della Magliana: scacco al tesoro di Diotallevi: trovati beni per 25 mln
Diotallevi era l’anello di congiunzione con Cosa Nostra. Ill banchiere della BdM con attico vista Fontana di Trevi. Il profilo
di Patrizio J. Macci
Ha un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro il patrimonio confiscato dalla Guardia di finanza di Roma a Ernesto Diotallevi, personaggio vicino, fin dagli anni '70, agli ambienti criminali dell'estrema destra, nonché elemento di spicco della famigerata "Banda della Magliana".
Il provvedimento emesso dalla Corte di Appello - Sezione Misure di Prevenzione riguarda quote societarie, capitale sociale e patrimonio aziendale di 8 società, operanti nel settore della compravendita di immobili, della costruzione di imbarcazioni, del commercio di energia elettrica, dei trasporti marittimi e delle holding (tra cui una società liberiana, titolare di una lussuosa villa sull'Isola di Cavallo in Corsica); veicoli; depositi bancari e polizze vita; opere d'arte e 43 unita' immobiliari a Roma, Gradara (Pesaro Urbino) e Olbia (Sassari).
Tra gli immobili figurano anche un'abitazione con vista sulla Fontana di Trevi - di 14 vani e del valore di mercato di circa 4 milioni di euro - e un complesso turistico composto da villette a schiera, fronte mare, ad Olbia.
Ernesto Diotallevi è stato l’anello di congiunzione tra la Banda della Magliana e Cosa Nostra, l'anima finanziaria del gruppo di Testaccio-Trastevere, il banchiere della Banda con attico vista Fontana di Trevi sontuosamente arredato con mobili di pregio, opere d’arte contemporanee e arazzi preziosi. La leggendaria raccolta di Sante Monachesi, Giacomo Balla, Mario Schifano (compresa la famosa icona della Coca Cola) erano nella sua galleria d’arte privata. Per gli amanti della trasposizione cinematografica nell’epopea di “Romanzo Criminale” è identificabile con il personaggio de “Il Secco”.A lui e a sua moglie facevano capo società immobiliari con sede in nel quartiere Prati a Roma, entità di comodo che sbocciavano e sparivano come stelle cadenti, schermo di vorticosi e oscuri passaggi di denaro. Una in particolare, intestata alla moglie di Diotallevi, era la società proprietaria della casa di via del Babuino dove si era nascosto il boss di Cosa Nostra Pippo Calò durante la latitanza romana.
Nelle fotografie di cronaca appare ora come un uomo anziano con lo sguardo duro e determinato. Secondo la vulgata pubblicistica oltre che a occuparsi di riciclare e investire i capitali della formazione criminale ha avuto agganci sostanziosi con la massoneria e gli ambienti dell’estrema destra neofascista.
Introdotto nella banda da Danilo Abbruciati (Nembo Kid nel film) come suo tramite con la mafia siciliana (per via della sua amicizia fraterna con Pippo Calò, capo mandamento di Portanuova e storico “tesoriere” della mafia, operativo a Roma sotto falso nome), fece da ponte verso altre associazioni malavitose e verso il mondo economico/finanziario nel quale diceva di vantare agganci. Col tempo costituì l'anima finanziaria del gruppo di Testaccio-Trastevere, oltre che a occuparsi di riciclare e investire i soldi della formazione criminale rastrellati con l’usura nelle strade della Capitale.
Per la Procura di Roma Ernesto Diotallevi è stato tra i più pericolosi e ricchi criminali della mala romana. Ma per i giudici della Corte d’Appello di Roma l’ex uomo della Banda Magliana e referente per anni di Cosa Nostra nella Capitale, ha avuto un ruolo «marginale nel contesto della criminalità». Per questo motivo i magistrati nel luglio 2017 restituirono all’allora settantatreenne gran parte della sua immensa fortuna da 30 milioni di euro che gli era stata confiscata a febbraio del 2015.