Roma

Bissiri, il falso Negus Selassiè all'Appello in carcere: 6 anni confermati?

di Antonio Parisi

Accusato di una mega truffa da 13 mln di euro, Giulio Bissiri è ricorso in appello. La sentenza a ore. La storia del padre delle sorelle ex Gf Vip

Nelle prossime ore comparirà davanti alla “Corte d’Appello e di revisione penale” del Canton Ticino, in Svizzera, Giulio Bissiri, sedicente nipote dell’ultimo Negus d’Etiopia Hailé Selassie.

L’uomo meglio conosciuto come Makonnen Hailé Sellassie Aklile Berhan Giulio, padre delle tre sorelle, Jessica, Lucrezia e Clarissa, note per aver partecipato quali concorrenti al Grande Fratello Vip, edizione 2021-22, era stato condannato a settembre del 2022 dalla “Corte delle assise criminali di Lugano” a sei anni di reclusione, denunciato da tre imprenditori elvetici per un presunto raggiro operato in Svizzera, di circa 13 milioni di franchi -13 milioni di euro-. Contro la sentenza Bissiri ha proposto appello.

L'accusa: truffa, falsità in documenti

A giudicarlo per “Truffa per mestiere, falsità in documenti, ripetuta” sarà un collegio composto da tre magistrati: Giovanna Roggero-Will, Rosa Item e Matteo Tavian, mentre l’accusa sarà sostenuta dal “procuratore pubblico” Chiara Borelli. A difendere le ragioni di Bissiri-Makonnen sarà Andrea Minesso, agguerrito avvocato del foro di Lugano, già procuratore pubblico del Canton Ticino.

Chi è Giulio Bissiri

Giulio Bissiri è figlio del defunto Beniamino, un prodigioso cavallerizzo italiano di Borore, in Sardegna, emigrato in Etiopia e successivamente divenuto ammirato stalliere del Negus Hailé Selassie. Dunque, Giulio visse effettivamente a corte, poi nel 1977 rientrò in Italia con il padre, i fratelli e sorelle, dopo la caduta della monarchia e il golpe di Hailé Mariàn Menghistù. I parenti sono ora ad Aprilia vivendo di duro lavoro. Giulio però sognava in grande e a un certo punto cominciò a raccontare come sua madre fosse un membro della dinastia imperiale spodestata e di poter avere accesso ad un mitico e gigantesco tesoro appartenuto al Negus, custodito in America e in Europa. Si tratterebbe di bond tedeschi emessi non in marchi ma in dollari ed agganciati al valore dell’oro, dopo il primo conflitto mondiale.

La storia dei bond del Negus

L’ammontare, - secondo le affermazioni di Bissiri – sarebbe della fantastica cifra di oltre 6000 miliardi di dollari. Per comprendere l’entità della cifra basti pensare che gli Stati Uniti in tutti gli anni di permanenza con un poderoso esercito in Afghanistan hanno speso “solo” 2000 miliardi di dollari. Per poter smobilizzare i bond, Bissiri affermava che ci volevano alcuni miliardi delle vecchie lire. Soldi che non aveva e che cominciò a chiedere in giro ad imprenditori a cui prometteva di restituire il prestito centuplicato anzi facendoli partecipi della spartizione della montagna di denaro. Incredibile ma abboccarono in molti. Bissiri chiedeva soldi a tutti facoltosi imprenditori da cui riuscì a farsi consegnare cifre che oggi ammontano a molti milioni di euro. Bissiri però non disdegnava neppure cifre più modeste facendosi, per esempio, consegnare da un funzionario del ministero italiano dell’interno il corrispettivo di un mutuo sulla casa, così da finanziare le attività di Bissiri. Al funzionario che accompagnò, a spese sue, il sedicente principe in Etiopia erano stati promessi 20 milioni di euro una volta incassate le cedole del tesoro.

Chi sono quelli caduti nella trappola del tesoro

In Etiopia Bissiri si fece accompagnare per far cambiare il proprio cognome e così riuscire ad avere accesso alle chiavi del deposito del bond. Inutile dire che il funzionario rimase a bocca asciutta lasciato nello sconforto dal “nobile” eclissatosi. Altrettanto deluso Franco Lazzarini conosciuto imprenditore genovese della compagnia di assicurazioni navali Ital Brokers, che a Bissiri consegnò a più riprese cifre da capogiro con la promessa non solo di restituire le cifre ricevute ma soprattutto di divenire socio della Ital Brokers con i capitali del misterioso tesoro del Negus, come Bissiri promise a tutto il personale della compagnia riunito per l’occasione in una cena di lavoro, pagata naturalmente da Franco Lazzarini. Lazzarini per cercare di riottenere il denaro, fu costretto a dare in uso a Bissiri e famiglia un minuscolo appartamento dell’assicurazione a Piazza della Cancelleria, zona campo dei Fiori, al n.85, dove il “principe” viveva ammassato con 4 figli, la moglie Adalgisa e alcuni labrador.

La triste vicenda di Bruno Tedeschi

Altro personaggio ridotto letteralmente in miseria, fu Roberto Tedeschi amministratore delegato della Holiday Inn di Roma. Ogni settimana Tedeschi accompagnato da Bissiri si recava alla sede della banca Cariplo in via IV Fontane a Roma, dove prelevava alcuni milioni che consegnava al “principe” che intanto si faceva chiamare “Negus”. I denari, diceva Bissiri, servivano per viaggi a Londra per cercare di smobilizzare il tesoro. Invece le cifre venivano usate per una vita dispendiosissima sua e della sua famiglia. Questo finiva per alimentare la leggenda di un uomo ricchissimo. Per darsi delle arie, il “principe” lasciava mance faraoniche ai ristoranti. Ricordano in ambasciata etiope, che durante le sue visite per cercare di far cambiare il suo nome da Bissiri in quello di Makonnen Hailè Selassie, rendendo così credibile la sua appartenenza alla famiglia imperiale, elargiva bigliettoni da 500 euro ad impiegati ed autisti i quali per poco non si prostravano ai suoi piedi. “I soldi però - come ci racconta la figlia di Tedeschi, Carla,- erano di persone cadute nella rete di bugie di Bissiri”. Carla è stata l’unica in Italia a denunciare pubblicamente il “principe”. La rete veniva tesa in quel di Piazza Euclide dove il principe aveva il suo “ufficio” in uno dei due bar della piazza, dove faceva servire champagne alle future vittime e respingeva, anche con oscure minacce, chi vi si recava per riottenere il mal tolto. Accade a Carla Tedeschi e anche a Franca Bigelli che con il marito, ormai anziano, l’imprenditore edile Fabrizio Bigelli, affrontarono il Bissiri a piazza Euclide, lei, Franca, presa dalla disperazione mise le mani al collo al “Negus” che si allontanò ma non restituì nulla.

Le vittime che non hanno mai denunciato le truffe

La sfilza di quanti sono stati coinvolti è lunga, vi sono anche nomi importanti dell’economia italiana. Qui da noi però nessuno denunciava. Tutti, anche ora che Bissiri è in prigione a Lugano, hanno paura di essere coinvolti in uno scandalo. Diversamente sono andate le cose in Svizzera. Qui gli imprenditori che hanno prestato orecchio al “canto” di Bissiri, tra cui il patron della Fox Town di Mendrisio, accortisi del raggiro, non hanno esitato a denunciare alla Procura di Lugano, che nel 2021 emise un mandato di cattura internazionale che nessuno eseguiva qui in Italia. Diversa musica a Lussemburgo dove a giugno del 2021 Bissiri si era recato per mettere a punto nuove iniziative intese a rastrellare denaro. Appena l’aspirante Negus scese dall’aereo fu ammanettato e dopo pochi giorni trasferito a Lugano nel carcere della Farera. Un anno dopo il processo durato due giorni al termine del quale il tribunale con una dura sentenza, in cui si accusava il “forse” principe di aver costruito un castello di menzogne, lo condannava alla pena di sei anni e alla successiva espulsione dalla Confederazione.

La sentenza è in via definitiva

Ora è giunto il momento della verità. Nelle prossime ore si saprà se Bissiri riuscirà a dimostrare che il tesoro del Negus esite veramente e soprattutto di essere un vero appartenente alla famiglia imperiale etiope, discendente del biblico Salomone e della altrettanto mitica regina di Saba.