Bullismo, salta la scuola per paura dei compagni: “Va tolto alla famiglia”
I genitori si sono rivolti a un consulente e un avvocato
Si rifiuta per mesi di andare a scuola per colpa dei compagni bulli: i servizi sociali minacciano di allontanarlo dalla sua famiglia.
I genitori del bambino di 12 anni vittima di bullismo si sono rivolti al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus per evitare che il proprio figlio venisse spedito dai Servizi sociali in una comunità. Il piccolo rifiutava da mesi di andare a scuola a causa degli abusi dei compagni. I genitori hanno partecipato ai percorsi terapeutici proposti per i casi di bullismo, ma la situazione non si è risolta e il timore che il bambino venisse allontanato risultava sempre più concreto. Durante un incontro con i Servizi sociali, infatti, alla madre e al padre del piccolo era stato imputata la responsabilità del fatto che il bambino non frequentasse la scuola da mesi e la soluzione ventilata era stata quella di chiuderlo in una comunità, lontano dai compagni bulli. A gravare sul giudizio riguardante i genitori un evento passato legato al figlio maggiore, ora diciottenne. Nel 2013, il Tribunale aveva disposto l’affidamento di entrambi i figli ai Servizi sociali per l’instabilità della madre. Agli atti, però, non risulta alcuna documentazione relativa alla fragilità psichica della donna.
“I genitori erano affranti sia per la possibile perdita del figlio sia perché si rendevano conto che questo ulteriore trauma avrebbe potuto danneggiare la sua salute. Si sono sentiti impotenti di fronte alle decisioni dei Servizi Sociali anche per il modo, non certo amichevole a dire della famiglia, con cui sono state comunicate”, scrive in una nota il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. I genitori si sono quindi rivolti a un avvocato e a un consulente che ha preso a carico il piccolo.
“Il bambino ora si sta riprendendo e dopo le vacanze tornerà certamente a scuola. Nel frattempo l’avvocato ha mandato una comunicazione ai servizi, e la famiglia ha informato i Servizi Sociali dell’intervento del Comitato. Pare che per ora i servizi si siano ritirati e non stiano più insistendo su una proposta talmente invasiva”, scrive il Comitato.
“Se la famiglia fosse stata povera, il bambino sarebbe finito in una casa famiglia”, sostiene Paolo Roat Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. “Grazie all’intervento tempestivo di professionisti validi ed esperti si è potuto evitare questo trauma al bambino. Ma le famiglie povere non hanno scampo. Questi allontanamenti facili, a mio avviso, nascono dall’affidarsi acriticamente alle teorie e protocolli tipici della psichiatria istituzionale e coercitiva”.