Roma
Calenda sindaco tiene sotto scacco il Pd: il vero incubo è la legge elettorale
Giuliano Pacetti analizza il profilo di Carlo Calenda: “La sua una schizofrenia poltronara. Il Pd dei sette nani molli il leader di Azione”
di Giuliano Pacetti *
Manfrine e giochetti della vecchia politica sono come la stella polare, illuminati anche nelle trame più oscure: per Azione di Carlo Calenda, per +Europa di Emma Bonino, per Italia Viva di Matteo Renzi, quello che veramente conta è l'incubo dell’emanazione di una legge elettorale proporzionale che ridurrebbe la loro rappresentanza in Parlamento a pura testimonianza.
E perdono la testa, sparacchiano cavolate e colpi a salve contro il Governo, il M5S e il PD. Per inciso, con uno sbarramento al 5% i tre partiti (Calenda, Renzi e Bonino) sotto lo stesso simbolo eleggerebbero una ventina di Deputati e 10 Senatori. La formazione di Matteo Renzi da sola conta 30 Deputati e 18 Senatori, che sarebbero pronti, pur di restare in sella, a vendersi l’anima al diavolo. Peraltro, sembrerebbe montare in Italia Viva uno stop alle fughe in avanti di Matteo Renzi, obbligato a fare i conti con quanti dei suoi continuerebbero comunque a sostenere il Governo di Giuseppe Conte. E le tre poltrone ministeriali non sono poi così secondarie alle decisioni di Italia Viva.
Nicola Zingaretti, che non è fesso, sa bene che quella parte di “campo largo” è un vuoto a perdere e avrà tirato un sospiro di sollievo apprendendo che calendiani, renziani e boniniani, diserteranno il tavolo dell’elaborazione di un programma per Roma, che fonderebbe la sua esistenza sul si salvi chi può. E dagli e dagli il PD inizia ad inquadrare la dannosità di Carlo Calenda candidato, tanto che il loro segretario romano Casu lo invita a non inventare fake news e a ritirarsi dalla corsa. Dose rincarata dal Capogruppo Pelonzi pronto a guardare anche al di fuori dei partiti.
Ma Calenda è duro di comprendonio e si autoproclama come il migliore dei candidati in campo: trovate se ne siete capaci uno migliore di me! Narciso gli fa un baffo e fortuna sua che i “sette nani” non trovino il coraggio e la forza di mandarlo a quel paese. Pensare a una Monica Cirinnà, da sempre in campo sui diritti civili, trattata come una nana della politica e non difesa dal Partito Democratico fa accapponare la pelle. Sarebbe una degna concorrente di Virginia Raggi e una scelta coraggiosa. Ma evidentemente il PD romano ha un problema di classe dirigente e si lascia prendere a schiaffi dal primo che passa a Roma, sia esso un Calenda od un Matteo Salvini qualsiasi.
A chi se lo fosse perso, ricordo la schizofrenia poltronara di Carlo Calenda: contribuisce, con Montezemolo, al fallimento di Italia Futura; si candida nella lista di Mario Monti e gli elettori lo bocciano; si dichiara alternativo al Partito Democratico, ma corre come un leprotto alla corte di Enrico Letta che lo fa viceministro del suo Governo; dopo lo stai sereno, tocca a Matteo Renzi farsi carico di trovare una poltrona all’ex attore di Cuore e, oplà, lo fa eleggere Parlamentare europeo; non trova pace e lo accontentano ancora facendolo tornare in Italia direttamente come Ministro dello Sviluppo Economico; si insedia Nicola Zingaretti e minaccia di strappare la tessera del Partito Democratico e, ancora una volta, i suoi capricci sono premiati e torna in Europa da copolista; giusto il tempo di poggiare le sue terga sulla poltrona europea e nuovo oplà, fonda Azione e pretende di fare il Sindaco di Roma, candidatura propedeutica a rafforzare il consenso del suo partito a danno del Partito Democratico. Si resta senza parole, più fa danni e più riscuote premi dal Partito Democratico e il paradosso è che nessuno in quel Partito osa alzare la testa. Neanche gli amministratori locali romani che sono quattro anni che si fanno il mazzo e sono trattati da nani.
E poi una considerazione che vale per tutti, partiti e persone: le obiezioni nominalistiche coprono sempre scelte difensive, compresi i bluff di un Carlo Calenda che minaccia di correre da solo. Facciamogli fare questo atto di coraggio, così la smette di minacciare e di insultare persone e partiti. E come si dice a Roma “provi a guadagnarsi la stozza”.
* Giuliano Pacetti, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Assemblea Capitolina e Consigliere delegato dell’Area Metropolitana di Roma