Roma

Camilleri, il padre di Montalbano insieme a Gramsci, Goethe, Keats e Shelley

L'ultimo saluto ad Andrea Camilleri al cimitero acattolico di Roma: l'abbraccio della città

di Patrizio J. Macci

Se fosse un romanzo del suo amato Montalbano spiccherebbero i numeri 3, 1, 1. Zona Tre, Riquadro Fila 1. Invece il funerale c’è già stato perché è un ricordo e basta quello a cui si assiste (anzi scusate, un libro finito), aperto ai cittadini accorsi alle 14 sotto un sole che sembra quello della sua Sicilia.

 

Nel Cimitero Acattolico di Roma davanti alla Piramide Cestia, detto anche “degli Inglesi” perché furono loro la prima comunità protestante di Roma a sfruttarlo come luogo di sepoltura nella sua area più antica. Accoglie il feretro di Andrea Camilleri alle 11 del mattino, a porte chiuse, presenti i parenti stretti e pochissimi amici di famiglia selezionati. Tumulazione concessa per chiara fama perché, se non si possiede una tomba o non si è protestanti, è più facile vincere alla lotteria che essere sepolti in questo fazzoletto di terra, tra artisti, poeti e scrittori dissoluti: 2.500 tra loculi e tombe per cinquemila persone.

Qui riposa in bella compagnia da oggi Andrea Camilleri insieme ai poeti inglesi Keats e Shelley, c’è Goethe e Antonio Gramsci con la lapide sbagliata “Cinera Antonii Gramsci” invece che “Cineres”, errore che nessuno ha mai corretto, lo scrittore Carlo Emilio Gadda. E chissà se Camilleri sta già discettando con lui sul fatto che poco importa perché nella Sicilia di Montalbano si impara a scrivere “co o culo” cioè a forza di sculaccioni e quindi un errore in latino ci può stare. Tutto sembra fuorché un cimitero così sereno e composto popolato di elegantissime statue (angeli in pietra sulle lapidi) lontanissimo dall’aurea lugubre della maggior parte dei nostri campisanti.

Ed è una fila lunga, composta silenziosa che arriva a toccare i trenta metri quella dei suoi lettori: soprattutto donne over sessanta, le personalità arrivano alla spicciolata; qualcuno è volato dalla Sicilia con un trolley gonfio con tutti i libri di Montalbano. Il primo è Vincenzo Vita in blu da ministro a passo svelto, si arrampica fino alla tomba e scrive un ricordo. E’ il paradiso dei mitomani e dei presenzialisti: c’è l’Uomo con la penna in bocca, il ragazzo con i capelli rossi, Paolini che sembrava sparito. C’è Simona Marchini e tantissime “facce del cinema”, fotografi della Roma della Dolce Vita, il figlio di Berenice. C’è Luca Bergamo un quarto d’ora prima del Sindaco di Roma sulla quale i fotografi si gettano a precipizio. La sua dichiarazione è scolpita: “Camilleri amava Roma e la Capitale amava il Maestro. Ha raccontato l’italianità. Poi arrivano il ministro Bonisoli e il “giovane Montalbano”: Michele Riondino che sguscia viazainetto in spalla con una dichiarazione paratattica: “Dietro l’uomo c’era il cittadino”. La fila si allunga fino a trenta metri, le persone entrano ed escono sulla porta dal retro dopo aver salutato la tomba coperta di fiori.

Un colpo di vento muove la pagina delle firme, qualcuno non resiste e si accende una sigaretta nel caldo asfissiante dei vialetti ma un poliziotto con uno sguardo alla Montalbano lo invita a spegnerla. Un filo di fumo e Camilleri non c’è più.

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