Roma
Campagna elettorale a zero euro. Roma, candidati in fuga dalle liste
di Fabio Carosi
Le cene elettorali? Un ricordo e roba da sciuponi. Una città sempre più povera si traduce in una campagna elettorale misera. E mentre per i candidati a sindaco delle coalizioni dei partiti (escluso Marchini quindi che non ha un partito) la linfa per mettere in piedi i comitati elettorali e gli incontri in cui "tormentano" i romani con diluvi di promesse, in qualche modo spunterà, per i candidati delle liste il problema è serio.
Finita l'era dei Samuele Piccolo, che ad ogni elezioni bruciavano denaro per sostenere la propria candidatura, le Comunali del 2016 passeranno alla storia come le elezioni della miseria. Tant'è che più d'uno, già corteggiato e in odore di essere inserito in qualche lista in avanzato stato di preparazione, ha rinunciato per mancanza di denaro. Chi invece insiste, gioca al ribasso, puntando tutto sulla rete e pensando di emulare il modello comunicativo che ha lanciato il Cinque Stelle. Ecco il motivo per cui nelle ultime due settimane profili, pagine e pagine fan di politici e candidati a diventarlo si sono moltiplicate. Tutti sperano che con 10 euro affidate alla macchina di Zuckenberg si ottengano risultati strabilianti
Tipografie, grafici, produttori di gadget, affissioni, attacchini e spin doctor sono tutti uniti dal grido "si paga in contanti e anticipato, al massimo con assegni circolari". Perché a poca distanza dalle ultime elezioni, regionali e comunali, c'è ancora chi ha il cassetto pieno di fatture dei candidati non onorate, oppure di promesse di pagamento pre-comitato coperte dalla polvere. Debiti e candidati, che diventano bond spazzatura se il candidato neanche viene eletto e finisce per ingaggiare fughe maratona per sfuggire ai creditori.
Secondo quanto risulta ad affaritaliani.it esistono due elenchi riservati: quello dei "pessimi pagatori" e quello dei "politici sòla". Passa di fornitore in fornitore perché il vizietto di spendere più delle proprie possibilità, sperando in qualche contributo che rimetta in equilibrio bilanci precari, è vecchio quanto la città.
Le elezioni del 2016 sono poi quelli che vedranno mancare i contributi certi che invece arrivavano dalle Coop di Buzzi a destra e a sinistra, ma anche degli imprenditori, sistematicamente "quasi taglieggiati": aziende piccole, medie e grandi che per avere un interlocutore nel Palazzo, dispensavano mazzette di banconote.
E alle Comunali no è possibile neanche il ricorso alla tecnica di "vendere" i rimborsi elettorali. Il meccanismo è semplice: il candidato che ha in tasca la vittoria, cede il rimborso teorico ad una società specializzata in comunicazione che stabilisce un budget per la comunicazione del candidato inferiore alla previsione del rimborso. E' come giocare in borsa sperando che il titolo risalga: se va bene il candidato ottiene un'anticipazione sui fondi, se va male la società si prende quel che può e poi i conti vanno in rosso. Ma la legge vuole che le spese siano fatturate al committente, ragion per cui alla fine è il mandatario elettorale che risponde e che spesso sparisce dopo che la società che invece ha anticipato si rifiuta di pagare le fatture prendendo un paio di anni di tempo. Insomma, nessuno paga e il politico la fa franca, nascondendosi dietro la responsabilità "morale" della società che ha commissionato i lavoro. Si chiama truffa ma per i politici il reato è teorico come i rimborsi. Ovvio che si ripresentano ad ogni tornata elettorale.